Verso un’economia di muri

I due decreti contro gli abusi commerciali firmati il 31 Marzo 2017 sono solo l’ultima espressione dei segnali sempre più protezionistici che giungono dalla politica di Trump. I due ordini esecutivi sono rivolti da un lato a ridurre il deficit della bilancia commerciale (l’eccesso di importazioni di merci sulle esportazioni), dall’altro a limitare e i casi di dumping e le violazioni da parte delle imprese estere che investono negli Stati Uniti.

Dall’impatto meno contenuto, sono invece le proposte di dazi punitivi del 100% su particolari prodotti di nicchia provenienti dall’Unione Europea, nonché il progetto di una “border tax” sugli import americani che dovrebbe raccogliere più di mille miliardi di dollari. Insomma, una politica cieca ai progressi del libero scambio, che vede la chiave per la rivincita delle imprese locali nella chiusura al commercio internazionale.

Eppure gli import statunitensi hanno costituito solo il 15.45% del PIL nel 2015 (Fonte: WorldBank), e similmente le esportazioni in beni e servizi verso il resto del mondo hanno contribuito per il 12.55% al PIL statunitense. Percentuali con le quali gli Stati Uniti si sono classificati al 150esimo posto nella classifica mondiale dei paesi esportatori nel 2015, e 157esimi per le importazioni (Fonte: WorldBank). Risultati che di certo non stupiscono, se si considerano i 1.084 dazi vigenti che rendono gli Stati Uniti il primo paese al mondo per numero di misure protezionistiche adottate dal 2008.

Ma quali sono gli impatti e quali i settori dell’economia che saranno maggiormente toccati da tali politiche? Un’analisi condotta dal Sole24Ore sull’impatto del protezionismo americano, identifica come i maggiori settori potenzialmente a rischio i mezzi di trasporto ed il settore alimentare. In particolare, 182,7 milioni di euro in motocicli e circa il 13,5% degli export verso gli Usa di alimentari e bevande rischiano dazi fino al 100%.

Le misure protezionistiche di Trump, tuttavia, non sembrano procedere senza intoppi. Sebbene avrebbero dovuto costituire l’arma di riscatto dopo il fallimento della riforma sanitaria, le restrizioni al libero commercio non sembrano essere gradite a tutti. Lo stesso Congresso si è mostrato nervoso davanti alla proposta di ritoccare l’accordo di libero scambio tra Canada, Usa e Mexico (Nafta), mentre è dichiarato il disaccordo dell’Unione Europea che risponde con l’impegno a promuovere un commercio libero ed equo. Riuscirà Trump a trovare i consensi necessari per costruire anche questo muro? Con un po’ di speranza il punto interrogativo resta, ma certo è che i mattoni sono già stati posizionati.

 


Fonti:

Sole24Ore

WorldBank

OECD

 

Credits:

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