Un invito, ecco ciò che è quello di Janne Teller: un invito a immaginare. Immagina di essere in guerra è un brevissimo racconto in cui l’autrice trasporta il lettore in un universo parallelo dalle fattezze familiari. Sì, perché l’autrice prende uno scenario già visto, al quale siamo abituati a vedere discusso nei telegiornali o a leggere sui quotidiani, ovvero la guerra, e lo porta in Italia.
La disarmante questione posta dall’autrice danese alla prima pagina è: “Se oggi in Italia ci fosse la guerra… tu dove andresti? Se le bombe avessero distrutto quasi tutto il paese, quasi tutta la tua città? (…) E voi dove potreste andare?”
Questa domanda non cerca e non vuole una risposta: semplicemente spinge a immedesimarsi nell’esistenza di un altro, il rifugiato. La Teller invita tutti a capovolgere lo sguardo con l’espediente del “tu narrativo“.
La trama
Nel nostro universo parallelo l’Europa è sconvolta dalla guerra, gli europei sono costretti a cercare rifugio al dì là del Mediterraneo. Il protagonista, dopo un viaggio estenuante, trova rifugio in un campo profughi egiziano, ma la fiduciosa aspettativa di trovare condizioni di vita migliori viene presto disattesa dalle differenze culturali, gli scogli linguistici, la povertà, l’intolleranza e la reciproca incomprensione, mentre nell’anima cresce una radicata e profonda nostalgia per la terra di origine.
Janne Teller
La scrittrice danese, già nota per il suo romanzo Niente (tradotto letteralmente da Intet), nasce nel 1964 e si laurea in macroeconomia. Lavora come mediatrice esperta nella gestione di conflitti per l’Unione Europea e poi per le Nazioni Unite, prima di decidere di dedicarsi completamente alla scrittura nel 1995. Il suo lavoro all’ONU le permette di avere un quadro più completo sulla situazione europea e non. Janne Teller è autrice di romanzi, saggi, racconti brevi e libri per ragazzi che si interrogano sempre sulle grandi questioni della vita e, con spontanea semplicità, tentano di risolvere attraverso i temi di critica sociale i vivaci dibattiti che spesso scaturiscono.
Questo era il suo intento quando scrisse questo brevissimo racconto distopico: entrare nel dibattito sociale e far riflettere. Tutto ciò che viene chiesto in Immagina di essere in guerra è riflettere. L’autrice invita ad allargare i propri orizzonti per entrare in un universo parallelo dove non esiste più la netta distinzione tra un io e l’altro, ma solo una linea sottile che viene facilmente superata perché tu sei l’altro.
Immagina di essere in guerra
Nella realtà disegnata dalla Teller tu sei in guerra. Abiti un Paese dilaniato dalla guerra e sei tu a dover fuggire da tutto ciò. Sempre tu devi cercare riparo in un Paese vicino, deve chiedere lo stato di rifugiato politico. Devi sopportare le occhiate diffidenti delle persone, subire i commenti sgradevoli e trovare casa in un posto che non assomiglia lontanamente alla casa da cui ti hanno strappato con la forza, da cui sei fuggito per il bene tuo e della tua famiglia. Tu devi farti accettare dal diverso e accettarlo a tua volta, non che tu abbia molta scelta, comunque. Sei tenuto a superare gli abissi culturali che separano le persone e tutto perché ti trovi in una condizione che non hai cercato, ma che ti è semplicemente accaduta e stai subendo.
Si porta in una tasca, piccolo e leggero come un passaporto, ma contiene il peso insostenibile di milioni di storie vere condensate in un’unica vita: la tua. L’obiettivo? Farti riflettere sul fatto che “potresti essere tu e se fossi tu, cosa faresti? Come vorresti essere trattato, compreso e supportato?”
Questione di sensibilità
Janne Teller chiede solo questo al lettore, al tu che legge: se ha mai anche solo contemplato la possibilità di trovarsi nei panni di un rifugiato. Negli ultimi tempi soprattutto il tema dell’emigrazione è un tema molto discusso e dibattuto. Viene esaminato dall’esterno e sviscerato come un problema da risolvere. Janne Teller con uno stile di scrittura semplice indirizzato a giovani ragazzi che si affacciano all’adolescenza, trasla la storia di altri sulla nostra pelle. Lo fa affinché noi la trattiamo, non come un mero problema da sommare agli altri e da risolvere, ma come una questione esistenziale che richiede grande sensibilità per essere affrontata e gli strumenti adeguati.
In conclusione, l’autrice nel suo piccolo ma intrigante esperimento Immagina di essere in guerra non ha la pretesa di risolvere questioni che interessano il dibattito pubblico da ormai decenni, ma si dota di una così sottile sensibilità che la rende abile nel suo intento di vedere il “problema” da un altro punto di vista, quello dell’altro, facendolo diventare il tuo.