Il teatro all’epoca di Shakespeare

Il teatro di Shakespeare si differenziava sotto diversi aspetti rispetto a quello del mondo contemporaneo: ad esempio le tragedie venivano considerate opere più elevate rispetto alle commedie, mentre attualmente siamo in grado di apprezzare anche il valore di opere dal contenuto più basso. Anche la poesia veniva considerata superiore alla prosa: quest’ultima infatti sembrava più facile da scrivere e da comprendere, non aveva regole fisse da seguire (come quelle metriche), non era irrigidita in uno schema tradizionale e generalmente trattava argomenti volgari, quotidiani.  In fondo, continua anche oggi ad essere diffuso il pregiudizio che la poesia sia per persone colte e la prosa per lettori meno istruiti. Il canone classico divide la tragedia dalla commedia che in Shakespeare, in realtà, si uniscono nella tragicommedia, una forma teatrale consapevole del fatto che nella vita come nella finzione possano verificarsi sia avvenimenti tristi sia eventi comici. Il teatro tende a rappresentare l’esistenza come luogo delle contraddizioni, ma anche la vita stessa è finzione e illusione, proprio come il teatro.

Shakespeare faceva uso del blank verse, vale a dire del pentametro giambico, che nelle nostre traduzioni in italiano non riusciamo mai ad apprezzare fino in fondo. La metrica era molto stretta nel blank verse, il ritmo serrato. Si faceva inoltre scarso uso delle rime.

Shakespeare visse a cavallo tra il XVI secolo e il XVII secolo, in pieno Rinascimento inglese, tardivo rispetto a quello italiano. In questo periodo nacque la New philosophy: venivano tradotti testi greci e latini, anche se non dagli originali, ed emergevano nuove opere tecnico-scientifiche come quelle di Francis Bacon, la cui teoria si basava sul metodo scientifico, sull’osservazione empirica e sulla deduzione anziché sulla teologia. Venivano creati nuovi strumenti e tecniche ed era in corso il periodo delle grandi esplorazioni. I valori del passato vennero rivisitati facendo così emergere la figura del condottiero, del grande individuo della storia portatore di innovazione e verità e viene meno l’ideologia della provvidenza. Era il periodo della dinastia dei Tudor, garante della nuova riforma. Giacomo I fece tradurre la Bibbia, rendendola testo fondamentale dello stato inglese: l’Authorized version non fu la prima traduzione, ma era quella ufficiale. Era un periodo di conflitti irrisolti tra vecchi e nuovi valori: da una versione chiusa e cristiana ci si avvicinava a una più laica e machiavellica, basata su meccanismi di astuzia e di potere. Figura molto importante nelle opere di Shakespeare era il re, che aveva una doppia caratterizzazione: per un certo verso era sacro, gli erano attribuiti persino poteri taumaturgici; dall’altro poteva commettere violenze ed errori.

In Italia il teatro era chiuso nelle grandi corti, in Inghilterra invece era allestito in strutture pubbliche da compagnie professioniste salariate, protette dal re. Non tutti tuttavia amavano il teatro: i dissenters, gruppi di protestanti estremisti, sostenevano che il teatro fosse luogo di corruzione e sovversione morale.

A teatro recitavano solamente uomini, interpretando anche parti femminili secondo una regola etico-sociale accettata da tutti in quanto la donna doveva occuparsi solamente della casa e dei figli. Per questo motivo però il teatro non era realistico e lo spettatore era molto più consapevole del suo carattere artificiale e illusorio rispetto ad oggi. Il pubblico era londinese e popolare, ma non basso, infatti assistevano alle rappresentazioni per lo più artigiani, marinai, mercanti, membri della piccola-media borghesia.

Bisogna tenere presente che all’epoca non esistevano strumenti di amplificazione, pertanto la voce era l’unico ausilio per raggiungere l’ultima fila e ciò comportava che gli attori dovevano avere una discreta forza fisica. Gli spettacoli si tenevano in luoghi aperti, raggiungibili dalla massa, dove si assisteva all’opera in piedi. Potevano verificarsi delle rappresentazioni riservate a personaggi più eminenti in luoghi chiusi. Il Teatro del Bardo era il celeberrimo Globe, che purtroppo fu distrutto dal Great Fire del 1666. Il pubblico si disponeva su tre lati rispetto al palcoscenico e non esistevano intervalli, né alcuna suddivisione tra atti e scene. I ruoli non erano fissi: Shakespeare per esempio forniva i testi, era il regista e proprietario della compagnia. La musica e il canto erano molto ricorrenti nelle rappresentazioni e la prosa non era codificata da regole: si introducevano anche scene colloquiali, personaggi minori e momenti comici. La messa in scena era povera in quanto si trattava di teatro orale anziché di azione, inoltre, era difficile realizzare una scenografia adatta ad un palco osservato da tre punti di vista. I costumi erano molto importanti, soprattutto perché gli uomini dovevano sembrare donne. La rappresentazione era solitamente preceduta da un’operetta di carattere comico chiamata gig. Si trattava di opere grottesche, buffe, in cui recitavano dei clown. Anche nelle opere tragiche si inserivano dei siparietti comici, come per esempio la scena dell’ubriacone nel Macbeth. Intorno al luogo fisico del teatro si svolgevano altre fonti di intrattenimento più basse e volgari come il gioco dell’orso: un orso veniva legato a un palo in modo da consentirgli di camminare solo in cerchio intorno ad esso, ma con le zampe libere, e gli venivano aizzati contro dei cani in modo da poter scommettere sul vincitore del combattimento.

Secondo Aristotele tre erano i principi per scrivere un’opera teatrale: unità di azione (l’opera deve avere uno sviluppo coerente), unità di tempo (il tempo dell’azione deve essere circoscritto, dodici o ventiquattro ore massimo in modo tale che tempo dell’azione e tempo della rappresentazione coincidessero), unità di luogo (che deve essere unico). Shakespeare rispettò solo l’unità d’azione, infatti, senza varietà di luogo non avrebbe potuto trasportare l’azione in luoghi lontani e senza quella di tempo non avrebbe potuto diluire gli eventi negli anni, analizzando la crescita dei personaggi.

Non ci sono pervenuti manoscritti di Shakespeare, solo firme, probabilmente perché la carta al tempo era un materiale prezioso, deperibile e riciclato di continuo. Le opere erano scritte per essere messe in scena, non interessava la pubblicazione; i testi venivano diffusi solo dopo la rappresentazione. Le varie messe in scena sono testimoniate dagli Accounts of the master of revels, registri in cui venivano annotate le opere rappresentate. Gli stampatori volevano sfruttare la fortuna delle opere perciò, quando le opere diventavano famose, cominciavano a pubblicarle anche senza il nome dell’autore. Shakespeare e gli autori in generale non avevano a che fare con la pubblicazione e gli stampatori, per ricostruire il testo, si servivano degli attori o dei ripetitori, per questo si parla di “inquarti pirata”. Il testo teatrale poteva essere modificato dallo stesso autore per essere ridotto o tagliato per un pubblico di provincia. Nel ‘700 si cominciò a ricostruire le versioni originali secondo indizi filologici e linguistici, ma per molti anni si è ritenuto che le scene grottesche o a fini sessuali non fossero state scritte da Shakespeare perché ritenute immorali.

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