Ecce Homo: cosa sappiamo del presunto Caravaggio di Madrid?

Nell’ultima settimana ha fatto molto scalpore e destato entusiasmo la notizia della presunta attribuzione al pennello di Caravaggio di un dipinto degli inizi del ‘600. Questo ha per soggetto la scena cristologica dell’Ecce homo ed è stato intercettato mentre stava per finire all’asta – con una base di partenza di 1.500€ – presso Ansorena, nota casa d’asta di Madrid. Con il titolo Incoronazione di spine,  nel catalogo della casa d’asta era attribuito alla cerchia di pittori della bottega dello Spagnoletto, pseudonimo di Jusepe (o José) de Rivera. Si tratta, non a caso, di un pittore di scuola caravaggesca attivo nel secondo quarto del ‘600. 

Inevitabilmente, non appena hanno cominciato a diffondersi le voci tra gli offerenti e i mercanti d’arte circa la possibilità dell’attribuzione caravaggesca, la casa d’aste ha ritirato il lotto per eccesso di offerte. Voleva infatti evitare che, l’esponenziale aumento delle offerte, il conseguente lievitare delle stime e quindi il successivo mormorio circa l’attribuzione a Caravaggio potessero innescare una conseguenza immediata. Ovvero l’azione da  parte del governo spagnolo con il divieto di esportazione dell’opera battuta. Anche in Spagna, come in Italia, la legislazione dei beni culturali prevede infatti il principio dell’interesse pubblico sulle cose costituenti beni culturali di eccezionale valore artistico, storico o archeologico (ecc.) che comportano limitazioni alla loro circolazione e altri vincoli. 

Il dipinto di Madrid oggetto del dibattito (olio su tela – inizi ‘600)

La mobilitazione della critica d’arte

In tal caso, se venisse confermata l’attribuzione a Caravaggio, l’opera potrebbe essere acquisita dalla collezione del Museo del Prado di Madrid.  Questo, infatti, ha già fatto sapere, secondo quanto riferisce «El País», che esistono “fondate ragioni formali (ossia stilistiche) e documentarie per considerare il dipinto opera originale di Michelangelo Merisi da Caravaggio.”

Immediatamente il caso del dipinto di Madrid ha visto la mobilitazione di storici e critici dell’arte che, in attesa di studi meglio approfonditi, hanno proposto il loro giudizio in merito, esprimendosi favorevoli o meno sull’attribuzione caravaggesca della tela. Indubbiamente, è ancora presto per poter emettere sentenze che abbiano una valenza definitiva ed esauriente sull’opera in questione. A maggior ragione se si tratta di Caravaggio, un pittore certamente inconfondibile, ma non facilmente decodificabile. La sua eredità, infatti, colta dall’infinita schiera di pittori caravaggeschi del ‘600, nonché il carattere sfuggevole, mobile e in costante fuga dalla vita e anche la sua sterminata e instancabile produzione di opere rendono molto spesso assai difficoltosa l’attribuzione dei suoi dipinti. 

Roberto Longhi

Anche per questo motivo però, la mobilitazione degli studiosi è stata diffusa ed entusiastica.  Anche per la fortuna critica che, a partire dagli studi del massimo storico dell’arte italiano del secolo scorso, Roberto Longhi, la produzione del Merisi continua a riscontrare. E non ci potevamo aspettare altrimenti quando si parla di Caravaggio.

Il trasferimento dell’Ecce Homo in Spagna

La possibile attribuzione del dipinto in questione alla mano del Merisi aprirebbe un vero e proprio caso all’interno degli studi caravaggeschi. In effetti, diversi documenti e fonti del ‘600 parlano di un Ecce homo dipinto da Michelangelo Merisi da Caravaggio. Questo sarebbe stato realizzato su commissione del Cardinal Massimi, attorno al 1605 e poi menzionato ancora in decenni successivi da altri documenti. Per esempio, nel 1631 compare un Ecce homo di “mano del Caravaggio” nell’inventario del segretario della monarchia di Spagna e collezionista Juan de Lezcano.  Questo all’epoca si trovava a Napoli e la sua collezione sarebbe poi entrata entrata a far parte di quella dell’allora viceré di Napoli, Garcìa de Avellaneda y Haro, conte di Castrillo, che trasferì la sua collezione in Spagna – contenente dunque anche l’opera – attorno al 1659.

Questo riferimento al trasferimento in Spagna parrebbe essere confermato più tardi anche dal massimo storico dell’arte del ’600, Gian Pietro Bellori. Questo attesta che effettivamente l’Ecce homo dipinto dal Caravaggio era stato portato in Spagna. Non solo, ma agli inizi degli anni ’80 dello stesso secolo, anche lo storico dell’arte Baldinucci riferisce dell’esistenza di un Ecce Homo dipinto dal Merisi presente in Spagna. Sotto questo profilo e sulla base delle informazioni emergenti dalle fonti, il collegamento con la Spagna sembrerebbe abbastanza documentato. Anche se le ultime informazioni documentarie circa il presunto Ecce Homo trasferito in Spagna si arrestano al 1659.

La contenzione del presunto Caravaggio tra Spagna e Genova

Ora, il problema sarebbe quello di stabilire a quale dipinto effettivamente fanno riferimento i documenti in questione. Ebbene, fino a questo momento, l’unico Ecce homo databile al 1605 e riferibile a Caravaggio – anche se in un primo momento attribuito a Lionello Spada, suo allievo – è l’esemplare esposto al museo civico di Palazzo Bianco di Genova. Questo è stato restaurato nel 1953 da Pico Cellini e attribuito nel 1954 al Merisi proprio da Roberto Longhi stesso.

Non tutti però sono stati concordi su questa attribuzione e anzi parecchi storici dell’arte hanno continuato a nutrire dubbi sulla tela di Genova. Soprattutto in riferimento ad alcuni tratti stilistici che, commisurati alla presunta datazione dell’opera (1605), non sembrerebbero essere affini allo stile adottato da Caravaggio nel periodo in questione. Anche se non bisogna sottovalutare il fatto che il restauro compiuto nel 1953 da Pico Cellini è stato piuttosto invasivo.  In particolare nel ritocco di alcune ombreggiature, così come nelle ombre delle grinze del volto di Pilato. 

Michelangelo Merisi da Caravaggio? (attribuito a), Ecce homo, 1605 ca., Olio su tela, Musei civici di Palazzo Bianco (Genova)

L’unica certezza sull’Ecce Homo di Caravaggio

Da questo punto di vista, la possibilità che il dipinto scoperto a Madrid sia opera di Caravaggio effettivamente mette in crisi la critica caravaggesca. Una cosa però è certa: sulla base delle fonti documentarie, Caravaggio sicuramente dipinse un Ecce Homo, peraltro soggetto molto frequentato nella pittura del tardo ‘500 e inizio ‘600. Ed è lo stesso Caravaggio, come ha sottolineato Vittorio Sgarbi su il «Il Giornale» che, in una nota scoperta nel 1987 tra gli archivi di Palazzo Massimo conferma l’intenzione di dipingere un Ecce Homo al cardinal Massimi. Si legge infatti: 

Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obligo a pingere all Ill.mo Massimo Massimi per esserne statto pagato un quadro di valore e grandezza come quello ch’io gli feci dell’Incoronazione, di Cristo per il primo di Agosto 1605. 

Resta solo da capire quale sia davvero l’opera alla quale si fa riferimento. 

Il confronto stilistico tra le due opere

Tralasciamo però i vizi del restauro novecentesco. Confrontando le due tele, infatti, quella attualmente a Genova e quella rivenuta a Madrid, affiora una constatazione. Dal punto di vista stilistico, il dipinto di Madrid si rivela decisamente più affine alla mano di Caravaggio rispetto al dipinto di Palazzo Bianco. Se si analizza il dipinto di Madrid, colpisce anzitutto la drammaticità e l’intensità della composizione che si sviluppa su tre piani.

A partire dal geniale inserimento in primo piano di quel parapetto da cui si sporge il barbuto Pilato, per rivelare all’uditorio, con eloquenti gesti delle mani, il Cristo ormai flagellato e incornato di spine. La figura di Cristo costituisce qui il baricentro della rappresentazione. Una creatura, quindi, che emerge dall’oscurità globale della composizione (anche se la pellicola pittorica deve essere ripulita dai restauratori) in tutta la sua drammatica umanità. Accanto a lei, il chiarore che ne fa risaltare il corpo ci ricorda la sua divina sostanza.

Confronto tra i due dipinti

Evocativa e caravaggesca è poi la figura che costituisce il terzo piano della composizione: il carnefice dal volto sconcertato che si trova alle spalle di Cristo e che sta per rivestire con un mento purpureo. Straordinario è il suo volto sconcertato che viene oscurato, come in una drammatica premonizione, dall’ombra del capo di Cristo. Lascia così uno sguardo che sollecita direttamente lo spettatore, con un effetto di “fuoriuscita” dalla tela. 

Il contraltare più bilanciato dell’opera di Genova

Insomma, nulla a che vedere con la composta tela di Genova. Qui,  l’impostazione pittorica bilanciata e rigorosa delle figure, nonché la resa idealizzante del corpo di Cristo, privo di qualsiasi segno delle torture, mettono molto in dubbio la mano del Caravaggio. Il dipinto di Genova sembra inoltre essere attraversato da un eccessivo senso di rassegnazione e resa. Ogni volto manifesta un’espressione diversa e fortemente teatrale, con il Cristo che abbassa gli occhi, l’aguzzino che lo guarda incattivito, Pilato che invece rivolge il suo sguardo verso spettatore, mentre con i gesti delle mani indica Gesù.

Tuttavia, le figure non hanno quella tensione e quella drammaticità che riscontriamo invece nel dipinto di Madrid. Sono ben rischiariate da una luce diffusa e nessun tipo di contrasto d’ombre fa presagire la tragedia e lo sconcerto. Queste sensazioni, invece, risaltano potentemente, in toni patetici e crudi, nella tela di Madrid.

Il parere degli esperti: Maria Cristina Terzaghi

Le affinità stilistiche, compositive e tecniche con la pittura napoletana di Caravaggio sono state rilevate anche da diversi storici e critici dell’arte. In tal senso, tra i primi in Italia a essersi espressi in favore di un’attribuzione caravaggesca del dipinto figura la storica dell’arte Maria Cristiana Terzaghi. Questa, intervistata da «Repubblica», ha sottolineato come: Il manto di porpora di cui viene rivestito il Cristo ha la stessa valenza compositiva del rosso della Salomé del Prado di Madrid”

Peraltro, il Salomé del Prado di cui si fa cenno faceva parte della collezione del viceré Garcìa de Avellaneda y Haro nella quale figurava anche un Ecce Homo dipinto dal Merisi. Di più, secondo Terzaghi, anche la gestualità delle mani di Pilato presenta evidenti affinità con quella della figura di san Pietro Martire. Quest’ultimo affiora proprio nel dipinto della Madonna del Rosario, realizzato da Caravaggio attorno al 1605.

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Madonna del Rosario, 1605 ca., Kunsthistorisches Museum (Vienna)

Il parere degli esperti: Rossella Vodret

Dello stesso parare è anche la professoressa Rossella Vodret, tra i massimi studiosi di Caravaggio in Italia. Intervista da «Finestre sull’Arte», anche la studiosa ha puntato l’attenzione sugli aspetti tecnici e stilistici dell’opera. Ne ha quindi evidenziate le corrispondenze con altri dipinti di Caravaggio, rinnovando la sua perplessità sul dipinto di Genova. In primo luogo, dal punto di vista stilistico, Vodret ha sottolineato l’intensità del volto di Pilato che si sporge dal parapetto. Ne ha tratteggiato i legami con alcuni accorgimenti che Caravaggio è solito porre nei suoi dipinti. I

n questo caso, come in altri dipinti del pittore, lo sguardo di Pilato che si rivolge all’esterno della tela (così come quello dell’aguzzino in ombra) ha la funzione di sollecitare lo spettatore. Abbatte quindi la separazione tra la finzione interna del dipinto e la realtà esterna da cui lo spettatore osserva. Così come anche la composizione, che pone in risalto la figura del Cristo, il gioco d’ombre e i contrasti chiaroscuranti. Si aggiunge anche il panneggio del manto purpureo nella compagine di elementi stilistici propri della pittura di Caravaggio.

Una peculiarità tecnica che appartiene solo al Caravaggio

Accanto a questi aspetti stilistici però, la studiosa ha posto l’attenzione anche su alcuni accorgimenti tecnici che sembrano legare il dipinto alla mano del pittore. In particolare, secondo Vodret, anche nel dipinto di Madrid sembra di potere riscontrare la presenza di alcuni segni esecutivi che sono esclusivi della tecnica di Caravaggio. Per esempio la presenza di alcuni abbozzi in biacca (bianco di piombo) che il pittore adottò soprattutto nei dipinti a partire del 1605. Questi segni a biacca, dall’andamento a zig zag, servivano a Caravaggio per segnare sul fondale scuro della tela le aree delle composizione in cui collocare i massimi punti di luce della rappresentazione. Si tratta di accorgimenti tecnici molto originali che si riscontrano solo nelle opere di Caravaggio. 

Insomma, in attesa di studi meglio approfonditi e di una ripulitura della superficie pittorica del dipinto, l’opera presenterebbe già segni distintivi del Caravaggio. Accortezze estetiche che, ad una ricognizione molto rapida, gli studiosi avrebbero prontamente rilevato. Resterebbe quindi da condurre una ripulitura del dipinto per studiarne meglio i dettagli.

L’opera – per motivi di tutela – è stata dichiarata dal Ministero della Cultura spagnolobene di interesse culturale”. Quindi, la casa d’aste Ansorena, oltre ad aver ritirato il lotto dall’asta, deve anche comunciare al Ministero l’identità dei proprietari del quadro. Questi, a loro volta, secondo le procedure legislative, hanno l’obbligo di comunicare alla direzione della Comunità Autonoma di Madrid se hanno l’intenzione di voler restaurare l’opera. In tal caso, Madre avrebbe già individuato una équipe di studiosi del Prado che sarebbero incaricati di condurre le analisi specifiche sull’opera, oltre che il tanto agognato restauro.


 

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