Umberto Eco suggeriva di pensare al fascismo come a una minaccia sempre presente, eterna. I sempre più frequenti attacchi alla democrazia a cui assistiamo oggi sembrano confermare questa intuizione.
In questo senso, il tentativo di colpo di stato di Donald Trump nel 2021 ha spianato la strada ad altri leader democratici. Essi ereditano logiche e metodi fascisti, pur non dichiarandosi apertamente come tali.
Infatti, non si tratta più di eventi isolati, ma di un copione globale fatto di delegittimazione elettorale, erosione della libertà di espressione, attacco alle istituzioni democratiche.
Il pugnale democratico di Bolsonaro
Il 18 febbraio scorso, l’ex presidente dell’estrema destra brasiliana Jair Bolsonaro è stato accusato di “pianificazione di un colpo di stato”.
L’obiettivo era quello di ostacolare l’insediamento di Luiz Inácio Lula da Silva, suo successore alla presidenza.
L’operazione, chiamata “Pugnale Verde e Giallo”, prevedeva di assassinare Da Silva e il suo vicepresidente Geraldo Alckmin.
Nel mirino, anche il giudice supremo Alexandre De Moraes, impegnato in indagini sull’estrema destra brasiliana. Gli omicidi si sarebbero dovuti verificare entro l’1 gennaio 2023.
Bolsonaro aveva inoltre preparato un decreto per proclamare lo stato di assedio e l’annullamento della vittoria di Lula.
Il golpe non è mai andato a buon fine e l’atto non è mai entrato in vigore, come varie fonti attestano.
Nonostante il fallimento, un ultimo e simbolico tentativo di sovversione si è verificato l’8 gennaio 2023 con la rivolta di Brasilia. Migliaia di sostenitori bolsonaristi hanno assalito il palazzo presidenziale di Planalto.
Il giudice supremo De Moraes ha affermato che “la violenta escalation di atti criminali può essersi verificata solo con il consenso e il coinvolgimento diretto delle autorità per la sicurezza pubblica e l’intelligence”.
Déjà vu a Washington
La violenza di Brasilia del 2023 sembra un dejà vu rispetto all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
Dopo la vittoria presidenziale di Joe Biden del 3 novembre 2020, l’allora presidente uscente Trump aveva fomentato il suo elettorato a protestare contro la sconfitta.
A fare da scintilla al caos era stata la notizia falsa da lui diffusa secondo cui i risultati elettorali erano stati alterati.
Così, i sostenitori trumpisti hanno assalito le sale del congresso di Washington, interrompendo la conferenza di ratifica della presidenza Biden.
Trump avrebbe avuto il diritto di contestare il voto presso i tribunali e chiederne un riconteggio parziale, come previsto dalla legge federale.
Ma, avendo scelto la strada della violenza, si è ritrovato imputato di quattro capi d’accusa a seguito dell’assalto:
“cospirazione per frodare gli Stati Uniti”, “cospirazione per ostacolare un procedimento ufficiale e ostruzione di un procedimento ufficiale” e “cospirazione contro i diritti dei cittadini”.
La democrazia vista al tramonto
Il filo rosso fra il tentativo di sovversione brasiliano e statunitense mette in luce un cambiamento di paradigma globale: la crisi delle istituzioni democratiche, voluta dall’estrema destra del mondo.
In particolare, due sono gli elementi più inquietanti. In primis, che un presidente della consolidata democrazia statunitense si sia arrogato il diritto di non riconoscere i risultati di elezioni libere.
E poi, che tale diritto sia stato rivendicato con la violenza.
Violenza che, come dimostra il caso Bolsonaro, si espande a macchia d’olio e apre la strada a scenari analoghi in altri stati.
Yeol: discepolo trumpista in sud Corea
Il 3 dicembre 2024 Yoon Suk Yeol, presidente della giovane repubblica democratica della Corea del Sud, ha dichiarato la legge marziale. La legge non veniva proclamata dal 1980.
Il perché di tale dichiarazione? “(…) sradicare le spregevoli forze anti-statali filo-nordcoreane che stanno minando la libertà e la felicità del nostro popolo e per proteggere il libero ordine costituzionale”.
Il riferimento alla Corea settentrionale probabilmente è servito solo a giustificare la legge marziale annunciata, come alcuni esperti osservano.
Il tentativo di golpe ha fallito: l’opposizione, e persino il partito di Yeol, hanno prontamente dichiarato la sua decisione illegale e anticostituzionale.
L’Assemblea Nazionale ha revocato poi la misura con 190 voti a favore su 300.
Anche il caso di Seul sembra quindi seguire gli insegnamenti di Trump. E c’è di più, il tentativo di golpe sudcoreano ci permette di confermare l’assoluta insostenibilità democratica di tali precetti.
Infatti, ancora una volta, incuriosisce come un presidente eletto dal popolo decida di difendere “libertà e felicità minate” introducendo una dittatura militare.
Quando il perdono è pericolo
Inoltre, la vittoria presidenziale di Trump del 2025 dimostra che la prepotenza da lui fomentata alla Casa Bianca nel 2021 sia stata impunita e passata in sordina.
Il perdono concesso al presidente ha lanciato un segnale pericoloso: qualunque leader democratico scontento per la propria sconfitta elettorale può attaccare lo stato deliberatamente.
Da notare, inoltre, che la grazia è stata concessa anche a molte delle persone complici dell’attacco.
La “nebulosa fascista” è nel nostro cielo
Gli assalti di Washington, Brasilia e Seul si inseriscono nel contesto di un’estrema destra che oggi è riconducibile al fascismo storico, pur non riproducendone fedelmente i modelli originari.
“Il termine “fascismo” si adatta a tutto perché è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista”.
Così Umberto Eco definiva il “Fascismo Eterno” o “Ur-fascismo”, declinato in 14 punti.
L’autore specifica che è sufficiente anche solo uno di questi per “far coagulare una nebulosa fascista”.
Il punto 13 parla di “populismo qualitativo”: il popolo è un’unica entità senza diritti individuali e il leader è il solo a interpretarne la volontà.
Il fascismo è quindi nell’aria ogni volta che un politico sfida la legittimità del parlamento perché ritiene non rappresenti più la voce del popolo.
“Il disaccordo è tradimento”
Gli attentati alla democrazia di Capitol Hill, Planalto e Yongsan fanno effettivamente “sentire l’odore di Ur-Fascismo”.
Il fenomeno non riguarda però solo Stati Uniti, Brasile e Corea del Sud, e non riguarda solo i processi elettorali o le disposizioni del presidente.
In Italia, ad esempio, il controllo delle informazioni e delle azioni non governative diventa sempre più uno strumento politico attribuibile al fascismo.
Per Eco, accettare le differenze è segno di modernità, mentre “per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento”, si legge al punto 4.
Chi fa la spia non è figlio di Maria
Il caso “Paragon” aperto dal 31 gennaio scorso è un esempio emblematico del crescente squilibrio fra controllo statale e libertà di espressione.
Il direttore del giornale Fanpage Francesco Cancellato e il fondatore della ong Mediterranea Saving Humans Luca Casarini hanno denunciato di aver subito operazioni di spionaggio dei propri dispositivi.
Le attività di intelligence sono state effettuate tramite il software israeliano Spyware Graphite.
Lo Stato Ebraico aveva venduto il programma agli Stati Uniti e agli “stati alleati”. Fra le clausole d’uso c’era di non utilizzarlo per controllare giornalisti e attivisti.
L’azienda avrebbe poi rescisso il contratto con il governo italiano, dopo aver appurato che l’Italia ha violato i termini etici concordati nel contratto.
Il caso è diventato politico e la procura di Roma ha avviato le indagini dopo che l’Ordine Nazionale dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa hanno sporto querela.
Scacco (forse matto) al diritto
Il fatto che ad essere sorvegliati siano stati rappresentanti del giornalismo investigativo e dell’attivismo per i diritti dei migranti la dice molto lunga.
Infatti, il caso Paragon non fa altro che gettare alcol sul fuoco nel contesto di una democrazia sempre più alla deriva.
L’utilizzo illegale di Graphite non solo mina la libertà di informare e denunciare di chi ha scelto di farlo per mestiere; ma rende vulnerabile anche la capacità della società civile di informarsi e prendere decisioni in maniera libera e senza paura di ritorsioni.
Infatti, la vicenda diffonde un generale clima di intimidazione e censura. Soffoca principi democratici come l’accesso all’informazione e al pluralismo che lo stato ha il dovere di salvaguardare.
«L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi […] Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo».
Umberto Eco, Il fascismo eterno, 1995
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