Black Arts Movement: la denuncia afroamericana

Gli anni Sessanta sono stati un periodo turbolento dal punto di vista politico e sociale: le ribellioni giovanili esplodevano in tutto il mondo, la guerra in Vietnam imperversava e la Guerra Fredda teneva l’umanità col fiato sospeso. Il mondo dell’arte ovviamente non poteva che riflettere i grandi cambiamenti in atto, specialmente negli Stati Uniti.

Mentre la società americana si trasformava e affermava la propria identità sul mondo, una grossa fetta di popolazione lottava strenuamente per ottenere i più elementari diritti: la comunità nera.

Com’era la situazione afroamericana?

Gli afroamericani negli anni Sessanta hanno cominciato a sfidare apertamente il movimento di violenta oppressione che da decenni li discriminava. Le cosiddette leggi Jim Crow impedivano ai neri di votare e di essere eletti, di fare carriera e di condividere luoghi e mezzi pubblici con i bianchi.

Le lotte per l’affermazione dei diritti civili hanno insanguinato le strade delle città americane per tutto il decennio, tornando periodicamente ad alzare la propria voce contro un sistema di ingiustizia sociale che persiste ancora oggi. Gli artisti neri non sono rimasti a guardare, esprimendo il dolore e il dissenso della comunità afroamericana attraverso la propria opera.

Black Arts Movement: il movimento degli artisti neri

Il Movimento degli Artisti Neri è stato un gruppo di pittori, poeti, musicisti e scultori nato ad Harlem, quartiere newyorkese abitato soprattutto da neri, all’inizio degli anni Sessanta.

Scorrendo i nomi dei numerosi artisti che hanno preso parte al BAM si nota come, soprattutto nell’ambito delle arti figurative, siano presenti moltissime donne. In tutto il mondo le donne artiste sono eccezioni, anche all’interno delle correnti artistiche contemporanee più importanti. Un esempio è sicuramente Barbara Jones-Hogu, che nel 1971 realizza il collage Unite, servendosi di forti riferimenti all’arte di propaganda russa per mostrare il sentimento di rivalsa delle Black Panther.

Benny Andrews

Il Black Arts Movement ha cercato di delineare un’estetica artistica che appartenesse solo alla comunità nera, per distinguerla nettamente dai movimenti artistici bianchi dell’epoca. Nascono così opere dure, a volte didascaliche, ma allo stesso tempo ricche di piani di lettura.

Black arts movementL’arte nera è prima di tutto denuncia, rabbia e delusione, come quella silenziosa che si legge nell’uomo ritratto da Benny Andrews nel 1969 (Did the Bear Sit Under a Tree?): i pugni levati in un muto gesto di impotenza verso la bandiera a stelle e strisce, simbolo di libertà, ma solo per alcuni.

Betye Saar

Black arts movementAncora più dirompente è la scultura, con opere come Sambo’s Banjo di  Betye Saar: una bambola nera vestita da musicista è impiccata all’interno della custodia di un banjo, strumento musicale tipico degli stati del Sud, dove i linciaggi, terribili episodi di giustizia sommaria verso neri sospettati di un crimine, erano all’ordine del giorno fino a poco tempo fa.

Melvin Edward e Phillip Lindsay

Non mancano però artisti che si avvicinano alle correnti artistiche bianche degli anni Sessanta, come Pop Art e Minimalismo. Melvin Edward si serve degli stilemi dell’arte minimale per raccontare la condizione dei neri, attraverso installazioni metalliche che giocano con il contesto in cui sono posizionate, mentre Phillip Lindsay Mason esplora il Pop di Andy Wharol e Roy Liechtestein con l’opera del 1979 The Hero, dove un giovane supereroe nero dai capelli afro spicca su uno sfondo giallo e rosso vicino allo stile fumettistico.

Basquiat

La fine degli anni Settanta vede farsi spazio un altro grande artista, nato sotto l’ala protettrice della Factory wharoliana: parliamo di Basquiat, giovanissimo simbolo dell’arte contemporanea nera che ha portato nelle grandi gallerie l’arte “sporca” dei graffiti metropolitani.

Basquiat a parte, se ci soffermiamo a pensare a un grande artista contemporaneo nero non troviamo nessun nome che ci torni alla memoria. Questo perché il mercato dell’arte è composto principalmente da collezionisti bianchi. In rari casi, specialmente durante gli anni delle manifestazioni per i diritti civili, grandi gallerie o facoltosi mecenati si sono interessati a un’arte che parlava così chiaramente verso la propria comunità, lasciando di fatto esclusa per molti anni l’arte afroamericana dalle grandi aste e dalle collezioni private.

Nel corso del tempo, grazie anche alla cultura più diffusa, gli artisti afroamericani hanno trovato collocazione nei musei e nelle gallerie del mondo, nonostante rimangano ancora pochissimi i collezionisti d’arte neri.

 

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