Il prossimo tuo come te stesso: “A me puoi dirlo”

A me puoi dirlo, terzo romanzo della giovane autrice Catherine Lacey, proposto in anteprima mondiale da Edizioni SUR, a meaffronta le problematiche morali della società americana con una narrazione al tempo stesso atmosferica, perturbante e fortemente provocatoria.

Il romanzo si svolge nell’arco di una settimana e segue la vicenda di un personaggio senza storia e senza nome, che viene ritrovato una domenica mattina all’interno di una chiesa di un villaggio di provincia del sud degli Stati Uniti e accolto da una famiglia cattolica. Panca — così viene soprannominato dal reverendo del paese — è un individuo che sfugge a ogni tentativo di categorizzazione da parte degli altri. Pur comprendendo l’inglese, non risponde infatti ad alcuna domanda o richiesta di spiegazioni, opponendo una silenziosa ma tenace resistenza, ed è caratterizzato da uno statuto di ambiguità in ogni suo aspetto.

Al reverendo, se ce l’avessi fatta a parlare, avrei potuto dire soltanto che ero un essere umano proprio come lui, mi mancavano solo certe cose che lui a quanto pare riteneva indispensabili – un passato, un ricordo del mio passato, un’origine – ma io non avevo niente di tutto ciò. Sentivo di non essere un caso isolato, che dovevano essercene stati altri, che facevo parte di un «noi», solo che non sapevo dove fossero quegli altri. Nessuno di noi era completamente solo, neanche io. Forse ci stavamo tutti cercando senza saperlo.

Non ci è dato sapere il genere di Panca, né la sua etnia o la sua provenienza. Panca è una rappresentazione metaforica dell’essere umano in ogni sua potenzialità, la cui indefinitezza si scontra con il bisogno umano di conoscere ciò che è altro da sé mediante categorie prestabilite. La benevola accoglienza della famiglia di Hilda e Steven si trasforma molto presto in un crescendo di irritazione e sospetto verso qualcuno che è impossibile incasellare, definire con precisione.

Panca diventa così oggetto di discussioni da parte dell’intero villaggio, che inizia a speculare su chi in realtà sia e, di conseguenza, come debba essere trattato. Hilda ha accolto in casa un ragazzo o una ragazza? Un rifugiato, un perseguitato, una vittima oppure un carnefice? È così importante per la sicurezza pubblica violare la privacy di una persona evidentemente traumatizzata? Anche i pregiudizi razziali giocano un ruolo importante in A me puoi dirlo, soprattutto come parte del retaggio culturale degli Stati del sud.

Gli abitanti della cittadina si presentano a uno a uno a Panca, ma gran parte delle conversazioni si trasforma in una serie di monologhi in cui ognuno rivela dettagli e avvenimenti della propria vita, mentre Panca osserva silenziosamente le dinamiche sociali che si palesano davanti ai suoi occhi. Alla ricerca compulsiva di etichette e giustificazioni della morale americana cattolica, ormai dimentica del detto “ama il prossimo tuo come te stesso” e tesa ad amare il prossimo solo se simile a te stesso, si contrappone l’introspezione di Panca, che beneficia della sua condizione di amnesia per sognare un mondo diverso, in cui non sono i corpi o le storie a determinare i rapporti personali.

Le uniche persone con cui Panca interloquisce, dando sporadiche risposte su di sé, sono membri di altre famiglie accomunati da uno statuto di diversità rispetto agli standard locali: Nelson, un rifugiato, e Annie, adolescente ribelle e insofferente. Nel trattamento riservato a loro due, così come a Panca, da parte della comunità emergono in nuce le contraddizioni di un’intera mentalità: l’accoglienza che diventa una performance più che un atto caritatevole, le dinamiche di repressione all’interno del contesto famigliare, l’insieme di pregiudizi che hanno corrotto l’istituzione religiosa e i fedeli.

La mia intera famiglia è stata uccisa in nome di Dio e questi ora vogliono farmi cantare gli inni come se fosse tutto una specie di malinteso. Colpa di un altro tizio. […]

Non sono mica scemo come pensano. Io li ho letti i libri di storia, la loro Bibbia. Sta tutto scritto lì dentro. Sospese la partita all’improvviso, si tirò indietro, la sua testa pareva allentata sul collo. Fai bene a non dirgli niente. Loro capiscono quello che gli pare. Più cose gli racconti, più loro le usano contro di te. Magari mi starebbero un po’ meno addosso se pensassero che sono muto.

Il paese che ha accolto Panca si sta preparando, nella settimana in cui è ambientato il romanzo, a una celebrazione rituale denominata “Festival del Perdono“, il cui svolgimento non è mai inquadrato dall’autrice in modo diretto. L’ultima parte di A me puoi dirlo si legge come un omaggio a un classico della suspense, La lotteria di Shirley Jackson. Il Festival del Perdono è il modo in cui la comunità crede di assolvere i propri peccati, creando paradossalmente un clima che nei giorni precedenti è contraddistinto dal sospetto verso il prossimo, perché d’altronde, come ammette Steven ignaro di sottoporsi così a un’autocritica, alla fine tutti vedono le colpe degli altri e mai le proprie.


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