L’amor sacro e l’amor profano: le allegorie di Tiziano

Una delle tele più famose di Tiziano, Amor Sacro e Amor Profano del 1515 è conservata alla galleria Borghese di Roma.

Stiamo parlando di un dipinto in particolare perché sono state fatte tante ipotesi e sono state date tante interpretazioni sul suo significato. Non abbiamo notizie certe: l’immagine ritrae in primo piano due donne, appoggiate a una fontana che assomiglia molto a un sarcofago, ed è proprio da quest’ultimo elemento che prendono avvio le ipotesi sulla sua storia. Nel bassorilievo della fontana è rappresentato uno stemma, simbolo di Niccolò Aurelio, il segretario del Consiglio dei Dieci; da questo primo indizio si è ipotizzata la commissione di questa tela da parte di Niccolò Aurelio a Tiziano. Il motivo della commissione sembra legato al matrimonio tra Niccolò e Laura Bagarotto, figlia del giureconsulto patavino Bertuccio Bagarotto, giustiziato nel 1509 per aver tradito la Serenissima. Realizzata a Venezia, quindi, la tela viene portata a Roma nel 1608 grazie al cardinale Scipione Borghese che compra sessanta opere dalla collezione del cardinale Paolo Emilio Sfondrato: tra queste c’è anche Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano.

Molti elementi dell’opera hanno significati simbolici: osservando il bassorilievo della fontana in marmo bianco, che, come abbiamo detto, assomiglia molto a un sarcofago romano a causa del fregio classico, si nota che la parte centrale della raffigurazione è coperta da una pianta. Nonostante questo piccolo ostacolo osserviamo tre diverse e distinte scene: la prima rappresenta due personaggi con un cavallo e questa potrebbe alludere alla Conversione di San Paolo al cristianesimo, dopo essere caduto dal destriero ed essere stato accecato da una luce; la seconda scena rappresenta due uomini che combattono e si è ipotizzato un rimando all’uccisione di Abele da parte di suo fratello Caino; nella terza scenetta troviamo due figure intorno a un albero e forse è un riferimento a Adamo ed Eva vicino all’albero della conoscenza.

Concentriamoci sulle figure femminili del dipinto: le due donne. La donna a sinistra ha un lungo abito bianco, con una manica rosso chiaro, e dei guanti: potrebbe essere sia una sposa o anche una cortigiana. L’ipotesi che la identifica nella sposa è rafforzata dal fatto che tra i capelli ha una corona di mirto, pianta sacra a Venere, simbolo di amore coniugale e per questo indossata dalle donne che si accingevano al matrimonio. A causa della lunga gonna bianca non si riesce a capire dove è seduta, proprio perché la postura delle gambe non corrisponde all’altezza della fontana. Questa donna regge con la mano sinistra un bacile: questo oggetto veniva utilizzato dopo il parto e quindi potrebbe simboleggiare un augurio di fertilità. Le varie ipotesi hanno cercato quindi di identificare questa donna o come una cortigiana, o Laura Bagarotto o addirittura in Afrodite. Per spiegare il perché potrebbe essere proprio Venere, dobbiamo introdurre la seconda donna: in maniera parallelamente opposta alla prima, questa sta seduta sul lato destro della fontana ed è nuda. Inoltre non è l’opposto della prima figura solo nella posizione, ma anche nei colori: mentre la prima indossa vestiti bianchi e solo una manica rossa, la seconda ha due drappi, uno rosso, il colore prevalente, e uno bianco.

Il mistero si infittisce: che relazione hanno tra di loro le due donne? Perché sono uguali anche nell’aspetto?

Dobbiamo a questo punto collegarci al Simposio, uno dei dialoghi di Platone. Il tema centrale di quest’opera è l’amore e vari interlocutori si susseguono portando questo tema a un’astrazione sempre maggiore: si inizia a parlare dell’amore terreno che tutti conoscono fino a introdurre il concetto di un doppio Eros. Come è noto, Eros è il figlio di Afrodite e per questo non solo potrebbe esistere un doppio Eros ma anche una doppia Afrodite: Afrodite celeste, o Urania, e Afrodite terreste. Ed ecco qua un’altra interpretazione: le due donne non solo potrebbero simboleggiare l’Amor Sacro, la donna vestita in bianco per rimandare alla purezza ma con la manica rossa per ricordare che comunque si tratta sempre di amore, e l’Amor Profano, la donna svestita che ha come colore prevalente il rosso, ma anche Afrodite celeste e Afrodite terrestre.

Un’altra ipotesi afferma invece il contrario: Afrodite celeste è la donna nuda, simbolo di bellezza, e solleva un braciere acceso, forse con l’incenso; mentre Afrodite terrena è la donna vestita. Al centro, sempre in piano, vediamo Eros che gioca con la fontana: incarna quindi un ruolo di mediazione tra l’Amore sacro e quello profano. Osservando lo sfondo, invece, si può notare una continuazione di quest’ultima ipotesi. Ci sono due diversi paesaggi: a sinistra, dietro l’Amor profano si vede un paesaggio oscuro, montuoso e una città dalla quale spunta una torre del castello. Il sentiero in salita è percorso da un cavaliere ed è stato letto come una metafora del percorso da compiere per raggiungere la virtù. Sono inoltre distinguibili, sulla collina, due conigli: possono simboleggiare la fecondità o la lussuria. Se, invece, spostiamo il nostro sguardo sulla parte destra del dipinto, troviamo un paesaggio pianeggiante in cui si intravede una chiesa: c’è quindi uno stretto legame con la religione e la sfera spirituale. Inoltre, troviamo due uomini a cavallo che con l’aiuto di un cane inseguono una lepre, un pastore e il suo gregge e una coppia di amanti seduta sul prato: un paesaggio, quindi, prettamente bucolico. Rimane comunque un dipinto di straordinaria bellezza in tutte le sue ipotesi: sia che rappresenti le due Afrodite, sia che raffiguri una sposa e Afrodite, sia che simboleggi la storia tra Niccolò e Laura Bagarotto o che esprima l’allegoria dell’innocenza del padre di Laura.

 



 

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