I censori nell’Antica Roma erano i magistrati responsabili del censimento della condotta morale dei cittadini. La censura era il termine riferito al loro mandato che, con il passare dei secoli, ha ampliato il suo significato fino a comprendere tutte le azioni di controllo e divieto della libera espressione e della pubblicazione di idee in tutti gli ambiti.
Nel corso della storia la censura ha assunto funzioni religiose, politiche o militari: venne utilizzata da vari governi e istituzioni di potere nelle varie epoche per oscurare giornali, manifesti, forme artistiche, film, dipinti e libri. Fu lo strumento dell’Inquisizione, ovvero il tribunale ecclesiastico istituito dalla Chiesa nel periodo della Controriforma per contrastare la diffusione di teorie considerate contrarie all’ortodossia cattolica, come la riforma protestante. Allo stesso modo venne utilizzata dai nazisti con i loro roghi di libri per eliminare tutte le fonti culturali ritenute ritenute inappropriate.
Oggi, invece, la censura assume volti diversi, spesso più celati che in passato, come l’intervento su cartoni animati per bambini o su alcuni loghi di brand, fino al controllo del web e dei social media.
La censura moderna
L’articolo 21 della Costituzione Italiana cita:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Tale articolo, nei sei comma in cui è diviso, sancisce la libertà di espressione e la libertà di stampa, ponendo fine al controllo dei mezzi di comunicazione del periodo fascista e assicurando che la storia non venga ripetuta. Ma la libertà di espressione è sempre e comunque stata garantita nel corso della Repubblica?
La censura in Italia ha agito anche dopo l’epoca del fascismo, in maniera più velata e nel pieno della democrazia. La musica è stata soggetta a modifiche di testo nei festival più noti, specialmente negli anni ’70 e ’80, quando troppo sessualmente o politicamente esplicita. Anche la libertà di stampa in questi ultimi anni è ostacolata da accuse e processi per diffamazione contro giornalisti che toccano temi caldi, come ad esempio la criminalità organizzata.
Censura contro arte e informazione
La censura è il mezzo comune in ogni autocrazia ed è nemica dell’arte che, invece, è la massima espressione di idee, concetti e libertà. Le regole imposte dalle istituzioni spesso opprimono gli artisti che devono emigrare in altri Paesi per fuggire al carcere e alle pene che li aspetterebbero a casa. Un esempio è il caso dell’Iran. Dopo la morte di Mahsa Amini, l’Iran è attraversato da ingenti rivolte contro il sistema della repubblica islamica che vengono sistematicamente soppresse tramite atti che violano i diritti umani: sparizioni, maltrattamenti, torture e incarcerazioni nei confronti di coloro che non rispettano le leggi del sistema e tentano di lottare per un cambiamento.
Altre volte la censura è usata per creare un pensiero comune, abbattere le opposizione e formare una verità comoda al governo, come spesso avviene in Russia. Dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, il Cremlino si è impegnato per reprimere qualunque manifestazione anti guerra e obbliga gli organi di stampa a sostenere la sua narrazione e le sue posizioni, impedendo ogni tipo di opinione contraria. La repressione nei confronti di chi esprime dissenso dimostra la mancanza di rispetto del diritto di libertà di pensiero, espressione e manifestazione.
La rivolta in Iran per una maggiore libertà
Da settembre 2022 l’Iran è scosso da una rivolta popolare senza precedenti contro il regime islamico che, per sopprimere l’opposizione, sta mettendo in atto discriminazioni specialmente contro le donne, le minoranze religiose e la comunità Lgbtqia+.
Le autorità statali hanno innalzato i livelli di repressione per quanto riguarda la libertà di espressione, riunione e associazione, già limitati in precedenza: hanno censurato media e disturbato con interferenze i canali televisivi, hanno bloccato o filtrato i social media. Inoltre sono stati repressi i partiti politici indipendenti, le organizzazioni civili e i sindacati indipendenti.
L’impossibilità di fare arte
In questo contesto anche la possibilità di fare arte è sempre stata, e lo è ancora di più con la situazione attuale, quasi impossibile. Molti artisti emigrano e vengono anche in Italia, in cerca di maggiore tolleranza e sicurezza.
Ramtin Ghazavi, ad esempio, è il primo tenore iraniano a essersi esibito alla Scala di Milano nel 2007, dopo essere emigrato in Italia perché nel suo paese non gli era legalmente permesso cantare. Il canto in Iran è un’attività vietata alle donne e ad alcune minoranze religiose come quella di Ramtin, la religione bahayi, che viene perseguitata.
Fariba Karimi, invece, è un’artista iraniana laureata all’Accademia delle Belle Arti di Roma nel 2016. La censura da lei vissuta è celata e riguarda i libri di testi su cui studiava ma nei quali le figure classiche erano severamente coperte e inaccessibili a causa della loro nudità, vietata dal governo iraniano. Anche in occasione dell’incontro istituzionale tra Matteo Renzi e il presidente iraniano Rouhani in Campidoglio a gennaio 2016, alcune statue dei Musei Capitolini sono state coperte da pannelli bianche su richiesta del leader in visita per non offendere la cultura iraniana e non urtare la sensibilità dell’ospite. Tra le opere nascoste la Venere Esquilina, il Dioniso degli Horti Lamiani e un paio di gruppi monumentali, uno raffigurante un leone che azzanna un cavallo e uno delle fanciulle.
La Russia e l’informazione censurata
La Russia è un altro tra i Paesi con più problemi legati alla libertà di stampa soprattutto per quanto riguarda il controllo del web e dei mezzi di comunicazione di massa come la televisione. Nel 2017 il governo Putin ha dato ordine di chiudere in tutto più di 110.000 pagine web, ovvero circa 244 al giorno.
Da febbraio 2022, data in cui è iniziata l’invasione russa ai danni dell’Ucraina, il fenomeno della censura militare ha oscurato più di 5.000 siti nei primi mesi di guerra. Il Roskomsvoboda è l’Osservatorio russo per la libertà dei media che, su richiesta dalla Procura generale russa, controlla le informazioni che vengono emanate rispetto a determinati temi come quello militare. Il 24 febbraio, a due giorni dallo scoppio del conflitto, ha ordinato a tutti gli organi d’informazione di riferire sull’invasione dell’Ucraina solo attraverso le fonti ufficiali dello stato. Il 28 febbraio ha bloccato «Nastoyashchee Vremya» (Tempi attuali), un portale collegato a «Radio Free Europe» / «Radio Liberty», per aver diffuso “notizie infondate” sul conflitto.
Meta Platform Inc., la società americana che comprende anche Instagram e Twitter, è stata bandita dal tribunale di Mosca per “attività estremiste” e lo stesso tribunale ha sospeso le attività del sindacato dei giornalisti in quanto responsabile dello “screditamento” dell’esercito. Le armate russe sarebbero state denigrate dalle informazioni rilasciate dai giornalisti online rispetto alle loro “missioni speciali” portate avanti nelle regioni ucraine di Donetsk e Lugansk.
Dallo scoppio del conflitto il Cremlino si è impegnato a ridurre al silenzio ogni protesta e pilotando direttamente gli organi di stampa, limitando non solo la libertà di espressione, ma anche quella di riunione, associazione e pacifica manifestazione.