Sri Lanka avvelenato: una cargo affonda intossicando mare e spiagge

Una poltiglia grigiastra si stende sulle spiagge occidentali dello Sri Lanka, nascondendo indifferente le sabbie da sogno dell’isola. Non si tratta di alghe morte, né tantomeno di neve liquefatta: ciò che da giorni il mare sta rigurgitando sulla battigia è un impasto di polietilene decomposto e carburante bruciato.

A rilasciare questa ondata di scorie è stata una nave inghiottita da denso fumo nero, fino a ieri inerte sull’orizzonte. Fino a ieri mattina, quando l’ormai relitto si è inabissato insieme a tutto il resto del carico di prodotti chimici. Adesso la catastrofe farà il suo corso, e agli abitanti non rimane che osservare. 

L’incidente della Press Pearl

Il 20 maggio la nave da carico X-Press Pearl avrebbe dovuto attraccare al porto di Colombo, perno economico dello Stato singalese. A circa 14 kilometri dalla costa, però, sull’imbarcazione ha preso vita un incendio brutale, alimentato con sollecitudine dalle sostanze trasportate a bordo: una quantità di plastica tale da riempire 28 container, insieme alle 25 tonnellate di acido nitrico distribuite nel resto dei 1486 container totali.

Parrebbe che sia stata proprio una perdita di acido nitrico a scatenare il disastro, e che l’equipaggio, consapevole del problema, avesse tentato di trovare, senza risultati, una soluzione. Infatti la X-Press Feeders, compagnia proprietaria della nave, ha sostenuto che sia all’approdo a Hamad (Qatar) sia a quello a Hajira (India), tappe precedenti della Press Pearl, fosse stato chiesto alle autorità il permesso di scaricare il container responsabile della perdita. Ma nessuno dei due porti disponeva dei mezzi necessari per detenerlo o ripararlo, di conseguenza non si è potuto fare altro che rassegnarsi a tenerlo a bordo così com’era.

Dopo cinque giorni dal divampare delle fiamme, come era inevitabile, l’incendio ha provocato unesplosione che ha costretto l’equipaggio ad abbandonare l’imbarcazione. In seguito allo scoppio, la struttura del mezzo ha subito danni seri e non è riuscita a trattenere una parte del carico: sono almeno otto i container già caduti in mare dal 25 maggio a questa parte.

Una condanna per vita ed economia

È da alcuni di questi che tonnellate di plastica hanno finito per sversarsi in mare, amalgamandosi alle fuoriuscite di carburante. Si tratta di plastica in granuli, come di consueto per esigenze di trasporto, granuli che continuano a depositarsi sulla costa come se fossero pioppi. Tra le zone più “assalite” spicca la città di Negombo, celebre località turistica apprezzata proprio per la sua spiaggia paradisiaca.

Vanghe alla mano, militari e civili uniscono le forze per liberarsi dei detriti, ma ciò che si riesce a ottenere durante il giorno viene vanificato dall’estenuante stratificarsi notturno di nuove quantità di plastica. In realtà il vero terrore, tutt’altro che irragionevole, è che questi pellet abbiano già cominciato a rilasciare nelle acque microplastiche intrattabili e inafferrabili, corrompendo fauna e flora marina per i decenni a venire.

Ma non è solo l’ecosistema in sé ad essere ridotto in ginocchio. La catastrofe della Press Pearl sta mettendo a repentaglio il settore turistico, come evidente dalle condizioni di Negombo, e soprattutto il settore della pesca. Un’agonia inimmaginabile, per la costa ovest di un’isola che ha nel mare la sua fonte di sostentamento più significativa.

Un esito inesorabile

Tutto questo, si diceva, a causa di 8 container solamente. Ma ieri mattina, giovedì 3 giugno, è infine arrivato il temutissimo colpo di grazia: la nave si è spezzata e ha cominciato la sua discesa verso il cuore del mare, trascinandosi dietro tutte le altre 1478 unità colme di acido nitrico e plastica.

Le fiamme erano state soffocate martedì, in seguito a una lotta sfibrante che per 13 giorni aveva richiesto gli sforzi congiunti della Marina locale, diverse navi militari indiane e alcuni esperti della compagnia olandese Smit Salvage.

Si è quindi proceduto con il progetto di dislocare la Press Pearl verso acque più profonde, di modo che non potesse interferire ulteriormente con l’ecosistema dello Sri Lanka. L’imbarcazione, però, era ormai troppo provata dagli effetti del rogo perpetuo. La sua stabilità era stata irrimediabilmente compromessa e durante il tentativo di traino ha ceduto.

Non si sono fatti attendere i primi visibili spargimenti del serbatoio, che conteneva più di 300 tonnellate di carburante: il nero delle fuoriuscite sta allungando i suoi tentacoli per decine di kilometri tutt’intorno.

Per quanto riguarda i 25 membri dell’equipaggio della Press Pearl, sono tutti riusciti a mettersi in salvo e ci sono solamente due feriti. Al momento si trovano sull’isola, e al capitano è stato vietato di allontanarsene: un’inchiesta ha avuto inizio, e il governo singalese è risoluto a punire i responsabili.

 

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