La musica ha sempre accompagnato la mia vita, sin da piccolo. Mia mamma suona il clarinetto e da piccolo il mio obiettivo e sogno era quello di suonare con lei e come lei. Alla fine, anche dietro suo consiglio, la scelta è stata diversa, ma comunque suono e la musica ha condizionato anche qualche mia amicizia. Ecco allora che un evento come quello del Nabucco, diretto da Riccardo Muti in Fondazione Prada a Milano, non mi ha lasciato indifferente e con un amico, anche lui musicista (più titolato di me grazie al suo diploma), ho voluto partecipare.
Devo dire che in questo contesto ho sperimentato l’efficacia della pubblicità e quindi mi sento anche un poco in dovere di fare dei complimenti a Fondazione Prada, che ha tappezzato saggiamente la città con i manifesti dell’evento, riempiendo la sala in tutti i diversi giorni di appuntamento.
Dico questo perché l’evento proposto da Muti è già alla sua settima edizione eppure appare così vivo da sembrare il primo appuntamento di una (ancora) lunga serie (si spera).
La Italian Opera Academy
Che cos’è, cos’è stato e cosa sarà questo appuntamento?
Alla base di questo particolare appuntamento, spalmato tra il 4 e l’11 dicembre con le giornate di prove (di orchestra, coro, solisti) e i giorni 14 e 15 dicembre con i concerti, sta l’esperienza dell’Italian Opera Academy. Si tratta di un progetto che lo stesso maestro ha promosso a partire dal 2015, attraverso il quale vuole insegnare ai giovani musicisti ciò che nella sua esperienza di studio e poi nella sua carriera ha imparato e appreso dai suoi maestri, “lungo una linea ideale che lo collega a Giuseppe Verdi, attraverso Arturo Toscanini e al proprio maestro Antonino Votto”.
È propriamente un progetto di formazione rivolto a giovani direttori d’orchestra e maestri collaboratori al pianoforte (tra i 18 e i 35 anni), aperto a tutte e tutti i diplomati del mondo con un bando periodicamente presentato sul sito dell’Academy stessa.
Ogni anno Muti sceglie quindi il titolo di un’opera italiana, seleziona poi le candidature di musicisti diplomati in Italia o all’estero in Direzione d’Orchestra o Pianoforte e intraprende un percorso costituito da prove di sala con cantanti, prove di lettura, prove comuni di orchestra, cantanti e coro, che diventano dei piccoli spettacoli davvero emozionanti e da un lato divertenti, grazie alla presenza in scena dell’istrionico maestro.
Una cultura immensa che lascia a bocca aperta
Prezzo accessibilissimo per gli under-26 (15€, ma anche i biglietti standard non superano i 50€) ed esperienza divertente, arricchente, interessante. Quando il maestro Muti entra nella sala, dall’entrata dalla quale siamo passati anche noi, siamo già seduti da una ventina di minuti, ma siamo arrivati in anticipo per gustarci un po’ la Fondazione Prada e sbirciare gli spartiti di qualche giovane musicista dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini (altro progetto fondato da Muti nel 2004).
Partono gli applausi e lui ringrazia, poi sale sul palco e prende posto su una sedie girevole appositamente posta per lui, di fronte al suo leggio con partitura e appunti. Chiama immediatamente uno dei ragazzi della sua Academy, Cristian Spataru, 28 anni, romeno dall’italiano abbastanza fluente. Il ragazzo si alza dalla platea, sale sul podio e ci immergiamo immediatamente nel III atto del Nabucco. Tempo due battute e “il sommo” alza la mano, tutti immediatamente si fermano e lui, con molta gentilezza, interrompe per un piccolo commento:
Ecco, vedi (rivolgendosi a Spataru), qui seguiamo una versione che presenta un mi naturale, ma io proporrei un fa diesis, che si trova in un’altra edizione più vicina all’originale manoscritto. Qui gli Assiri sono presi in giro da Verdi e questo fa diesis darebbe più l’idea di ironia.
È la cultura immensa che il direttore, e l’uomo soprattutto, possiede, lo studio che fa su ogni singola battuta di un’opera, che stupisce, lascia a bocca aperta. Saranno tanti altri gli interventi che coroneranno la mattinata di prove (tra le 10:30 e le 13), tutti orientati a una massima che Muti esprime poco dopo l’inizio delle prove:
Io vi spiego queste cose perché noi direttori dobbiamo, insieme ai registi, fare in modo che tutti questi significati che Verdi cerca di dare con la sua musica si facciano concreti nelle immagini sulla scena. Nessuna nota e nessuna parola è messa a caso in un’opera come questa, per questo motivo con il suono, con il canto, dobbiamo dare rilievo ai significati.
Il Nabucco di Verdi e il patriottismo di Muti
Il Nabucco di Giuseppe Verdi è stato la mia prima opera come direttore musicale del Teatro alla Scala, era il 7 dicembre e la rappresentazione stava andando avanti con un normale successo. Quando arrivai al momento del Va’, pensiero, mi ricordo che si creò in sala una tensione particolarissima, unica. Ebbi la chiara sensazione che Milano ritrovasse sé stessa. Nabucco, infatti, è l’opera di Milano, è rimasta l’opera di una Milano del Risorgimento che ha portato all’Unità d’Italia, ed è un’opera che appartiene profondamente agli italiani… Quando finimmo il Va’, pensiero, l’urlo del pubblico fu una delle cose indimenticabili della mia vita.
C’è tempo anche per il Va’ pensiero, che pure non è nel terzo atto. Prima sale alla direzione Elinor Rufeizen, israeliana che parla un perfetto inglese, ma purtroppo si perde le battute di Muti in mezzo italiano e mezzo napoletano “Vedete, esiste una chiara differenza tra i Paesi del nord Europa e del Mediterraneo, questo emerge anche in musica. Noi siamo quelli passionali, quelli dell’olio d’oliva, loro invece quelli del grasso e della sugna”.
Poi possiamo assistere anche al canto, infatti il maestro si diletta a sostituire la voce di alcuni solisti per spiegare la maniera in cui dovranno essere pronunciate determinate parole e quando più puntualmente dovranno essere gli ingressi. Quindi il Va’ pensiero alla guida di Giuseppe Famularo, trentenne siciliano, che il maestro ha già preso in simpatia: “Ancora il siciliano? Ma tu non l’hai già diretto ieri? Va be’, dai, abbiamo otto minuti, nemmeno una pausa”.
È un percorso in cui traspare il grande patriottismo di Muti che, come anche lui chiarisce, “non è nazionalismo, non è pensare che noi siamo meglio”, ma ribadire quale fortuna e ricchezza abbiamo, anche e soprattutto nell’ambito della cultura, anche se non ce ne rendiamo conto. Così ecco anche la storia dell’arco francese o tedesco del contrabbasso, “ma in realtà sono entrambi invenzione di un italiano, ma nessuno ha mai pensato fosse necessario rivendicarlo. È così però che rischiamo di perdere la nostra ricchezza culturale”.
Il contesto: Fondazione Prada
Il contesto è particolare: Fondazione Prada. Un’opera d’arte contemporanea che lo studio OMA di Rem Koolhaas e Wes Anderson (per il bar Luce) hanno sapientemente inserito in un contesto che è totalmente urbano. La torre della Fondazione, in particolare, si staglia come un punto di luce improvviso nella larga ma costretta via Lorenzini, che la costeggia.
Fondazione Prada è peraltro un caso celebre di mecenatismo contemporaneo. Ne abbiamo parlato anche qui, approfondendo la figura di Miuccia Prada. Ma l’attenzione ai dettagli dell’evento, del luogo, dell’organizzazione già ci aveva mostrato, appena entrati, quella disposizione d’animo che sicuramente Miuccia ha contribuito a impostare nel grande progetto che la Fondazione rappresenta.
Conoscere le Opere: le prove d’orchestra
Un’occasione che abbiamo voluto cogliere e che ci ha ripagato più di quanto ci saremmo aspettati: totalmente soddisfatti. Ed ecco la riflessione che è nata in noi: per godersi un momento di rilassamento musicale è ovviamente approvata una serata a teatro, per ascoltare le arie d’opera, ma per conoscere un’opera, per scoprirne i segreti e per scoprire l’anima dei direttori d’orchestra, non potremo più fare a meno di saltare le prove, e le occasioni sono più di una. A partire dalla Scala fino ai teatri di provincia (che hanno grandissima dignità) sono diverse le possibilità nelle quali, per un prezzo accessibile (difficilmente più di 25/30€), si può assistere alle prove di grandi opere e rimanere ancora più affascinati dai dettagli di quanto non capiti nelle sfarzose messinscene che più conosciamo.
P.S. Un maestro… di umanità
Colti i successi a Milano, Muti si è spostato a Ravenna per una rassegna di concerti previsti alla Sagra Musicale Malatestiana e al Ravenna Festival, ma all’improvviso è arrivata la notizia di suoi problemi di salute: una forma di polmonite non da CoVid-19, come specificato dal suo ufficio stampa.
Ecco allora dove sta l’umanità del maestro: richiamare i giovani dell’Academy e chiedere a loro di partecipare al suo posto alla direzione della Luigi Cherubini per i concerti. Dicono bene i rappresentanti del comune di Ravenna “Un gesto bellissimo che trasforma una situazione delicata in un’opportunità positiva per fare crescere e valorizzare le giovani generazioni di artisti”. E aggiungerei, per far crescere donne e uomini caratterizzati da quella umiltà che Muti dimostra di avere, nonostante il ruolo rilevante che ricopre nelle diverse orchestre e nell’immaginario musicale.
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