“Dante” di Alessandro Barbero, una celebrità messa a nudo

In questo ultimo periodo si è inserito nella tradizione editoriale intorno alla figura di Dante un romanzo che, in poco tempo, ha scalato le classifiche delle vendite. Un titolo sobrio: Dante, scritto da un docente universitario, Alessandro Barbero. Il successo del libro ha suscitato attenzione ed è forse lecito chiedersi: “com’è possibile che dopo tutto questo tempo una figura come quella del grande scrittore toscano possa ancora attirare l’attenzione del grande pubblico? Non solo degli specialisti, letterati, filologi, studiosi, ma di tutti?”

Un Dante più vero

Prima di rispondere alla domanda è forse essenziale analizzare sommariamente il libro nei suoi contenuti. Barbero ci mostra la figura di Dante come uomo, in un certo senso distaccandolo quasi completamente dalle opere per cui è oggi tanto conosciuto. Non viene presentato Dante attraverso la Commedia, ma come uomo che innanzitutto ha vissuto in un’epoca storica, il medioevo, e da lì ha tratto l’ispirazione per le sue opere.

Di cosa tratta il libro?

Si parte dalla nascita del famoso scrittore e dalla sua vita giovanile a Firenze, per passare poi a un chiarimento sul concetto di nobiltà tipico del Medioevo. Sappiamo che questo status sociale viene rivisto da Guinizelli, trasportato da una questione di sangue o stirpe a una questione di spirito: la nobiltà non è più derivata dalla discendenza, ma deve essere conquistata con gli atti. Dante si colloca, per quanto riguarda la sua nobiltà, proprio su questa linea, poiché, a differenza del suo primo amico, Guido Cavalcanti, non è di famiglia nobile. Da questa rivisitazione della nobiltà avrà poi origine il Dolce Stilnovo: termine con il quale Dante stesso, nel XXIV canto del Purgatorio, dialogando con Bonagiunta, designa la nuova generazione di poeti, ponendo uno iato tra sé e i letterati della generazione precedente, Bonagiunta Orbicciani e Guittone d’Arezzo, continuatori del modo siciliano di poetare.

La nuova borghesia fiorentina

Dante era un uomo della borghesia cittadina emergente, quella che si stava affermando nelle città italiane e che aveva portato a dei profondi cambiamenti negli statuti cittadini, con la nascita dei comuni e la partecipazione popolare alla politica, una volta riservata all’aristocrazia feudale. Barbero ci ricorda inoltre che la famiglia di Dante si dedicava al credito ed era, per questa professione contraria ai principi cattolici e solitamente riservata agli ebrei, giudicata negativamente sia dalla nobiltà che dai cittadini in generale. Le prime informazioni sugli Alighieri, di cui Barbero, nel libro, cerca anche di accertare il cognome rendendo molto chiaro al lettore il funzionamento anagrafico dell’epoca, appaiono infatti in atti notarili di prestito e, per tutta la durata dell’analisi, rimangono, se non la sola, una delle poche fonti di riferimento per lo studioso.

Gli studi del poeta, la vita politica, l’esilio

Si passa poi a un’analisi degli studi di Dante, per lo più saltuari, condotti inizialmente con un maestro privato, Brunetto Latini, che Dante incontrerà nel XV canto dell’Inferno tra gli accusati di sodomia, e poi affinati attraverso varie, e non storicamente certe, visite all’ateneo di Bologna e forse a quello di Parigi. Barbero traccia poi i rapporti del poeta con la sua famiglia: la madre, i fratelli e poi la moglie e i figli. Interessante e degna di nota è poi la partecipazione alla vita politica del comune fiorentino, che lo porterà all’esilio, a vari tentativi di ritorno in patria e alla definitiva rinuncia. In questo periodo si colloca la composizione di alcune tra le sue opere più importanti. Per delineare queste informazioni in modo chiaro il docente usa le stesse opere di Dante e la sua corrispondenza epistolare con amici, poeti e parenti.

Torniamo al punto

Ma torniamo, dopo questo breve excursus attraverso la costituzione del libro, alla domanda iniziale per cercare di dare una risposta. Certamente la figura di Dante Alighieri, grande poeta e pensatore medievale, per cui siamo conosciuti in tutto il mondo, suscita curiosità nei lettori; ma è possibile che un libro tanto specialistico, a tratti un connubio tra studio storico e filologico, sia in grado di attirare tanta attenzione?

L’originalità del libro

A quanto pare sì, se può presentarci una figura tanto famosa in un modo tanto originale. È sempre stato chiaro a chi di noi studia la letteratura che un poeta e il suo lavoro non possono essere compresi se non all’interno del loro ecosistema storico-sociale, ma quando una figura viene eretta a mito nazionale perdiamo a volte la concezione della sua umanità. Questo libro prende Dante e lo accompagna dolcemente giù dal piedistallo, su cui i posteri lo hanno collocato, per permetterci di comprenderlo pienamente. Innanzitutto come uomo, poi come scrittore. Prima come politico medievale e poi come autore di opere intramontabili e tra le più studiate mondialmente. La genialità di questo libro sta nell’essere riuscito a scovare, con maggiore o minore sicurezza, ciò che il padre della nostra lingua era per i suoi contemporanei, che non avevano ancora forse scoperto la grandiosità dei suoi scritti. Ci immaginiamo il grande Dante Alighieri passeggiare per Firenze e, grazie al testo di Barbero, possiamo sentirci immersi nel medioevo e guardarlo passare, comprendendo pienamente ciò che quell’uomo con un naso discutibile suscitava nei suoi contemporanei.

Il libro e il pubblico

Barbero non scrive un libro solo su Dante, ma un libro che studia come e dove Dante abbia vissuto e il grande pubblico, tanto abituato al gossip dei social, alla notizia scandalo sulla vita privata di qualche celebrità, è forse stato colpito proprio da come viene messa in luce la vita di una grande figura della letteratura italiana. Risulta interessante come un mito di fama mondiale venga smascherato nelle sue debolezze quotidiane, nelle sue insicurezze, metta a nudo i suoi errori. Leggere questo libro aiuta ad assaporare meglio le opere di Dante, affinché non ne venga compresa solo la perfezione e la bellezza estetica, ma anche le radici che affondano nella vita personale di un uomo come altri che viveva nel suo tempo. A volte dimentichiamo che anche gli uomini più grandi sono stati umani e quando qualcuno ce lo ricorda ne rimaniamo piacevolmente stupiti.


FONTI

Alessandro Barbero, Dante, Bari-Roma, Laterza, 2020

Pietro Cataldi, Romano Luperini (a cura di), Divina Commedia, Milano, Mondadori Education, 2009

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