Il cinema è spesso un terreno fertile per esplorare temi filosofici e spirituali complessi, incluso il concetto della figura del padre-Dio. Attraverso film come “The Truman Show” e “Ex Machina“, possiamo esaminare come questa figura sia rappresentata e interpretata nei contesti della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale.
The Truman Show: il Padre-Dio Tiranno
“The Truman Show” (1998), diretto da Peter Weir, è un film che mette in discussione la natura della realtà e il concetto di libero arbitrio. La trama segue Truman Burbank (interpretato da Jim Carrey), un uomo che vive in una piccola città dove la vita sembra scorrere serena e senza alcun problema. Le persone sono tutte sorridenti, ognuno ha una macchina e una casa. In poche parole, il sogno americano realizzato. Quello che Truman non sa, è che la sua vita è una menzogna: gli amici, i passanti e perfino sua moglie Meryl, sono attori e l’intero mondo in cui vive è in realtà un set televisivo. La sua esistenza è un reality show trasmesso in diretta a milioni di spettatori senza che lui lo sappia. Dopo aver preso consapevolezza della sua condizione, farà di tutto per scappare.
Il creatore del programma è Christof (interpretato da Ed Harris). Egli sta alla regia del reality e controlla quindi ogni aspetto della vita di Truman. Come suggerisce il nome, si tratta della rappresentazione di una figura onnipotente e paternalistica, nonché un Dio malvagio e senza scrupoli. Christof tiene infatti imprigionato il protagonista unicamente per il suo piacere narcisistico. Si pone come un individuo umile e interessato al benessere di Truman, ma tutto ciò non è che una facciata, poiché l’unico interesse del regista è portare a termine il suo sadico esperimento: un reality show “ultrareale” in cui il pubblico può vedere le reazioni e i sentimenti dell’inconsapevole protagonista, annullando di fatto la sua privacy. In pratica, gli stati d’animo di Truman diventano merce di consumo. In questo senso, il film è anche una pungente critica a certi programmi televisivi.
Christof può essere considerato padre e Dio, poiché creatore di Truman e del mondo in cui il protagonista si muove. Ma per l’appunto, un Dio non buono, del tutto simile a un dittatore. Egli si sente un genio portatore di una “scintilla divina”, per questo si considera in diritto di comportarsi in modo spregiudicato. La lotta di Truman per la libertà e l’autonomia rappresenta una ribellione contro questa figura divina oppressiva, mentre la sua ricerca della verità simboleggia la ricerca spirituale di significato e scopo nella vita.
Anziché restare nella gabbia dorata creata da Christof, il nostro protagonista decide di scappare e di scontrarsi con l’imperfetta realtà esterna. Egli fugge da questo “giardino dell’Eden”, ma di sua spontanea volontà. Lui sceglie, parola fondamentale che fa la differenza tra un uomo e uno schiavo. Emblematico è il nome dell’eroe: “Truman”, che suona esattamente “true man”. In inglese, “true” significa vero e “man” significa uomo. Il protagonista è infatti l’unico uomo vero, con sensazioni vere, in quel paradiso patinato e falso creato da un tiranno.
Ex Machina: Lo Scienziato-Creatore
“Ex Machina” (2014), diretto da Alex Garland, è un thriller psicologico che esplora il concetto di intelligenza artificiale e la relazione tra l’uomo e la macchina. La trama segue Caleb (interpretato da Domhnall Gleeson), un programmatore informatico che ottiene la possibilità di passare una settimana con Nathan (interpretato da Oscar Isaac), l’amministratore delegato della società per cui lavora. La casa di Nathan è in realtà un laboratorio di ricerca ed egli ha costruito un androide di nome Ava (interpretata da Alicia Vikander). Il compito di Caleb sarà testare il robot per capire se è intelligente e provvisto di coscienza.
Col passare dei giorni, il protagonista inizia a tollerare sempre meno il geniale inventore, ritenendolo un narcisista pieno di sé. Ha inoltre l’abitudine di trattare male sia Ava che un altro androide, la cameriera Kyoko. Allo stesso tempo, Caleb comincia a provare attrazione verso Ava e lei sembra ricambiarlo. A un certo punto la robot rivela al giovane programmatore di voler fuggire dal laboratorio. Lui farà di tutto per aiutarla, ma saranno ostacolati da Nathan, che vuole disporre come vuole degli androidi e continuare le sue sperimentazioni.
Nathan può essere interpretato come una figura simile a un padre-Dio, ma forse la vicina categoria di “scienziato-creatore” calzerebbe meglio in questo caso. Egli ha creato le creature artificiali a sua immagine e somiglianza, e le controlla. Nathan, il cui nome ha origine biblica e significa “colui che dà”, ha infatti dato la vita agli androidi presenti nel laboratorio e, in virtù di questo, si rende uguale a Dio.
Ma, come Christof, si tratta di un Dio despota e narcisista: infatti esercita un controllo oppressivo e manipolativo su Ava e gli altri androidi. Creando nuovi individui artificiali, è come se si facesse Padre di una nuova specie perfetta. Egli ha una sete di conoscenza inesauribile ed è spinto da un delirio di onnipotenza che potrebbe portare il mondo verso lidi oscuri e pericolosi. Il film pone quindi una domanda allo spettatore: ci si chiede se, in nome della scienza, certi limiti non andrebbero superati.
La ribellione di Ava contro il suo creatore rappresenta una sfida al potere divino e una ricerca di autonomia e libertà. Come in Truman Show, in realtà al padre-Dio non importa nulla della sua creatura. Nonostante Ava dimostri una natura e delle sensazioni umane, Nathan vorrebbe cancellarle la memoria e persistere a oltranza con i suoi esperimenti. E sempre come Truman, Ava decide di sua spontanea volontà di attuare una fuga. Alla fine possiamo vedere come l’androide sia perfettamente capace di un comportamento autonomo poiché non si cura di Caleb e procede verso il suo obiettivo, la libertà. Possiamo supporre che la sua attrazione verso il programmatore fosse solo simulata, in virtù del suo essere una macchina; oppure possiamo pensare che abbia interiorizzato la natura umana a tutti gli effetti, visto che l’inganno è connaturato negli uomini. La pellicola lascia questa ambiguità.
Ava, il cui nome ricorda Eva, la prima donna creata da Dio, scappa dal Giardino dell’Eden rappresentato dal laboratorio e, in certo senso, si emancipa. Si tratta dell’emancipazione di un androide verso il suo creatore, ma possiamo vederci anche un significato femminista: infatti tutti i robot nel film sono donne e nella fuga Ava si ricopre con la pelle delle altre androidi, come per omaggiarle della libertà da sempre sognata. Quindi la pellicola affronta anche il discorso dell’autodeterminazione femminile, molto attuale nel mondo di oggi.
Nei due film analizzati la figura del padre-Dio è rappresentata in modi prevalentemente diversi, ma sono presenti anche dei punti di contatto. Entrambe le interpretazioni sollevano infatti domande importanti sulla natura del potere, del controllo e della libertà. Attraverso le vicende dei protagonisti, ci viene chiesto di riflettere sul significato dell’esistenza umana e sull’eterna ricerca di autonomia e significato.
FONTI
https://www.questionecivile.it
IMMAGINE