Festival lirico: L’elisir d’amore di Donizetti inebria il pubblico cremasco

Sabato 7 luglio, nella magnifica cornice dei chiostri dell’ex-convento Sant’Agostino, a Crema, si è svolta la quarta edizione del Festival Lirico, organizzato dal Circolo delle Muse. Quest’anno il direttore artistico Giordano Formenti, ha voluto osare, proponendo un’opera inusuale, e, per di più, a lieto fine: L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti. Divisa in due atti, l’opera è andata in scena per la prima volta nel 1832, ottenendo grande successo e diventando uno degli esempi più alti di opera comica ottocentesca.

Si tratta di un melodramma giocoso, ambientato nei Paesi Baschi. Al centro della storia questo fantomatico elisir d’amore, di cui la sfuggente Adina racconta ai contadini mentre legge la storia di Tristano e Isotta. Nemorino pensa che l’unico metodo per conquistare la bella Adina sia proprio un filtro magico, perché lei non cede alle sue lusinghe. L’occasione gli si presenta quando giunge in paese Dulcamara, finto dottore e truffatore, che lo inganna spacciandogli del vino per il portentoso elisir. Nel frattempo giunge in paese il sergente Belcore, che comincia a corteggiare Adina chiedendola in moglie, ma lei si prende del tempo per valutare la proposta. Nemorino si ubriaca dell’elisir e, reso disinvolto dall’ebbrezza, nega ad Adina quelle attenzioni che lei tanto ama. Per ripicca allora decide di accettare la proposta di matrimonio del sergente.

Nel secondo atto Nemorino vuole comprare un’altra dose di elisir, ma, non avevo più soldi, si arruola nell’esercito di Belcore, da cui percepisce subito la paga. Nel frattempo fervono i preparativi per il matrimonio e Giannetta diffonde la voce secondo cui Nemorino sarebbe diventato erede di una gran somma di denaro, lasciata dallo zio defunto. Le ragazze del paese del paese iniziano a corteggiare Nemorino, il quale inizia a pensare che l’elisir stia funzionando, mentre Adina si ingelosisce. Dulcamara le rivela l’inganno che ha ordito ai danni di Nemorino e Adina capisce che davvero è innamorato di lei. I due finalmente possono stare insieme e Belcore se ne va dal paese, convinto che troverà un’altra ragazza da corteggiare.

Nell’allestimento messo in scena dal Circolo delle Muse, gli interpreti, tutti giovanissimi, hanno debuttato per la prima volta con grandissimo successo. Nataliya Stepanyak, ucraina d’origine e studentessa di canto lirico a Vienna, ha dato un’ottima prova della sua voce interpretando Adina. Nella prima scena, grazie alle mirabili scelte registiche di Formenti, la vediamo affacciata a una delle finestre che guardano il chiostro quattrocentesco, già intenta nella lettura della novella. Ancora, nel duetto Chiedi all’aura lusinghiera col talentuoso tenore Cristiano Amici, grazie anche al bel pozzo che diventa viva scenografia, il dialogo dettato dal brano risulta arricchito, efficace e coinvolgente. 

Per il severo Belcore è stato scelto un baritono spagnolo d’indubbia caratura, Elias Benito Arranz, dotato della giusta dose di spavalderia che il ruolo richiede, oltre a una spiccata vena mimica, soprattutto nei momenti di scontro con Nemorino. La parte di Giannetta, che trascina il coro e i figuranti del gruppo Teatrovare di Castelleone è stata affidata invece a Medea De Anna, soprano dalla presenza candida e vezzosa, dotata di grazia vocale e di spiccate doti mimiche. A mio avviso però, la vera star della serata è stato senza dubbio il basso Lorenzo Malagola Barbieri, che ha vestito i panni dello spumeggiante Dulcamara. Sin dalla prima apparizione, col brano Udite, udite, o rustici, è riuscito nella non semplice impresa di coinvolgere il pubblico. L’accortezza della regia di rompere la distanza tra platea e interprete risulta vincente: gli spettatori si sentono coinvolti come se fossero anche loro parte integrante della scena e l’atmosfera diventa più partecipativa. 

Apprezzata anche la scelta di utilizzare in toto il contesto dell’ex-convento, permettendo agli interpreti entrate inaspettate e allentando in questo modo la rigidità teatrale che impone l’utilizzo delle quinte. Inoltre, inaspettato l’omaggio a Crema e alla sua maschera tradizionale, attraverso il nome della locanda del paese,  Al sò uchèt. Una menzione speciale va fatta per il coro, l’orchestra e la Soncino Percussion Academy, diretti dall’impeccabile maestro Fabrizio Tallachini. Anch’essi giovanissimi, hanno saputo sostenere una partitura di indubbia difficoltà con professionalità e serietà, accompagnando e creando un’affatto scontata sinergia con gli interpreti impegnati sul palcoscenico. I costumi, infine, sono stati tutti firmati da Sabrina Rizzo, la quale sta per cominciare un percorso di perfezionamento in costumistica teatrale all’Accademia del Teatro alla Scala.

Talenti, questi, che sapranno farsi strada nel mondo dell’opera e che hanno avuto, con questa occasione unica, la possibilità di potersi mettere alla prova con professionisti del mestiere. Dal canto loro, Formenti e Tallachini sono riusciti a far emergere talento e caratteristiche peculiari di ogni interprete, creando uno spettacolo divertente, coinvolgente e ben congegnato in tutto il suo sviluppo. Bravi, bis.


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