«France Football», nota rivista francese, ha stilato una classifica dei giocatori rivelazione del 2016. Cosa hanno in comune? Sono talentuosi, protagonisti nei loro club di appartenenza e promesse, nonché speranze, del panorama calcistico europeo. Sono il fiore all’occhiello dei loro rispettivi campionati, scelti per il rendimento e per le doti tecniche. Dalle storie incredibili di Vardy, Mahrez e Kante con il loro Leicester, capolavoro che ha restituito romanticismo al calcio, al sorprendente esordio di Donnarumma a soli 16 anni e al curioso rimprovero di Guardiola a Kimmich a centrocampo al termine del match contro il Borussia Dortmund nel marzo del 2016.
Ad alzare la bandiera italiana sono Donnarumma e Rugani: il primo, giovane promessa del Milan e della Nazionale italiana, erede naturale di Gianluigi Buffon; il secondo, la vera e propria rivelazione che ha sostituito diligentemente a turno i componenti della BBC bianconera (Barzagli, Bonucci, Chiellini), garantendo a Massimiliano Allegri un’alternativa credibile. Solido, rapace e intuitivo il primo, forte fisicamente, eccellente nel colpo di testa, razionale e preciso nella scelta dei tempi di intervento il secondo.
Sono soprattutto la speranza di rinascita della nazionale di calcio italiana, poiché i club troppo spesso vanno alla ricerca di giovani stelle internazionali dimenticando i gioielli in casa. Sono la speranza della Nazionale che sicuramente manca dei talenti cristallini che in passato hanno indossato la maglia azzurra: possiamo vantare Totti, Nesta, Del Piero, Pirlo, Baggio, Cassano, Toni, per ricordare il passato recente, e non ultimi Buffon, De Rossi, Marchisio, Chiellini e Bonucci, ancora in attività, le vere stelle delle ultime nazionali, almeno dal Campionato mondiale in Sudafrica nel 2010 in poi.
Non è solo questione di nazionali, ma la polemica investe soprattutto i club di appartenenza: uno dei mali del calcio italiano, un vero e proprio vizio, è non scommettere sui giovani, non inserirli nel rettangolo di gioco. È probabilmente una delle motivazioni per cui il nostro campionato ha perso appeal a vantaggio della Premier League, della Liga e della Bundesliga, vere fucine di talenti. La differenza fondamentale tra il nostro campionato e quelli esteri è la mancanza di strutture di proprietà, sia stadi sia centri sportivi per l’allenamento: soltanto cinque società di Serie A hanno centri sportivi di proprietà, ossia Juventus, Roma, Atalanta, Empoli e Chievo. Non a caso Juventus, Roma e Atalanta hanno, insieme all’Inter e al Milan, i migliori settori giovanili. Allarmante la condizione delle altre, in particolare di Napoli, Genoa e Sampdoria, i cui campi per l’allenamento sono dislocati in varie zone. E da considerare sono le condizioni delle strutture, di certo non di ultima generazione, e un campionato come quello italiano, che non dovrebbe storicamente essere secondo a nessuno, non può assolutamente permettersi questa perdita di credibilità.
Altra questione è quella dello stadio di proprietà: in Italia soltanto lo Juventus Stadium, la Dacia Arena di proprietà dell’Udinese e il Mapei Stadium che ospita le partite del Sassuolo. Moderni, “all’inglese”, facilmente accessibili, in cui è garantita la visibilità e valgono da soli il costo del biglietto, nulla a che vedere con le vecchie e malandate strutture del San Paolo di Napoli o dell’Olimpico di Roma, in cui le barriere hanno creato una situazione a dir poco incandescente con la protesta dei tifosi che disertano sistematicamente le partite in casa. Molte società si stanno muovendo per costruire gli stadi, la Roma in primis, perché essi sono soprattutto una fonte preziosa di ricavi: la Juventus è diventata una vera e propria forza economica. È un gap inquietante in fatti di stadi di proprietà, quello tra il resto d’Europa e l’Italia, così come siamo ancora tra gli ultimi posti nel produrre talenti dai settori giovanili: il Cies Football Observatory, centro studi sul calcio, ha individuato i migliori vivai. Nei maggiori campionati europei al primo posto c’è il Real Madrid, seguito da Barcellona e Manchester United. Solo al settimo posto incontriamo una squadra italiana, ossia la Roma, che privilegia e investe molto sui vivai. Da non sottovalutare sono l’Academy dell’Ajax, a livello generale in assoluto la migliore, e anche le squadre dell’Est Europa, come il Partizan Belgrado e la Dinamo Zagabria.
Ma il vero problema italiano è l’assoluta mancanza di adattamento dei talenti che escono dai settori giovanili alla Serie A: vengono mandati in prestito per crescere ed essere valorizzati, oppure ceduti con la formula del diritto di riacquisto, pochi sono quelli realmente investiti dell’onere di crescere giocando in un top club. Spesso i giovani gioielli che ammiriamo nelle Primavere diventano delle meteore, in pochi raggiungono la Lega maggiore. Ma è davvero arrivato il momento di invertire la tendenza, di non andare solo a pescare all’estero alla ricerca del fenomeno, ma di guardare il talento che cresce in casa nostra e facilitare l’ingresso nell’olimpo del calcio. È quello che ci auguriamo tutti affinché il calcio italiano torni a splendere in Europa.
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