Molti luoghi diventano celebri a seguito dei film che vi si girano, altri invece possiedono a priori una rinomata fama. Fin dagli inizi della storia del cinema i registi utilizzavano teatri di posa attrezzati per l’occasione, arrivando successivamente a ricreare ambienti già esistenti nei grandi studi cinematografici. Un esempio è la famosa Via Vittorio Veneto de La dolce vita, ricostruita interamente nel Teatro 5 di Cinecittà — set che sarà riutilizzato l’anno successivo nel film Totò, Peppino e… la dolce vita —.
Tra mito e cinema
Altri cineasti preferivano utilizzare scenari naturali realmente esistenti per enfatizzare il senso di realismo. Uno di questi è Jean Luc Godard, capostipite della corrente cinematografica della Nouvelle Vague secondo cui i film dovevano essere girati con dei budget limitati: non si prendeva quindi nemmeno in considerazione l’idea di ricorrere a dei set ricostruiti ad hoc. Per le sue pellicole Godard prediligeva la Parigi degli anni ’60 tranne per qualche eccezione: Le mepris(1963) è stato infatti girato prevalentemente in Italia per esigenze di sceneggiatura.
Una coppia di coniugi affronta la separazione nel momento in cui il marito non riesce più a difendere l’onore della moglie, lasciando che questa sia esposta alle avances di un altro uomo. Le riprese iniziarono il 22 aprile 1963 a Roma e durano 32 giorni. Per questo film solare, lento ed estremamente mediterraneo, Godard privilegia ambienti luminosi e colorati, che lascino la sensazione di trovarsi catapultati nell’afa meridionale circondati da rumori della natura. Le architetture, spesso austere ed imponenti, ricordano il razionalismo italiano degli anni 20 e 30 del XX secolo.
“Una casa come me”
Una di queste è proprio Villa Malaparte, situata nell’isola di Capri su uno stretto promontorio roccioso a strapiombo sul mare. Utilizzata come location nella seconda parte del film, fu ideata da Curzio Malaparte, scrittore, giornalista e regista cinematografico rappresentante dell’espressionismo letterario e del neorealismo italiano.
Qui nessuna casa appariva. Io ero dunque il primo a costruire una casa in quella natura. E fu con timore reverente che mi accinsi alla fatica, aiutato non da architetti, o da ingegneri (se non per le questioni legali, per la forma legale), ma da un semplice capomastro, il migliore, il più onesto, il più intelligente, il più probo, fra quanti abbia mai conosciuti. Piccolo di statura, silenziosissimo, poverissimo di gesti e di parole, l’occhio nero coperto da una palpebra lenta e prudente e saggia, Mastro Adolfo Amitrano cominciò col tastare la roccia con la mano…
Dalla forma che ricorda un relitto abbandonato sulla scogliera, la villa era stata pensata come un autoritratto del suo ideatore, dal carattere forte e solitario. Scrive lo scrittore in una pubblicazione del 1940:
Nessuna colonnina romanica, nessun arco, nessuna scaletta esterna, nessuna finestra ogivale, nessuno di quegli ibridi connubi tra stile moresco, romanico, gotico e secessionista.
Nuove soluzioni architettoniche
Importantissimo il legame che si crea tra architettura e natura, restituendo l’impressione di trovarsi in un mondo fittizio lontano dalla vita reale. È ciò che desideravano anche i protagonisti della storia, Camille e Paul, una coppia sull’orlo del baratro che tenta di ritrovare l’equilibrio iniziale lasciando la quotidianità romana per passare qualche giorno sul set del film che Fritz Lang — che nella pellicola interpreta sé stesso — si sta accingendo a girare. Particolarmente significativa la presenza della scalinata che si erge sopra l’intera villa: essa non è solamente un elemento di distribuzione, ma diventa la casa stessa. Il terrazzo si trasforma una stanza a cielo aperto con tanto di muro dalla duplice funzione: crea due zone distinte e sostiene la canna fumaria.
E poiché, a un certo punto, dove la roccia si innesta al monte, la rupe si incurva, si abbandona, formando come una specie di collo esile, io qui gettai una scalinata, che dall’orlo superiore della terrazza scende a triangolo…
Malaparte insieme al costruttore Adolfo Amitrano raccomandò personalmente lo stile da utilizzare per gli interni della sua casa. Tra questi, un intervento rilevante fu l’idea di costruire un piccolo pertugio che dava direttamente sul mare nella parete del grande camino del salone. I quattro elementi della natura si uniscono: la terra della pavimentazione pietrosa incontra il fuoco e l’aria del camino, che confluiscono infine nel mare aperto sottostante.
L’Odissea di Paul e Camille
Da non trascurare il fatto che Paul sia stato scelto dal produttore per cui sta lavorando per riscrivere la sceneggiatura dell’Odissea. Anche nell’opera omerica troviamo personaggi persi che vagano senza una meta ben precisa, che devono affrontare imprevisti, maledizioni e drammi amorosi che cambieranno inevitabilmente la linearità del loro destino. Famosissima la scena in cui l’attrice icona del cinema francese Brigitte Bardot prende il sole sdraiata — senza vestiti — sull’enorme terrazza assolata. Nella film diventa una sorta di femme fatale irraggiungibile e per alcuni momenti immateriale: un doppio di Penelope, una donna contesa tra due uomini agli antipodi.
In questo racconto coniugale la villa diviene teatro dei drammi della coppia, costretta a vivere a stretto contatto con altre persone che non faranno altro che incrinare ulteriormente il legame tra i due, rompendolo definitivamente alla fine della pellicola. Le stanze silenziose osservano il trascorrere dei giorni divenendo esse stesse spettatrici, talvolta capaci di riflettere gli stati d’animo dei protagonisti in scena. La fine della fiducia reciproca e la dichiarazione quindi del disprezzo da parte di Camille, coincide con la simbolica discesa della scalinata arrivando a toccare il mare, dove Paul e Camille si separano per sempre. Una discesa negli inferi paradossale che però riflette perfettamente l’anima della pellicola.
Ulisse impiega dieci anni per tornare, perché non vuole tornare indietro. È logico. Ulisse non ha fretta di tornare a casa sua ad Itaca perché non si sente felice con Penelope. Il problema esisteva già prima che partisse per la guerra. Se fosse stato felice non sarebbe mai andato via.
Non solo Godard
Data la sua imparagonabile bellezza, la villa è stata palcoscenico di altre pellicole tra cui La pelle (1981) di Liliana Cavani. La scenografica location qui assume però un valore semantico totalmente diverso dal caso precedente, in quanto il film — con protagonisti Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale — raccontava la storia personale di Curzio Malaparte, e diventava impossibile non integrarla nella narrazione. Villa Malaparte ha dunque raccontato e racconterà sicuramente tante storie, e chissà quale sarà la prossima.
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