Il 1° Marzo ricorre la morte del poeta, giornalista, marinaio, aviatore, incantatore di folle, fondatore di uno stato, innamorato delle donne, del lusso, dello sfarzo, dell’arte e della bellezza: Gabriele D’Annunzio.
La sua vita: sopra le righe, fuori dagli schemi, “dal vivere inimitabile all’osare l’inosabile” basata su emozioni, fantasia ed eccessi. Ogni gesto, ogni parola, dalle più semplici a quelle più audaci ed immaginifiche, ogni pensiero e perfino ogni vizio sono frutto di una scelta, esercitata e portata a compimento con determinazione, caparbietà e una grande forza di volontà.
Con la sua poesia, con la sua prosa, con i suoi drammi teatrali, D’Annunzio mostra un unico obbiettivo: lasciare memoria di sé ai postumi attraverso gli eventi nei quali il coraggio è esibito ma anche sperimentato fino al rischio della stessa vita, i fatti, le vicende che lo vedono protagonista e fanno parlare di sé. I luoghi che ancora oggi raccontano il suo raffinato ed insuperabile egocentrismo, la sensibilità del suo estetismo decadente, fatta di ritmi vitali e febbrili, come il Vittoriale, la sua ultima residenza dove si ritira nel febbraio del 1921.
La vita
Il poeta-vate nacque il 12 marzo del 1863, appena due anni dopo l’Unità D’Italia, a Pescara, dove viveva con la madre, i fratelli e il padre, con il quale ebbe sempre un rapporto molto turbolento ma dal quale riprese, come sottolineò in seguito egli stesso, molti tratti caratteriali e comportamentali come il piacere dello sperpero e delle donne.
Divenne poi una celebrità a seguito delle numerose vicende che lo videro coinvolto nel corso della Prima Guerra Mondiale e anche in seguito, come la famosa Presa di Fiume.
Poeta vate o gnomo spaventoso?
La cortigiana Liane de Pougy, definì D’Annunzio:
uno gnomo spaventoso con gli occhi cerchiati di rosso, senza capelli, con denti verdastri, l’alito cattivo e le maniere di un ciarlatano.
Altri invece “il Dandy italiano di fine Ottocento”. Ciò che sicuramente è accertato è che come nel protagonista del suo romanzo Il piacere del 1889 Andrea Sperelli, voleva una vita al di fuori delle convenzioni borghesi. Era un uomo dalla personalità eccentrica e variegata, pieno di talento artistico e amante della vita sociale in ogni sua sfaccettatura. Un genio, uno scrittore precoce, amante indiscusso della vita.
Inventore di parole
Tuttavia, non fu soltanto un gran poeta e amanti delle arti, ma anche un abile coniatore di parole. A lui si attribuisce l’invenzione delle parole:
- Scudetto: in occasione di un’amichevole disputata da una selezione italiana militare, D’Annunzio fece apporre tale distintivo sulle maglie per la prima volta.
- Tramezzino: D’Annunzio lo creò per sostituire la parola inglese sandwich. È del diminutivo di tramezzo, inteso come momento a metà tra la colazione e il pranzo, nel quale consumare uno spuntino.
- Velivolo: fu il primo ad utilizzarlo nel romanzo Forse che sì forse che no:
Tutti sanno che la prima teoria del volo artificiale fu fondata sul veleggio dei volatori di grande specie, su quel volo veleggiato che i francesi chiamano “vol à voile”. Il precursore Otto Lilienthal, i due fratelli Wright, Octave Chanute, il povero capitano Ferber incominciarono con l’imitare il veleggio delle aquile e degli avvoltoi per mezzo di congegni veramente dedàlei, privi di forza motrice. Ora v’è un vocabolo di aurea latinità – velivolus, velivolo – consacrato da Ovidio, da Vergilio, registrato anche nel nostro dizionario; il quale ne spiega così la significazione: “che va e par volare con le vele”. La parola è leggera, fluida, rapida; non imbroglia la lingua e non allega i denti; di facile pronunzia, avendo una certa somiglianza fònica col comune veicolo, può essere adottata dai colti e dagli incolti. Pur essendo classica, esprime con mirabile proprietà l’essenza e il movimento del congegno novissimo.
Automobile (al femminile), Vigili del Fuoco, fusoliera e anche il termine Milite ignoto. Da ricordare sono anche l’attribuzione del nome la Rinascente, il primo negozio in Italia a vendere abiti preconfezionati, e SAIWA: prima azienda produttrice di prodotti da forno a livello industriale; infatti D’Annunzio era un assiduo consumatore di questi biscotti e suggerì di chiamare l’azienda Società Accomandita Industria Wafer e Affini: SAIWA.
La passione in tutto. Desidero le più lievi cose perdutamente, come le più grandi. Non ho mai tregua.’