Ormai più di un anno fa – quando ci fu chiaro che la pandemia stava facendo sul serio e che avremmo passato sul divano più tempo di quanto ci aspettassimo – qualcuno avanzò l’ipotesi che prima o poi saremmo rimasti a corto di serie tv da vedere.
In un primo momento la cosa sembrò piuttosto improbabile: nonostante blocchi e rallentamenti, la tv aveva tutto sommato ripreso velocemente a rilasciare nuovi titoli. Alcuni esperti spiegarono però che per capire davvero l’impatto della pandemia sulla televisione avremmo dovuto aspettare un po’ di tempo. Adesso quel momento pare sia davvero arrivato.
La reazione alla pandemia
L’industria televisiva è uno dei pochi settori ad aver tratto vantaggio dall’arrivo del coronavirus. Forse mai nella storia della tv gli spettatori avevano avuto così tante ore libere da trascorrere davanti a uno schermo. Con il protrarsi della reclusione, le serie tv sono diventate molto più di un semplice passatempo. C’è chi le ha usate per provare a evadere in mondi più rassicuranti; chi ha atteso l’uscita settimanale degli episodi come occasione di socialità condivisa; e chi invece ha trovato nelle lunghe maratone di binge watching un modo per perseguire un obiettivo, in un periodo piuttosto scarno di stimoli. Di conseguenza i dati di ascolto sono aumentati, come del resto gli abbonamenti ai servizi streaming.
Nel primo anno di pandemia, la televisione è stata quasi sempre in grado di soddisfare questa grande richiesta (o meglio, bisogno) di serie tv. Solo i canali generalisti hanno vissuto un po’ più di fatica iniziale, fatta di blocchi produttivi e stagioni interrotte bruscamente. Ma una volta riorganizzati il lavoro sul set e l’agenda dei professionisti coinvolti, la produzione dei nuovi episodi ha ripreso a funzionare abbastanza regolarmente.
Per i servizi streaming le cose sono andate ancora meglio. Sui loro cataloghi, le nuove serie tv hanno continuato a comparire quasi come se nulla fosse successo. La ragione sta tutta nel loro modello economico: queste piattaforme sono infatti abituate a produrre stagioni intere delle proprie serie con larghissimo anticipo.
Netflix, in particolare, accumula ogni anno una scorta sostanziosa di titoli e stagioni inedite da rilasciare l’anno successivo. Tanto che, a pandemia iniziata, l’azienda rassicurò i suoi investitori sul fatto che i suoi ritmi non avrebbero subìto inflessioni o rallentamenti. Promessa mantenuta, per qualche tempo. Tuttavia, di recente la situazione ha iniziato a cambiare.
I primi effetti
Per rendersi conto del graduale esaurirsi di nuove serie tv da vedere, basta dare una rapida occhiata al calendario delle uscite. Dall’inizio del 2021 a oggi sono state rilasciate molte meno serie tv dell’anno precedente; ma soprattutto si è sentita la mancanza di titoli molto importanti (una delle poche eccezioni è stata WandaVision su Disney Plus) e di stagioni parecchio attese (come nel caso di Stranger Things o Euphoria).
La questione è assai semplice e lineare: per quanto abbia ripreso a lavorare, l’industria televisiva ha dovuto fare i conti con protocolli di sicurezza e periodi di quarantena che l’hanno resa meno immediata ed efficiente. Inoltre, non ci si aspettava certo che la pandemia si sarebbe protratta per oltre un anno e in maniera poco controllabile. Così, tra il consumo continuo degli spettatori e la capacità di canali e piattaforme di offrire contenuti freschi, si è creato un forte squilibrio.
I dati
I numeri sulla questione sono molto chiari. Secondo alcuni dati pubblicato da Kasey Moore, che scrive per il sito americano What’s on Netflix, nel 2021 il numero di serie originali rilasciate da Netflix è diminuito finora del 12%. Sembra poco, ma in realtà è un passo indietro considerevole, se si pensa che l’azienda ha sempre migliorato questa cifra di anno in anno. Guardando poi alle serie prodotte da altri studios e distribuite in esclusiva da Netflix, la differenza si acuisce ulteriormente. Nell’aprile del 2020 sul suo catalogo uscirono più di 83 titoli, cioè la metà rispetto ai 40 previsti quest’anno dello stesso mese.
Insomma, il punto è che nel corso della pandemia Netflix non è riuscita a mettere da parte la solita consistente scorta di serie tv. Le sue dirette concorrenti non sono messe meglio.
Il sito Bloomberg ha notato come Amazon non abbia rilasciato finora quasi nessun film o serie di rilievo, eccetto il seguito di Il Principe cerca moglie. Sul fronte della tv lineare, invece, solo nella prima metà del 2020 il canale via cavo HBO aveva già trasmesso serie come The New Pope, The Outsider, L’amica geniale e Westworld. A parità di periodo, nel 2021 sul suo palinsesto si sono visti finora solo due documentari (Allen v. Farrow e Tina) e una serie tv (The Nevers) davvero in grado di attirare l’attenzione del pubblico. Il che la dice piuttosto lunga sul futuro più prossimo dell’offerta televisiva.
Il futuro
Benché l’offerta dei nuovi contenuti si sia un po’ ridimensionata, l’impatto della pandemia non sembra aver inciso per ora sulla crescita dei servizi streaming. Ognuno però ha riorganizzato la propria strategia in maniera diversa.
Disney Plus, ad esempio, ha intenzione di proseguire con il rilascio di una sola serie importante alla volta, ogni due mesi circa. Altre piattaforme più piccole, come Apple TV Plus e Starzplay, hanno scelto in maniera simile di far uscire le proprie serie a cadenza settimanale. Distribuendo gli episodi nel tempo, infatti, si guadagnano mesi per produrre con calma i nuovi contenuti.
Netflix, infine, sta sperimentando: per ora gran parte delle sue serie continuerà a uscire tutta in una volta, ma per alcuni titoli proverà a introdurre il rilascio settimanale (è il caso di alcuni reality show, come Too Hot to Handle e The Circle).
Tutti i canali e le piattaforme sembrano avere tuttavia un pezzetto di strategia in comune. Ossia la scelta di coprire i buchi di palinsesto o di catalogo lasciati dalle grandi serie ritardatarie, con tre generi in particolare: i documentari, le serie animate e i progetti provenienti da altri paesi.
La convenienza di questi tre tipi di serie è molto concreta. Nel caso dei documentari e delle serie tv animate, i metodi produttivi non hanno subìto grandi danni o rivoluzioni dovuti alla pandemia. Le docuserie richiedono molti meno protocolli di sicurezza rispetto alle serie sceneggiate e girate in studio. Chi lavora nel settore dell’animazione ha invece potuto continuare a realizzare i propri progetti da casa.
Il vantaggio maggiore viene però dall’investimento nelle serie tv prodotte al di fuori degli Stati Uniti. Non solo la loro acquisizione consente di avere contenuti sempre nuovi da offrire al pubblico, ma è anche cruciale nella strategia di espansione dei servizi streaming. Solo ramificandosi sui territori locali, infatti, le piattaforme possono sperare di spuntarla nella cosiddetta guerra dello streaming.