Sul set esistono tanti ruoli diversi, ciascuno dei quali si dedica a una parte ben precisa per la costruzione di una scena, al fine di ottenere il miglior risultato possibile. Accanto ai ruoli principali rivestiti da registi, attori e attrici, tecnici e operatori di vario tipo, c’è una figura specifica: è quella dello stuntman, che sul set ha il ruolo di sostituirsi agli attori per girare scene rischiose o che richiedono delle particolari abilità fisiche e tecniche.
Cipriana Sharon Folco è una stuntwoman, termine che ricorre molto meno spesso: in Italia è una delle poche a essersi dedicata a questa professione, ecco come ha raccontato alcune sfumature del suo lavoro, dalle sue origini alla passione per il proprio mestiere.
Come si è avvicinata al suo lavoro?
Questo mio lavoro particolare nasce direttamente dalle mie origini. Provengo da una famiglia di artisti che da generazioni lavora nel mondo dello spettacolo e del cinema, dai bisnonni e nonni. I più famosi furono Athos Folco e Cipriana Folco, da cui eredito il nome: furono grandi cavallerizzi. Debuttarono al Cirque D’Hiver del produttore Bouglione e furono talmente acclamati che vennero contattati per il primo film, in cui fecero le controfigure a Tony Curtis e Gina Lollobrigida all’interno del film Trapezio (pellicola del 1956 diretta da Carol Reed, i cui protagonisti sono alcuni acrobati circensi, n.d.r.). Da lì ha avuto inizio il nostro mondo del cinema.
E c’è qualche episodio che ricorda in particolare?
Ricordo un episodio: da piccola vedevo sempre mia mamma preoccupata, solo adesso capisco il perché. Mio papà Gianluca Folco, anche lui stunt di professione, in quel momento stava facendo degli “incidenti live”, crash-test reali in show, mi ricordo che mi facevo un sacco di domande.
Oltre a mio padre poi, anche i miei fratelli maggiori hanno scelto di seguire le orme della famiglia e intraprendere un percorso nel mondo dello stunt: uno dei due, Patrik Folco, è detentore di record mondiali, mentre l’altro, Darix Folco, ha il ruolo di action director per pellicole cinematografiche.
Quali sono le tappe da seguire per diventare uno stuntman/stuntwoman?
Per diventare uno stuntman o stuntwoman, ci vede essere molta passione e sacrificio. Bisogna studiare le varie discipline, corpo libero, colluttazione, equitazione, auto acrobatica. Soprattutto, non “avere paura”, ma “andare contro la paura”. Un po’ come nella boxe, una persona sa di andare incontro al dolore, nel nostro lavoro a volte si può morire.
Se dovesse dare una definizione di stuntwoman, quale sarebbe?
Se dovessi dare un’interpretazione al mio lavoro mi definirei “l’angelo custode del momento”: alla fine è così, io proteggo le attrici da scene che per la loro sicurezza e incolumità non possono fare. Sicuramente le rendo più “toste”: la stunt fa cose straordinarie per l’attrice e la rende un personaggio super. Potrebbero fare una saga Marvel su noi supereroi del pericolo reale!
Esistono vari tipi di stunt o tutti i professionisti si preparano a fare un po’ di tutto? In caso, qual è la sua specialità?
Il vero stunt deve essere completo di tutte le discipline (auto, cavallo, colluttazioni, cadute) e l’ uso o il contatto con gli elementi primari, acqua, fuoco, terra, aria. Ovviamente c’è la materia o la disciplina preferita, quella per cui una persona è più portata.
Personalmente, il mio settore è l’auto, tutto ciò che comprende gli incidenti e le scene ad alta velocità con qualsiasi macchina. Ho guidato Ferrari, Aston Martin e le nuove macchine elettriche.
La presenza femminile nel mondo dello stunt è ancora ridotta, soprattutto in Italia: secondo lei, da cosa deriva questa situazione?
Le stuntwoman sono poche, soprattutto quelle che guidano. Credo che sia dovuto ancora alla presenza dello stereotipo della donna vista come un pericolo alla guida. In realtà, credo che le donne possano rapportare la loro naturale sensibilità con la guida e che, con un po’ di studio, possano avere grandi possibilità in questo lavoro.
La domanda per eccellenza: anche gli/le stunt hanno paura? C’è stata qualche occasione in cui si è trovata in difficoltà sotto questo punto di vista?
Ogni stunt ha il suo punto debole. Il mio è quello delle altezze, mi creano veramente un blocco emotivo, se poi c’è l’acqua sotto ancora di più, il mio incubo è cadere con la macchina in acqua.
Mi è capitato di girare scene in vari punti del mondo. C’è stata un’occasione in cui, ad Aosta, guidavo ad alta velocità una Aston Martin: eravamo talmente in alto che i cellulari non prendevano, in più la strada era piccola e senza protezioni.
Cosa consiglierebbe a chi vuole intraprendere questo tipo di percorso?
A chi vorrebbe fare questo tipo di lavoro consiglio di impegnarsi molto, perché è un lavoro che comporta grandi responsabilità, ma che, allo stesso tempo, regala delle emozioni stupende. Io faccio parte del Folco Team (il cui sito ufficiale è disponibile qui), la prima scuola italiana a fare corsi preparatori per chi vuole intraprendere questo tipo di lavoro, senza limi di età. Alle donne, in particolare, dico di provarci: non sappiamo solo cucinare spaghetti al pomodoro, ma sappiamo anche parcheggiare da record.
Cipriana Sharon Folco rappresenta un’eccezione nella sua sfera professionale, la capacità di andare oltre gli stereotipi grazie alla determinazione, al sacrificio e alla passione per il proprio lavoro. Oggi le figure dello stuntman e della stuntwoman sono spesso messe in secondo piano, ma è anche grazie alla loro bravura se spesso lo spettatore rimane a bocca aperta davanti a scene di pericolo e d’azione. È fondamentale ricordare quanto sia determinante la loro presenza sul set: se molte pellicole si trasformano in adrenalina pura, il merito è soprattutto loro.
Per conoscere meglio il lavoro della famiglia Folco e la professione dello stunt, qui è disponibile un video di presentazione.