I corridoi umanitari: una via sicura da implementare per salvare vite umane?

In questo periodo non c’è tema più strumentalizzato, dibattuto e controverso dell’immigrazione. Siamo costantemente spaventati da un’invasione africana che possa mettere in discussione le nostre tradizioni e i posti di lavoro che già sembrano scarseggiare. In realtà, i dati scientifici “che non fanno la storia, ma aiutano a leggerla” ci mostrano un’altra realtà: il 51% degli stranieri in Italia sono comunitari (Bulgari e Rumeni per la maggiore) e secondo le fonti del Ministero dell’Interno, quelli non comunitari presenti in Italia regolarmente sono circa 3 milioni, su una popolazione italiana di oltre 60 milioni. Nel mondo si stimano circa 258 milioni di migranti, che vivono al di fuori dei loro confini di appartenenza e che si sono dovuti spostare per svariate ragioni: guerre, violazioni e soprusi, cambiamenti climatici… Naturalmente l’irregolarità di alcuni migranti, di cui non si possono avere dati certi, rappresenta un problema difficile da gestire, ancor che si pongano in essere politiche restrittive per ottenere un permesso di soggiorno, che porterebbe a un maggior numero di illegalità invisibile. Ad oggi la migrazione irregolare non vede una soluzione univoca da parte di alcuno stato e continente, Europa e Stati Uniti in primis.

I migranti sono prima di tutto persone

Questa riecheggiante propaganda di allarmismo ossessivo dimentica però che le vie attraverso le quali i migranti si dirigono verso l’Europa sono altamente pericolose e che molti di loro subiscono violenze atroci fin dalla partenza. La Libia, ad esempio, lasciata nel caos delle milizie, ultima tappa di un viaggio lungo mesi e area di spartitraffico con l’Europa, è ormai da anni luogo di veri e proprio campi di detenzione disumani, che assomigliano sempre più a lager nazisti dove le persone valgono meno di animali. Il nord Africa si sta trasformando in un mercato di essere umani, dove i migranti sono le vittime di un vero e proprio commercio, proprio alle porte di casa nostra e dell’Europa. Molti potenziali rifugiati – coloro che hanno diritto ad una protezione, secondo il diritto internazionale – cadono nelle mani dei trafficanti. Dinnanzi all’incapacità di dare una risposta governativa significativa, molte associazioni hanno pensato di utilizzare uno strumento ad hoc per far arrivare in un luogo sicuro potenziali fruitori di protezione internazionale: i corridoi umanitari.

Che cosa sono i corridoi umanitari?

I corridoi umanitari sono uno strumento che permette di creare uno spazio sicuro. Il principale obiettivo è quello di evitare che queste persone affrontino un viaggio nel Mediterraneo sui barconi, causa di un alto numero di vittime. Gli elementi positivi di questo modello sono numerosi, tanto per i paesi geograficamente più esposti allo sbarco, tra cui l’Italia, quanto per i migranti e i potenziali rifugiati. Innanzitutto una maggior sicurezza: chi ha il diritto di usufruire del corridoio umanitario viene selezionato nel paese di transito, prevenendo quindi l’aumento di migranti irregolari e predisponendo anche progetti per una più efficace integrazione una volta arrivati nel paese di trasferimento. Le persone selezionate hanno la possibilità di presentare la domanda di asilo al momento dell’arrivo, evitando così situazioni di irregolarità che si traducono poi in illegalità.

Chi si occupa dei costi organizzativi e logistici?

A detta della project leader della comunità di Sant’Egidio, Cecilia Pani:

Lo stato italiano non spende un euro, le spese sono sostenute dalle associazioni promotrici dei progetti come la Caritas e la nostra.

La Comunità di Sant’Egidio ha utilizzato i fondi ricevuti, come l’8 per mille, per finanziare un progetto volto a creare vie sicure per la popolazione Siriana rifugiata in Libano (paese che ospita 1 milione di rifugiati su una popolazione di 4 milioni) perché arrivi in Europa, dove avrà accesso ad assistenza, potrà usufruire di progetti di integrazione e ricongiungersi con i parenti.

In due anni sono arrivate circa 2.400 persone attraverso i corridoi umanitari, salvandole da un incerto – spesso atroce – destino. Secondo Medici senza Frontiere, in Libia sono bloccati 5.500 migranti, senza considerare quelli che sfuggono alle liste. Nonostante questi numeri, in Europa non si riesce a trovare una soluzione unanime per mettere in salvo tutte queste persone.

Come avviene la selezione?

Molto spesso le persone da evacuare vengono segnalate da agenzie sul campo, come l’UNHCR, o ONG umanitarie. Il criterio di base è quello della vulnerabilità. Le persone vulnerabili sono coloro che hanno subito traumi a causa di torture e violenze, persone con disabilità, persone che hanno bisogno di cure specifiche ma non trovano nel loro paese di origine strutture sufficienti, minori non accompagnati, anziani e donne vittime di abusi. Una volta arrivati dal paese ospitante le associazioni di riferimento pongono in essere tutta una serie di progetti volti alla loro integrazione nel tessuto culturale e sociale ospitante, tra cui ad esempio l’apprendimento della lingua e la ricerca di un lavoro.

La vulnerabilità diventa una doppia disparità nel processo di integrazione, in quanto spesso sono soggetti non scolarizzati, traumatizzati, e quindi ancora più diffidenti. L’inclusione diviene pertanto ancora più difficile, ed è per questo che molte associazioni dedicano dei percorsi ad hoc. Il Vaticano ha recentemente aperto un corridoio umanitario proveniente dall’isola di Lesbo. Ciò che spesso ci si chiede è cosa facciano il servizio pubblico e lo Stato in queste situazioni, che sembrano lasciare l’incombenza di creare una società inclusiva sulle spalle del terzo settore a gestione privata, soprattutto di matrice ecclesiale, tra cui Tavola Valdese, CEI, Caritas.

Alcuni rifugiati accolti all’ aereoporto di Roma e arrivati tramite corridoio umanitario

Il Ministero dell’Interno nella procedura su impulso delle associazioni proponenti è un mero organo di controllo di seconda istanza.

Fino a che punto questo modello di corridoio umanitario e di accoglienza diffusa può essere fatto su larga scala a livello istituzionale?

I Ministeri dell’Interno e degli Esteri, la Comunità di Sant’Egidio e la Conferenza Episcopale italiana (CEI) hanno sottoscritto il 2 maggio scorso un protocollo d’intesa per realizzare il progetto “Apertura dei corridoi umanitari. L’accordo consentirà l’arrivo in Italia di 600 richiedenti asilo, nell’arco del prossimo biennio, provenienti da Etiopia, Giordania e Niger.

È la seconda fase del progetto iniziato il 12 gennaio 2017, che ha permesso il trasferimento in Italia di 500 richiedenti asilo provenienti principalmente dall’Etiopia. Questo modello viene considerato una best practise a livello europeo, utilizzato anche da Francia e Belgio. L’occupazione dell’integrazione dei soggetti selezionati è rimessa alle associazioni promotrici. Tale modello di salvataggio e di successiva integrazione potrebbe diventare un modello alternativo al semplice ricollocamento, da implementare attraverso una sempre più stretta congiuntura degli stati e dell’Europa, al fine di contrastare il traffico di esseri umani e lo sfruttamento dei migranti nel nuovo mercato della schiavitù.

Esso appare anche come un atto doveroso di solidarietà, perché probabilmente un giorno ci verrà chiesto di rendere conto degli orrori che stanno accadendo davanti alle nostre coste.


FONTI

Evento “Gender migration”, 6.6.19 presso l’agenzia di stampa Dire, Roma

solitaria.it

ilsole24ore.com

interno.gov.it

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