Il 29 aprile 2025, Luis von Ahn, Ceo di Duolingo ha annunciato, mediante un’e-mail scritta a tutti i dipendenti, condivisa successivamente anche su Linkedin, la volontà di trasformare l’azienda in una realtà AI-first. Con quella comunicazione, von Ahn ha dichiarato che nel nuovo piano di trasformazione aziendale, laddove possibile, i collaboratori esterni verranno sostituiti con l’IA. Siamo ufficialmente entrati in competizione con l’IA?
La reazione
Indignazione. Questo è quello che si percepisce dai commenti lasciati sotto il post condiviso su Linkedin. Molte persone hanno dichiarato di voler disdire l’abbonamento a Duolingo e di voler chiudere il loro rapporto con uno dei sistemi d’apprendimento più in voga degli ultimi dieci anni.
La maggior parte degli utenti sembrerebbero preoccupati per l’impatto che l’IA potrebbe avere sul lavoro umano; è come se la notizia avesse suscitato una sensazione di minaccia, quasi come se la fantascientifica visione di Isaac Asimov, messa su carta nell’ormai lontano 1950 in “Io Robot“, potesse diventare realtà.
Inoltre molti utenti non hanno perso l’occasione per far notare come la qualità dei contenuti sia scemata, puntando il dito direttamente contro l’IA. Ma tutta questa indignazione da dove nasce? Quanto realmente sappiamo sull’intelligenza artificiale? A che cosa ci riferiamo quando parliamo di intelligenza?
Observa e lo studio sulla popolazione italiana
Da 20 anni, Observa conduce indagini sull’opinione pubblica dei cittadini italiani, in merito a scienza ed innovazioni tecnologiche. In particolare negli ultimi due anni sono stati raccolti dati sulla percezione che i cittadini hanno dell’IA attraverso dei questionari.
“Quando senti parlare di IA pensi a…?”
Robocop, Terminator, Star Wars, Transformers, La donna perfetta: cos’hanno in comune? Sono tutti film che hanno al centro delle loro tematiche i robot. Colpa di Hollywood o meno, la visione della popolazione sull’intelligenza artificiale è fortemente legata ad una visione “robotica umanoide”. Infatti il 27% degli intervistati ha dichiarato che la prima immagine che prende forma nelle loro menti, pensando all’intelligenza artificiale, è proprio quella di un robot umanoide. Il 26% invece ha dichiarato di associare l’IA a ChatGPT, mentre il 22% agli assistenti vocali di tipo Alexa. Dato molto rilevante è quello legato a coloro che identificano l’IA con gli algoritmi che selezionano per noi video, film, musica, post sui social o prodotti da acquistare: è solo il 14% del campione; il 9.5% invece l’associa alla domotica.
“Quanto pensi di essere informato sull’IA?”
Dato agghiacciante è anche quello legato a quanto gli intervistati si sentano preparati sui temi legati all’intelligenza artificiale: il 63% ha dichiarato di non avere ancora fra le proprie corde livelli di conoscenza adeguati sull’argomento, mentre solo il 2,4% si sente molto preparato. Nonostante la tematica dell’IA sia ormai diventata una fedele compagna nella nostra quotidianità e tutti, chi più chi meno, amiamo specularci sopra, i dati evidenziano che di “Lei” sappiamo un po’ poco.
Opinioni sull’IA
Dovrebbe far riflettere anche il fatto che la popolazione si senta minacciata dall’IA. Infatti sono alte le quote di intervistati che hanno destato preoccupazioni o pensieri negativi: si spazia dal fatto che l’IA sarebbe una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità (51%), al fatto che le macchine prima o poi potranno sostituire completamente l’uomo (46.6%); non è da sottovalutare la quota che ritiene che l’IA abbia un’intelligenza superiore a quella umana (32.5%).
Cosa vuol dire intelligenza?
Possibile che la parola intelligenza sia stata distorta nel tempo e privata del suo significato originario? Se limitiamo il suo significato alla capacità di: eseguire compiti ripetitivi nel modo più efficiente possibile o a prendere decisioni basate su calcoli puramente statistici, allora sì, è molto probabile che i computer siano superiori alla maggioranza dei sapiens, ma l’intelligenza è molto più di questo.
L’uomo è in grado di unire sensazioni corporee ed emotive ai processi mentali, garantendosi un ventaglio decisionale più ampio e adattabile alle più disparate situazioni. L’uomo è consapevole, ha coscienza di sé. L’IA al momento è un surrogato, un prodotto dell’uomo, imita quello che può sembrare in qualche modo il ragionamento umano nella soluzione di problemi, ma di fatto è un computer che produce output, seguendo un algoritmo, in seguito ad uno o più input. Un computer non ha la percezione semantica di quello che sta facendo, esegue e basta: può questa attività essere definita “intelligente“?
Esperimento della stanza cinese
Un esempio che può aiutarci a chiarire questo aspetto è l’esperimento mentale effettuato dal filosofo Jhon Searle nel 1980.
Immaginate una persona chiusa in una stanza, che non conosce il cinese. Dall’esterno qualcuno le passa dei messaggi scritti in cinese. All’interno, la persona ha dei manuali con istruzioni dettagliate su come rispondere, usando solo la forma dei simboli, senza capirne il significato. Seguendo le regole, riesce a restituire risposte in cinese corrette e convincenti.
Chi è fuori è indotto a pensare che la persona capisca il cinese, ma in realtà sta solo applicando meccanicamente delle regole. L’esperimento mostra che seguire istruzioni e produrre risposte corrette non equivale a comprendere davvero.
Prendiamo un esempio un po’ più moderno e quindi più facilmente comprensibile. Immaginiamo di essere a cena con dei nostri amici e di avere un guasto allo smartphone. Non vogliamo cambiarlo, ma sappiamo bene che una riparazione potrebbe costarci quanto un telefono nuovo. Dichiariamo quindi di voler eseguire la riparazione con il fai da te, salutiamo i nostri amici e ci dirigiamo a casa. Ci colleghiamo a internet e spulciamo tra i milioni di video tutorial presenti sul web, ne scegliamo uno che sembra poterci aiutare. Seguiamo pedissequamente le istruzioni del video: et voilà lo smartphone è riparato.
Ci sentiamo dei draghi, scriviamo immediatamente sulla chat di gruppo della cena che abbiamo resuscitato lo smartphone e i nostri amici si complimentano con noi, sono indotti ad affermare che siamo in grado di riparare smartphone. Scherzano e alludono al fatto che potremmo quasi farlo come lavoro a tempo perso, per fare qualche soldo in più: ma è realmente così? Abbiamo capito cosa abbiamo fatto? Siamo stati intelligenti o abbiamo eseguito meccanicamente delle azioni?
Un uomo è in grado di re-inventare, adattare, l’IA no
A tal proposito, uno studio dell’università di Berkley ha dimostrato che i bambini sono superiori per inventiva e creatività ai più moderni algoritmi attualmente presenti.
In questo studio ci si è focalizzati sulla capacità di reinventare l’utilizzo di oggetti quotidiani per risolvere dei semplici problemi confrontando le capacità dei bambini (3-7 anni) contro quella di alcune IA, attraverso la soluzione di alcuni problemi.
Uno degli esercizi consisteva nel disegnare un cerchio utilizzando uno fra i tre oggetti disponibili: un righello, una teiera e una pentola. In sostanza gli sperimentatori hanno cercato di capire chi fosse in grado di reinventare la funzione di oggetti già esistenti. L’85% dei bambini ha scelto correttamente la teiera rotonda, dimostrando un’intuizione pratica mentre il migliore degli algoritmi testati ha raggiunto la risposta corretta solo nel 75% dei casi. In alcuni casi, l’IA consigliava di utilizzare il righello per tracciare il corretto raggio del cerchio. Questo dimostra che gli algoritmi vanno principalmente alla ricerca di dati oggettivi esistenti per la soluzione dei problema.
Conclusioni
La tecnologia va avanti e l’innovazione spaventa, ma forse, prima di inserire nel nostro repertorio quotidiano (commerciale e non) termini e tecnologie converrebbe approfondire le nostre conoscenze su di essi.
FONTI
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