Dal 3 febbraio del 1957 sarà Carosello il canale prediletto dagli italiani per la divulgazione pubblicitaria; tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta, grazie alla crescita del reddito pro capite, gli apparecchi televisivi entrano infatti nelle case degli italiani e si trasformano da elettrodomestici costosi, la cui fruizione avveniva solitamente in maniera collettiva, a dispositivi alla portata anche dei ceti meno abbienti, il cui utilizzo si svolgeva individualmente, tra le pareti domestiche.
La televisione
Nel 1954, l’anno in cui iniziano le trasmissioni televisive gestite dall’azienda monopolista di Stato, la Rai, gli abbonamenti sottoscritti ammontano a 88.000; nel 1965 sono divenuti 5 milioni, e poi più di 8 tre anni dopo. All’alba del 1966 il televisore è posseduto dal 59% delle famiglie italiane, solo 9 anni dopo, nel 1975 quasi il 92% di esse ne detiene uno.
Tra il 1958 e il 1962, infatti, secondo la Rai gli spettatori durante la fascia oraria 19.00-21.00 (dedicata alla trasmissione del programma pubblicitario), sono pari a 500.000 unità; tra il 1963 e il 1968 balzano a 6 milioni di unità, divenute 8 milioni tra il 1969 e il 1973 e quasi 13 tra il 1974 e il 1978. Cambiano le abitudini degli italiani a tavola, e la televisione, soprattutto durante la cena, diventa protagonista del convivio familiare.
La pubblicità è servita!
Non prima del 1981 la spesa pubblicitaria totale delle reti televisive supera quella dei periodici a stampa. Ma già dalla fine degli anni Cinquanta le aziende alimentari guardano con sempre maggiore interesse alla televisione quale strumento privilegiato per far conoscere i propri prodotti a una vasta platea di consumatori. Nel 1957, infatti, il 36,7% delle inserzioni pubblicitarie su Carosello riguarda alimenti e bevande; nel 1966 tale percentuale è salita a 49,9.
Il Carosello costituì perciò un unicum nel panorama mediatico occidentale, subì solo lievi modifiche nel corso di un ventennio e fino al 1° gennaio 1977, data di chiusura del programma, fu il principale canale di comunicazione commerciale ad arrivare nelle case degli italiani.
Ogni spot trasmesso durava due minuti e quindici secondi. Questi erano articolati in due parti: la prima, detta «pezzo», era lunga un minuto e quarantacinque secondi e aveva una funzione narrativa, in quanto era costituita da una scenetta con personaggi in carne e ossa o animati; la seconda, detta «codino», era lunga trenta secondi e conteneva l’effettiva informazione sulla merce reclamizzata.
Nonostante le regole molto rigide, queste réclame e altre ancora (Olivella, sposina Novella per l’olio Bertolli, Con Arrigo me la sbrigo per la Ditta Arrigoni), confermano la direzione verso la quale era orientata la comunicazione commerciale delle imprese alimentari più grandi e delle agenzie pubblicitarie di cui si servivano: convincere, attraverso una confezione accattivante e dei messaggi in veste di mini-storie animate, simpatiche e popolari, accompagnate da una canzoncina allegra e orecchiabile, all’acquisto del prodotto.
Le caratteristiche che emergono sono la semplicità e la comodità di questi prodotti, necessari a vivere i ritmi della vita urbana; sughi pronti e confetture dimezzano il tempo che alcuni piatti richiedevano per la preparazione, senza sconvolgere le abitudini domestiche tradizionali e le divisioni dei ruoli in famiglia.
I dati sui consumi dimostrano che tali obiettivi furono sostanzialmente raggiunti. Gli italiani sono stati in grado di selezionare gli input ‘educativi’ di una simile pubblicità, e di conformarli ai loro bisogni specifici nelle pratiche culinarie quotidiane.
FONTI
B. Rossi, Televisione: le immagini del «miracolo», in Il miracolo economico italiano, il Mulino, Bologna 2006
E. Menduni, La nascita della televisione in Italia, in Il miracolo economico italiano (1958-1963)
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