Feticci magici e Curiosità antropologica

L’Europa accolse i primi oggetti africani in seguito ad una spedizione punitiva in Nigeria, nel regno di Benin. Si trattava di una grande quantità di oggetti in bronzo e alcuni in avorio dei quali si riconobbe un importante valore, ma a causa della loro provenienza vennero inizialmente accantonati. Nel 1910, l’antropologo tedesco Leo Frobenius organizzò un viaggio in Africa con il proposito di arricchire il patrimonio artistico dei musei del suo Paese con testimonianze di arte africana o negroafricana. Gli spostamenti a cui sono stati assoggettati tali oggetti di cultura materiale, sono ritenuti centrali soprattutto perché hanno permesso un’adeguata conservazione e tutale ad opere d’arte che diversamente sarebbero andate perse.

Gli studiosi riconoscono uniformemente che è molto difficile capire nel profondo il significato di un oggetto di matrice africana, poiché la tribù di appartenenza ha segreti, pratica riti e cerimonie, che solo mediante la loro conoscenza, permettono di capire ed ampliare le letture del suo contenuto; la magia è centrale per analizzare un’opera d’arte che, seppur apparentemente ha un riconoscimento iconografico semplice ed immediato, non presenta la stessa facilità nell’apprenderne il significato e l’utilizzo.

Nel mondo negroafricano la magia costituisce il modo più efficace per impadronirsi della forza degli spiriti e costringerli ad agire a proprio beneficio. In ogni tribù c’è un individuo che, in virtù di particolari doti derivatagli naturalmente o da un sapere acquisito, è in grado di governare la forza soprannaturale degli spiriti: costui è il mago o stregone della tribù. Il mago ha la capacità di esercitare le sue forze che possono avere un beneficio (magia bianca), ma anche un maleficio (magia nera). Nelle tribù congolesi di lingua bantu si scolpivano statuette particolari destinate a custodire questi oggetti magici provvisti di forza soprannaturale: i feticci.

Il termine feticcio, derivante dal portoghese feitiço e avente come significato incantesimo, ha molteplici variazioni pratiche tra cui la più nota è sicuramente la scultura-reliquario: statuette antropomorfe che, nella zona ventrale, hanno una cavità per depositarvi gli oggetti magici. Normalmente sono ricoperte con del vetro, cosicché chiunque cercasse di violare il feticcio, riflettendosi nel cristallo, avrebbe imprigionato il suo spirito nella magia dell’oggetto.

I feticci hanno una componente maligna, come quelli da chiodi, che consistono in raffigurazioni di uomini o animali che si pensa agiscano per magia simpatica: quando si desidera nuocere a qualcuno, si conficca un chiodo nella scultura e si recitano contemporaneamente formule magiche prescritte.

Esistono, inoltre, sculture-portavoce degli spiriti, che si riconoscono facilmente essendo dotate di parti mobili come la mandibola e le braccia, che all’occasione i maghi fanno muovere delle volte utilizzando dei bastoncini in legno.

Tra le produzione di arte africana molto particolari rientrano anche le statue realizzate a riprodurre l’immagine dei re per il culto degli antenati. Al loro interno troviamo la raffigurazione dei re Kuba, come quella di re Shamba Bolongongo, che regnò tra il 1600 e il 1620, o delle regine yotuba di Ife e di Benin, realizzate in bronzo o in terracotta.

L’arte africana è stata a lungo emarginata dalla considerazione degli studiosi che, forse, preferivano etichettarla come non concerne al gusto, al bello, piuttosto di addentrarsi nella complessa rete di elementi che, solo approfonditi e realmente capiti, permettono di potere accedere alla bellezza celata da materiali e soggetti semplici, ma preziosissimi!


FONTI

Storia universale dell’arte: Africa, America ed Asia; DeAgostini 1991.

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