STORIA DI UN’AMICA

Era partita. Chissà per quale motivo. Un motivo oscuro, ambiguo, oppure, persino inesistente. Forse era stato l’amore a guidarla in quella magnifica città per cui tutti i giovani sulla faccia della Terra avrebbero perso la testa.

È proprio così. Londra è veramente magnifica: la Tower of London – così sfarzosa immersa nell’oro e nei diamanti, nei gioielli più prestigiosi della corona. Il London Eye forse non troppo adeguato per i frettolosi oppure per coloro che soffrono l’altezza, ma è ottima la vista che si gode da quell’enorme ruota panoramica. Primrose Hill, il Big Ben, Abbazia di Westminster, Buckingham Palace, Tower Bridge, National Gallery, Hyde Park, Green Park, Tate Modern, Borough Market, Piccadilly Circus, Trafalgar Square, Oxford Street, Harrods e… ancora, ancora e per un’ultima volta ancora.

Semplicemente partiva. La vita le aveva offerto questa grandiosa opportunità e lei, giustamente, aveva accettato. Avrebbe iniziato un’avventura e questo era estremamente euforizzante.

E così se ne andò. Da quel momento, riposarsi su una poltrona ad alta quota e con i piedi a 10.000 metri sarebbe stato quasi famigliare. Partì senza farsi troppe domande – si sa – quelle ti fanno sprofondare nell’abisso più oscuro e a stento si riesce a riemergere. Partì senza sapere la lingua ma neanche quello la spaventò. L’ignoto non era un problema – non lo era mai stato – l’avrebbe scoperto, l’avrebbe osservato e dopo anni l’avrebbe chiamato “casa”.

Intraprese il primo lavoro con quei piccoli pargoletti talvolta troppo ingestibili. Lavorare con i bambini, era questo il suo grande desiderio.

Rideva molto e si divertiva a giocare insieme a loro. Non doveva sforzarsi ad essere troppo grande e, così, poteva tranquillamente esternare quella parte fanciullesca che era in lei.

E quando prendeva l’aereo per tornare da noi, quelli erano i momenti migliori. Per i tre anni successivi, quei brevi intervalli di tempo erano l’unica cosa che ci rimaneva, senza contare le mie “fughe romantiche” per raggiungerla.

Sono convinta che ancora oggi quell’avventura rimanga la più bella della sua vita. Credo che l’abbia aiutata a capire i suoi limiti – la soglia oltre la quale non può andare – sicuramente ha imparato la lingua più diffusa al mondo e ha conosciuto persone dalle quali ha saputo estrapolare qualcosa per portarla sempre con sé. Penso che ogni persona possa donare qualcosa, dobbiamo solo essere in grado di cogliere questo meraviglioso dono, proteggerlo dai mali del mondo e conservarlo per poterlo utilizzare nei momenti più opportuni. Questa è la mia fede. Questo è quello in cui credo.

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