Ceuta: come usare dei migranti per una vendetta geopolitica

Dire che sono “sbarcati” sarebbe ridicolo, dal momento che di barche non se ne sono proprio viste. Chi su zattere assemblate con bottiglie di plastica, chi contando solo sulla forza delle proprie braccia: migliaia di clandestini, a maggio, sono riusciti a toccare il suolo spagnolo nell’arco di circa 48 ore. Violenza e odio nei loro confronti non hanno tardato a farsi sentire, quando a celarsi dietro a questa deflagrante ondata migratoria è un ben più grande capriccio geopolitico.

L’inaspettata affluenza a Ceuta

Ceuta è un’enclave spagnola nella punta più a nord del Marocco, esattamente di fronte a Gibilterra; tra questi due “denti” si infila appunto lo Stretto di Gibilterra. Le sue acque passano tra l’Oceano Atlantico, a Ovest, e il Mar Mediterraneo, a Est; più precisamente, lo Stretto confluisce nel Mare di Alborán, la parte più occidentale del Mediterraneo

La posizione di Ceuta

Ed è proprio il Mare di Alborán che, tra lunedì 17 maggio e mercoledì 19, si è visto attraversato da un flusso di persone di una densità inaudita. Nel giro di soli due giorni sono stati almeno in 8.000 a gettarsi in acqua dalle coste marocchine per aggirare il confine Marocco-Ceuta e raggiungere la città autonoma spagnola. Passare per terra sarebbe stato impossibile, dal momento che l’accesso, come sempre, era precluso dalle imponenti barriere di separazione (si parla di circa 20 metri di altezza).

L’allentarsi dei controlli marocchini

In realtà, in condizioni normali nemmeno la via mare avrebbe rappresentato un’alternativa fattibile: le autorità del Marocco sono tenute a contenere qualsiasi tentativo clandestino di fuoriuscita e di elusione del confine. A suscitare stupore in questa vicenda, infatti, è stata anzitutto la facilità con cui una siffatta mole di gente sia riuscita a superare questi controlli.

Ma la chiave della questione è assai banale: i migranti marocchini hanno potuto superare la vigilanza perché, di fatto, la consueta vigilanza era venuta meno. Non è che lunedì 17 maggio 8.000 persone, tutte insieme, si sono improvvisamente rese conto di aver bisogno di migliori condizioni di vita: quella che è una loro esigenza costante ha quel giorno trovato un’occasione, e l’ha colta.

Il perno degli eventi: Brahim Ghali e il Sahara Occidentale

Brahim Ghali

Urge però comprendere la ragione della anomala permissività dei controlli marocchini. Tutto è da mettere in relazione a una scelta presa dal presidente spagnolo Sanchez, che ad aprile ha consentito il ricovero in un ospedale di Madrid di una figura a dir poco divisiva: Brahim Ghali, leader del Fronte Polisario per l’indipendenza del Sahara Occidentale. Il 74enne, affetto da Covid-19, necessitava di cure mediche immediate, e il governo spagnolo ha dichiarato che a muovere il proprio gesto di accoglienza sono stati “motivi puramente umanitari”.
Ma al Marocco sembra non importi sapere i motivi, non quando al centro di tale solidarietà c’è proprio Ghali.

Il Sahara Occidentale

Il problema risiede tutto nel conflitto di interessi intorno al territorio del Sahara Occidentale: Ghali lotta dal 1973 affinché esso venga riconosciuto a livello internazionale in quanto Repubblica libera, mentre il Marocco insiste a rivendicarlo come parte integrante del proprio territorio.

Per il Marocco, in altri termini, Brahim Ghali è il nome di una insopportabile preclusione. La decisione di Madrid di accoglierlo e di occuparsi della sua salute non poteva che essere sentita come un autentico tradimento, a maggior ragione in un momento in cui ancora riecheggiano nell’aria certe dichiarazioni di Donald Trump: un mese prima della fine del suo mandato, infatti, l’ex-presidente USA aveva riconosciuto la piena sovranità marocchina sul Sahara Occidentale.

Minacce e vendette

Si capisce, alla luce di queste dinamiche, in che modo i migranti giunti a Ceuta siano stati gli ignari strumenti di un imponente messaggio minatorio da parte del Marocco – e questa non è una congettura, bensì quanto affermato dallo stesso Mustapha Ramid, ministro marocchino per i Diritti umani: «Cosa si aspettava la Spagna dal Marocco dopo aver visto il suo vicino ospitare il capo di un gruppo che ha preso le armi contro il Regno? Il Marocco ha il diritto di rilassarsi e sgranchirsi le gambe… in modo che la Spagna sappia che sottovalutare il Marocco comporta dei costi».

Una minaccia in piena regola, che vuole lasciar intendere la possibilità di una vendetta ben più intensa: due giorni di lassismo da parte delle autorità marocchine, due giorni soltanto, si sono incarnati in un ammontare di migranti che si è contato con tre zeri; che cosa potrebbe succedere, ad esempio, in una intera settimana?

In ogni caso, laddove i controlli del Marocco si sono volutamente fatti da parte, le forze militari della Spagna hanno compensato con un blocco durissimo: i migranti sono stati fermati da schiere di gas lacrimogeni e manganelli, per poi essere nuovamente imbarcati e riportati da dove sono venuti.

È però stato altrettanto sistematico, durante il viaggio di andata, l’intervento delle ONG e della Croce Rossa: esemplare l’istantanea di un agente della Guardia Civile spagnola che recupera un neonato in mezzo ai flutti.

L’inchiesta sui respingimenti dei migranti

Proprio il coinvolgimento di bambini e adolescenti, comunque, sta ora contribuendo a complicare tutta l’emergenza, perché i respingimenti “express” (attuati cioè senza identificare i migranti in oggetto, come avvenuto a Ceuta) sono vietati dal diritto internazionale quando a danno di minori. Alcune ONG hanno denunciato alle autorità di Ceuta l’infrazione di questa legge per quanto riguarda il sedicenne Aschraf, effettivamente riaccompagnato indietro subito dopo il suo arrivo. La procura spagnola sta ora indagando per verificare se quello di Aschraf sia stato o meno un caso isolato, ma fatto sta che i minorenni che hanno preso parte all’esodo di massa sono stati almeno 1.500.

Ciononostante, non tutti sono stati lieti che qualcuno si sia interessato alle condizioni di questi “invasori”. Per molti, purtroppo, risulta ancora troppo stancante cogliere la complessità di una situazione del genere; e così se la Spagna urla all’“aggressione” e il Marocco rivendica l’“attacco”, automaticamente i migranti vengono identificati come una flotta di pericolosi bucanieri per cui è proibito provare compassione.

Riprovevole l’esperienza di Luna Reyes, volontaria della Croce Rossa fotografata mentre abbraccia un migrante appena arrivato; a causa di questa foto, la ventenne si è ritrovata bersagliata sui social da commenti maschilisti e razzisti, che la hanno infine indotta a chiudere i propri profili.

Ancora una volta sono le vittime quelle costrette a chiudere account, limitarsi, battere in ritirata per colpa dei torti di qualcun altro: la vicenda di Luna fa da suggello all’intera crisi migratoria di Ceuta.

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