Un Cosmo che brucia ancora, l’immortalità artistica de “I Cavalieri dello Zodiaco”

“FULMINE DI PEGASUS!” urla a squarciagola un ragazzino, le braccia coperte di carta stagnola ed in testa il casco della bici, agitando al cielo le mani e scagliando il proprio attacco verso lo schermo del computer. Non sono più gli anni Novanta, ciò nonostante quel grido risuona ancora, portando con sé una certezza: I Cavalieri dello Zodiaco non moriranno mai.

Un universo infinito

Il franchise dei Cavalieri conta all’attivo sei serie animate in differenti formati, compresa la prima storica degli anni Ottanta e l’ultima in CGI prodotta dal colosso dell’intrattenimento Netflix nel 2019, e cinque film, più un sesto in live action in arrivo nel 2021. L’espansione del suo universo narrativo sembra non conoscere mai fine.

Saint Seiya, nome originale giapponese dell’anime e manga di Masami Kurumada, fin dalla sua prima messa in onda del 1986 ha influenzato profondamente la cultura di massa con il suo stile grafico e i suoi personaggi. La storia è semplice, abbastanza ripetitiva ad essere sinceri, in tutte le saghe storiche appartenenti ai primi 114 episodi: Atena, reincarnata nella giovane Lady Isabel, viene costantemente rapita dal cattivo di turno ed i suoi cavalieri, capitanati da Pegasus devono salvarla.

Non è quindi sicuramente la complessità dell’intreccio narrativo il punto forte dell’opera di Kurumada, ne tantomeno aspira ad esserlo. Cos’è allora che ha fatto innamorare svariate generazioni di ragazzi di questa serie?

Il fascino delle stelle

La storia dietro la costellazione le ottantotto costellazioni, da quelle più note a quelle più esotiche, e l’origine del potere astrale dei ragazzi di Nuova Luxor hanno sempre rapito la fantasia dello spettatore, che lontano da occhi indiscreti non poteva non tentare di emulare le sinuose movenze di Cristal il cigno o il battito d’ali della Fenice di Phoenix.

Senza dubbio però, I Cavalieri dello Zodiaco sono la dimostrazione pop dell’immortale fascino, esercitato su qualsiasi arte visiva, della mitologia greca e dell’epica classica. Le congiure divine ad opera di déi quali Ade o Nettuno  hanno proiettato lo spettatore in una moderna reinterpretazione nipponica della Teogonia di Esiodo, che trova la propria sublimazione in quella che ad oggi è la saga più iconica dell’anime, nonché la più rebootata, ovvero “La scalata delle dodici case”.

La saga delle dodici case

In questo arco narrativo Pegasus e i cavalieri di bronzo fronteggiano,
i dodici cavalieri d’oro, i cui segni appartengono allo zodiaco occidentale, nella più classica delle dinamiche shonen, ovvero una scontro sequenziale in stile arcade di nemici via via sempre più forti fino al “boss finale”.

Una corsa contro il tempo attraverso le dodici case del Grande Tempio di Grecia, per salvare la vita di Lady Isabel, vittima delle oscure congiure di Saga, cavaliere dei Gemelli. Quest’ultimo si presenta come uno dei villain più complessi ed amati di sempre, con le sue multiple personalità, che donano al personaggio un’ambiguità non banale, ed il suo potere narrativamente smisurato.

– Pensano tutti qui che il tuo animo sia colmo di umana pietà e nobile, oltre che generoso. Ah, ma non è così, e io lo so bene! Dentro di te covano il rancore e l’ambizione, assopiti come demoni. È forte in te il desiderio di potere! Prevarrà sul lato buono, anche se ora tenti di cacciarlo! È così, io ti conosco bene. Tanti anni abbiamo trascorso insieme e tutti li ho passati a guardarti nell’animo.
– E cosa hai visto?
– L’angelo sul volto, il demone nel cuore.

Armature e Cavalieri d’oro

Bastò un istante per innamorarsi.
Bastò veder piovere dal cielo, veloce come una cometa, Ioria, cavaliere del Leone.
Fermo immagine sullo schermo.
Contemplazione.
Gli occhi di quel ragazzino risplendevano di luce ed estasi, stregati da quel bagliore dorato.
Ecco il vero segreto di Saint Seiya, senza bisogno di troppi giri di parole: le Armature!

Fino alla saga delle dodici case, le vestigia dei cavalieri sono sempre state molto semplici, volendo essere sinceri, alcune erano anche discretamente brutte. Ma le armature d’oro no.

Le armature d’oro erano una meraviglia, un qualcosa di tanto onirico e tanto reale da lasciarti in uno stato di catatonico ammaliamento, specialmente quando scoprivi che sì, anche il tuo segno zodiacale ne possedeva una.

Il rapporto empatico con il proprio cavaliere diventava così inevitabile e la corsa al negozio di giocattoli era solo una diretta e giusta conseguenza. Le armature rappresentano il cuore pulsante dell’opera e la loro forma è frutto di un lavoro, fatto dagli studi della Toei Animation, casa produttrice della serie, che prevarica persino l’iniziale design delle stesse realizzato da Kurumada, ritenuto eccessivamente semplice.

Se Saint Seiya negli anni Ottanta è stato uno dei pochi titoli capace di tener testa ad una certa opera di Akira Toriyama, forse ne avete sentito parlare si chiama Dragon Ball, molto del merito va dato ai dodici favolosi cavalieri d’oro. L’affetto del pubblico nei loro confronti ha soppiantato perfino quello verso Pegasus e i cinque veri protagonisti della storia, tanto che Kurumada non è potuto rimanere indifferente. Il pubblico chiese ed il pubblico ottenne. Così nel 2015 l’autore regala ai fan una serie dedicata esclusivamente ai Cavalieri d’oro, intitolata per l’appunto Soul of Gold.

Il passaggio in Francia

Un altro dettaglio non irrilevante, che ha contribuito a questo successo, è da ricercare sotto un profilo più tecnico, ovvero il passaggio della serie prima sulle televisioni francesi e poi su quelle italiane.

In Francia infatti, il lavoro di doppiaggio ha arricchito il linguaggio dei protagonisti con i toni cavallereschi sfoggiati poi anche nella nostra versione, ma non presenti nell’originale giapponese. I doppiatori italiani si sono poi sbizzarriti e hanno inserito in più episodi citazioni letterarie di autori nobili come Dante o Foscolo, adornando ancora di più l’opera con fini ricami stilistici. Inoltre il passaggio in terra d’oltralpe ha cambiato il nome dell’anime da Saint Seiya a I Cavalieri dello Zodiaco.

Caldo di luce, il seme in me germoglia. Da ghiaccio in foco il core mio tramuta. Dona la forza, la mente mia rinfranca, e per la Dea il braccio mio non stanca! – Pegasus

Contaminazioni artistiche tra Dante e Wagner

Nel corso degli anni l’opera di Kurumada ha continuato il suo sviluppo a fasi alterne, ampliando il proprio universo narrativo con istanti dimenticabili, come il terribile film in CGI I Cavalieri dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio, ed archi narrativi fantastici, come Saint Seiya – Hades. La saga di Ade è artisticamente una delle più ricercate; interamente ambientata negli Inferi, è ispirata nella sua costruzione alla Divina Commedia di Dante, di cui prende in prestito e reinterpreta luoghi e personaggi quali Caronte e Minosse.

In precedenza, inoltre, un esperimento di contaminazioni tra mitologie e letteratura si era già visto con la saga di Asgard, in cui Pegasus e i suoi compagni si ritrovano a caccia dell’anello del Nibelungo e costretti a fronteggiare i cavalieri al servizio di Odino, le cui armature sono ispirate a déi e mostri della mitologia norrena quali Thor, Fafnir e Fenrir. La contaminazione artistico- letteraria, seppur in tutta la sua illogicità storica e con tutti i suoi errori grossolani, si configura come un’ulteriore dettaglio pregiato di Saint Seiya.

Una strada verso l’Eliseo

I Cavalieri dello Zodiaco è destinata a rimanere una delle serie d’animazione più iconiche di sempre, non tanto sotto il profilo qualitativo che anzi presenta infinite sbavature, quanto per l’impatto stilistico ed immaginifico con cui ha saputo imporsi nel corso degli anni. I Cavalieri, siano essi d’oro o di bronzo, non potranno mai essere dimenticati poiché sono ormai parte del mondo fantasy per ragazzi e con questi crescono e si evolvono costantemente alla ricerca di tematiche più mature e profonde, con lo sguardo rivolto al cielo ed il cuore che brucia tra le stelle.

Fonti
Wikipedia.org
Tartaglino Stefano, I Cavalieri dello Zodiaco. Hai mai sentito il cosmo dentro di te?, Ultra, 2017

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