Da sempre nel mondo occidentale si considera la religione islamica come profondamente misogina e poco attenta ai diritti femminili. Tuttavia, nonostante le notizie di cronaca non siano sempre positive, è sbagliato pensare che le donne islamiche siano sottomesse al loro credo e che, a differenza di noi occidentali, non abbiano mai combattuto per far valere i loro diritti. Storicamente infatti, ci sono state molte militanti che hanno lottato per i diritti delle donne. Dunque è possibile, oltre che doveroso, parlare di femminismo islamico.
Breve storia del femminismo islamico
I primi movimenti femministi nel mondo arabo fanno la loro comparsa alla fine dell’800 con il movimento della Nahdah, composta da intellettuali che ritenevano l’emancipazione femminile uno dei capisaldi per la modernizzazione delle società arabe.
Il movimento moderno del femminismo islamico è iniziato nel XIX secolo. La poetessa iraniana Táhirih è stata la prima donna moderna a intraprendere l’esegesi coranica, ovvero l’interpretazione critica del testo sacro al fine di comprenderne meglio il suo significato. Nonostante le sue origini musulmane, è diventata un membro di spicco della fede Bábí, una religione autonoma staccata da quella islamica e che riconosce il Corano ma non la Shariʿah. Questa coraggiosa poetessa ha rifiutato la poligamia, l’obbligo di portare il velo e ha lottato con coraggio per i diritti delle donne. Il governo, tuttavia, ha deciso di giustiziarla. Secondo la tradizione, prima di morire ha pronunciato con coraggio la seguente frase: Potete uccidermi quando volete, ma non potete fermare l’emancipazione delle donne.
Una figura di spicco nella lotta all’emancipazione femminile è anche quella dell’avvocato ed intellettuale egiziano Qasim Amin, autore del testo Tharir al-mar’a, La liberazione della donna, considerato ancora oggi il primo grande scritto femminista del mondo arabo. Secondo le sue argomentazioni, l’istruzione femminile era fondamentale in quanto era necessario che anche le donne contribuissero alla vita pubblica e privata dello Stato. Per Amin era fondamentale l‘abolizione del velo, visto come ostacolo all’emancipazione femminile e quindi allo sviluppo del Paese. Numerose femministe islamiche, tuttavia, hanno mosso pesanti accuse nei confronti del giurista, reo, secondo loro, di preoccuparsi più del progresso nazionale che della condizione della donna.
Negli ultimi anni, il dibattito sul femminismo islamico è diventato più acceso e di portata internazionale soprattutto grazie al proliferare dei social media. Nel 2005 una donna afroamericana convertitasi all’Islam, Amina Wadud, ha destato scandalo guidando la preghiera del venerdì in una chiesa anglicana di New York dinanzi ad alcuni fedeli di ambo i sessi. Secondo la tradizione, infatti, alle donne è consentito guidare la preghiera di altre donne ma mai di gruppi misti o di soli uomini. Ad oggi, Amina è considerata una delle figure di maggior spicco del femminismo musulmano moderno e il suo gesto è stato seguito, mesi dopo, da un’altra attivista, Asra Nomani. Inoltre la donna, giornalista, scrittrice e attivista indiana, ha anche raccontato in uno dei suoi saggi, Standing Alone in Mecca, la sua storia di madre non sposata ed abbandonata dal padre del suo bambino, e della sua visita alla Mecca da sola al fine di riconnettersi alla sua religione.
Questi sono solo alcuni dei numerosi tentativi che le donne musulmane hanno compiuto per cercare di poter vivere liberamente non solo la loro vita ma anche il loro credo, e quindi anche di scegliere se portare o meno il velo. A testimonianza di come le lotte femministe non abbiano confini territoriali.
- Pepicelli R., Il femminismo islamico: Corano diritti riforme, Carocci Editore, Roma, 2012;
- Altervista.org
- Pasionaria.it
- Ilmanifesto.it