Cosa vuol dire parlare di moda nell’era del mondo virtuale?

Quando parliamo di moda parliamo della vita in tutti i suoi aspetti: dal galateo al modo di vestire e di comportarsi.

La moda non è mai un aspetto fisso e stabile, ma è in continuo cambiamento. La parrucca della metà del Seicento, per esempio, oggi non è più in voga e questo è conseguenza del fatto che non esiste una moda, ma esistono le mode. La moda è, per definizione, passeggera. Ha un aspetto eterno, che è l’esserci stesso di una moda, e un aspetto che è invece destinato a passare, ovvero i cambiamenti fra le diverse mode.

Ad oggi, chi sono i protagonisti delle mode e qual è il loro principio di legittimazione?

Dall’aristocrazia agli influencer

Nel Novecento, la classe sociale protagonista della vita metropolitana, che era quella che determinava la moda, non era più l’aristocrazia (che non esisteva più) ma era la borghesia. La legittimazione della borghesia era data da una realtà che era il possesso dei mezzi di produzione. E oggi?

Nell’era virtuale, la moda non è più tanto legata alla potenza del denaro, ma sembra piuttosto che siano gli influencer, tramite i social network, a dettare le diverse mode del momento.

Le questioni allora sono: chi sono e che cosa fanno gli influencer? Qual è il loro principio di legittimazione nei confronti delle mode?

Baudelaire e la struttura differenziale del mondo

Conosciuto come il poeta maledetto, il poeta de I fiori del male, Baudelaire non è solamente questo, per quanto grande sia la sua produzione poetica. Egli sembra avere anche una coscienza filosofica non autocosciente; questa consapevolezza emerge soprattutto nel volume Scritti sull’arte. Qui, Baudelaire afferma che noi impariamo a conoscere il mondo non constatando semplicemente la realtà statica, la realtà così com’è, bensì osservando il mondo nelle sue variazioni immaginative. Il mondo presenta allora una struttura differenziale e la ricchezza di sensi che può avere viene costituita dai soggetti.

L’intersoggettività: io e l’altro fra analogia e differenza

Ma se il mondo presenta una struttura differenziale, ne consegue che anche il soggetto, quando ne costituisce il senso, costituisce anche l’intersoggettività, in quanto il primo soggetto da costituire è l’altro.

L’altro è un soggetto analogo a ciò che sono io, ma è diverso da me. La costituzione dell’altro è la capacità di cogliere che la mia identità si manifesta attraverso la comprensione della analogia e della differenza. Qual è il fenomeno che permette una comunione del soggetto con l’altro basandosi sulla analogia ma al tempo stesso permette una identità individuale?

La moda: omologazione e diversificazione

“Mòda […] Fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali (nel gusto, nello stile, nelle forme espressive), e nel loro diffondersi via via che ad essi si conformano gruppi, più o meno vasti, per i quali tali modelli costituiscono, al tempo stesso, elemento di coesione interna e di riconoscibilità rispetto ad altri gruppi”.

Elemento di coesione interna e di riconoscibilità rispetto ad altri gruppi”, quindi omologazione e diversificazione: questa è la definizione che la Treccani oggi offre del termine “moda”. Ogni moda, dunque, sembra produrre diversi gruppi di persone, ciascuno diverso da un altro gruppo. Questa definizione non sembra troppo dissimile da quella simmeliana. Ne Stili moderni. Saggi di estetica sociale di Simmel si legge infatti:

“La moda è imitazione di un modello dato, e quindi appaga il bisogno di trovare sollievo nella conformità, instrada il singolo sulla via che tutti percorrono, prescrive un modello generale che fa del comportamento di ciascun singolo un mero esempio tre i molti. Eppure la moda soddisfa al tempo stesso anche l’impulso a diversificarsi, la tendenza alla distinzione, al cambiamento, al risalto individuale.”

Entrambi questi due testi hanno in comune la presentazione di aspetti tipici della moda come l’aspetto della coesione e l’aspetto della differenza. In questo ultimo testo però l’accento si trova su un elemento diverso rispetto al primo: la moda non è tanto l’appartenenza ad un certo gruppo e la distinzione da un altro, come sembra affermare l’enciclopedia Treccani, quanto piuttosto l’espressione di due impulsi naturalmente umani, quali l’impulso all’imitazione e l’impulso alla diversificazione.

Chi sono i protagonisti della moda?

La domanda sorge spontanea: chi sono i protagonisti della moda? Simmel risponde che è chi la subisce che ha bisogno della moda e non chi la fa. E questo perché la moda è un istinto di sollevarsi al di sopra della propria classe sociale. La moda si addice a chi ha bisogno di avere una stampella sociale: è un elemento che viene utilizzato come un ascensore sociale. È un tentativo di distinguersi, uscire da una classe per entrare in un ethos sociale superiore a cui prima non si apparteneva.

Il dandy e la moda

A questo punto è lecito chiedersi chi è colui o cosa è che detta un modello. Baudelaire risponderebbe il tipo umano da lui chiamato “dandy”, un individuo cioè che vive immerso negli altri ma è diverso dagli altri. Vive nella folla ma si distingue dalla folla.

Il dandy per Baudelaire manifesta il valore della differenza, di non adeguarsi alla dimensione della moda, ma al tempo stesso, il dandy crea una nuova moda. E nel mondo a noi contemporaneo invece, chi detta il modello da seguire?

L’influencer e le mode

La diffusione dei mezzi di comunicazione di massa ha permesso la diffusione di modelli anche a livello internazionale. Una persona con il proprio account Instagram può arrivare ad avere milioni di follower. E se ci riesce, è anche in grado di influenzare i propri follower, tramite il post di una foto o di un video. Stiamo parlando degli influencer, ossia di persone capaci di influenzare con le proprie scelte il pubblico della rete.

Molte aziende scelgono di rivolgersi alle persone più famose del web per aumentare i propri profitti, consapevoli del fatto che i seguaci molto probabilmente seguiranno i consigli d’acquisto proposti da queste persone.

Ma si badi bene, la moda o la capacità di influenzare degli influencer non è da intendersi solo nel modo di vestire, ma anche nel modo di comportarsi. Questa è una realtà che si sta sempre più ingrandendo a livello di importanza e un esempio è rappresentato dal premier Giuseppe Conte che, nel 2020, ha deciso di chiedere alla figura più influente in Italia, Chiara Ferragni, di promuovere tramite social l’uso della mascherina per prevenire la diffusione del Covid-19.

La legittimità dell’influencer

Il dandy dei nostri giorni potrebbe essere chiamato influencer? Quell’individuo cioè che vive immerso nella folla dei suoi milioni di follower ma che nello stesso tempo si differenzia da essi, poiché è lui a dettare la sua stessa moda ai suoi seguaci? L’influencer è colui che riesce a differenziarsi dalla folla ed è colui che detta il “perinde ac cadaver” ai suoi milioni di seguaci.

Ma se il principio di legittimazione della borghesia, quando dettava i modelli da seguire, era il possesso dei mezzi di produzione, qual è la legittimità degli influencer? Potrebbe essere il mondo virtuale come sinonimo di gruccia sociale che ha permesso loro di diventare l’élite del mondo 2.0? Sono gli influencer i nuovi aristocratici del world wide web, coloro che dettano le nuove mode nell’era virtuale?

Fonti

C. Baudelaire, Scritti sull’arte, Einaudi, Torino 1992

G. Simmel, Stile moderno. Saggi di estetica sociale, a cura di B. Carnevali e A. Pinotti, Einaudi, Torino 2020

Treccani, Vocabolario online

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