Nel panorama musicale ci sono sempre state delle figure controverse. Da una parte amati, apprezzati e con un seguito di fan sorprendente, questi artisti si sono spesso dovuti confrontare con una serie di critiche non sempre spiegabili. Il loro successo non può essere messo in discussione: tutti conoscono almeno una decina delle loro canzoni eppure non godono di una buona reputazione all’unanimità. Se dovessimo fare un esempio in questo senso tra i cantautori italiani, non si potrebbe escludere il nome di Claudio Baglioni.
L’artista dei paradossi
Classe 1951, l’artista romano segna la storia della musica nazionale da più di mezzo secolo. Nel corso della sua carriera si è ritrovato a fronteggiare oppositori di tutti i tipi. Tra questi, spiccano coloro che per anni l’hanno definito – e talvolta continuano a farlo – Agonia, per i suoi brani particolarmente melanconici. Quando nel 2017 esce la notizia di Baglioni come direttore artistico del Festival di Sanremo dell’anno successivo sui social esplodono battute di vario genere (e non sempre di buon gusto). Poi, però, arrivano i giorni sanremesi e Claudio conduce un’edizione record di ascolti che fa cantare chiunque davanti alla TV. Certo, non tutti l’hanno ammesso, ma ci accontentiamo.
La vicenda del Festival più celebre d’Italia rappresenta uno dei tanti esempi che si potrebbero fare su Claudio Baglioni come cantautore del paradosso. Un artista in grado di riempire per più sere a ripetizione palazzetti e stadi il cui nome continua a fare storcere il naso. Il suo percorso è caratterizzato da situazioni di questo tipo. Tuttavia, c’è stato un momento all’interno della sua carriera dove sembrava che nessuno avesse più nulla da ridire. Bisogna tornare indietro negli anni Novanta, quando un Baglioni ormai più che quarantenne decide di mostrare a tutti il suo talento e lo fa con una scelta ben poco mainstream. Si tratta di una trilogia di album unica nel suo genere per produzione musicale e di testi. L’ex Mister Agonia pubblica un capolavoro riconosciuto finalmente da tutti ed è la sua rivincita.
Gli esordi e la carriera di Claudio Baglioni
Per capire come il progetto degli anni Novanta rappresenti il riscatto di Baglioni, è necessario rivedere in sintesi le tappe fondamentali della sua carriera. Siamo alla metà degli anni Sessanta. Il grande artista è allora quattordicenne e inizia a suonare da autodidatta nel suo quartiere di Centocelle. In quel periodo va in giro con la sua chitarra, dei maglioni neri a collo alto, occhiali spessi e un’aria da intellettuale. Scrive testi ispirati a Edgar Allan Poe e gli viene affibbiato un soprannome che lo seguirà per parecchio tempo: Agonia. Claudio comincia a farsi conoscere seriamente all’inizio degli anni Settanta, quando trova la sua consacrazione al successo con Questo piccolo grande amore. Un concept album che – ci dispiace per i più scettici – è una vera opera rock, alternata a momenti da teatro canzone e a quelli che ammiccano al musical.
Dopo il raggiungimento di una fama nemmeno mai immaginata, Baglioni continua a cavalcare l’onda, non sempre superandosi a livello di ricerca musicale. Fa diversi passi indietro con Gira che ti rigira amore bello (1973), ma prosegue senza dubbio con Strada Facendo (1981). Il disco contiene l’omonimo brano che si rivela l’ennesimo trionfo commerciale con un milione di copie vendute. Nonostante le cifre sbalorditive, non è nemmeno questo il più grande traguardo del cantautore in termini di vendite. Bisognerà aspettare la metà degli anni Ottanta quando Claudio Baglioni farà uscire quello che ancora oggi resta l’album italiano più venduto, ma che non l’ha potuto salvare ancora una volta dagli attacchi dei critici musicali e non solo.
La vita è adesso: l’album italiano più venduto di tutti i tempi
Tutti conoscono The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd. Allo stesso modo, non c’è dubbio che Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, A Night At The Opera dei Queen e Thriller di Michael Jackson non siano dei nomi letti qui per la prima volta. Bene, in Italia, queste opera magna della musica hanno ricavato meno de La vita è adesso. Pubblicato nel 1985, il decimo album di Claudio Baglioni conta più di 4.500.000 copie vendute, complice anche la grande attesa che si era venuta a creare attorno all’uscita dell’album. Dal punto di vista musicale, però, il disco non convince. La ricerca del cantautore in fatto di melodie e testi sembra essere giunta a una battuta d’arresto dopo Strada Facendo.
La vita adesso nasce per essere un concept album. Racconta la quotidianità di un uomo “normale” alla metà degli anni Ottanta, senza uscire dal seminario. Il progetto piace ai fan perché vi ritrovano la loro comfort zone, ma delude chi, invece, stava puntando su Baglioni per un’evoluzione stilistica. Oltre a questa nota dolente, ci sarebbe un altro fatto che portò il cantante romano a prendersi una pausa e dedicarsi poi con anima e corpo al suo capolavoro musicale. Secondo la versione romanzata della storia, gli venne questa idea dopo aver ricevuto una serie di fischi al concerto per Amnesty International organizzato a Torino nel 1988. Giusto per aggiungere del sale alla ferita, quella sera si esibirono anche mostri sacri come Bruce Springsteen e Tracy Chapman. Nessuno poteva sapere che Claudio avrebbe ribaltato la situazione qualche anno dopo.
Oltre- un mondo uomo sotto un cielo mago, la rivincita di Baglioni attraverso l’Arte
Durante la sua carriera, Claudio Baglioni ha pubblicato – se si escludono questi ultimi anni – album a intervalli molto regolari. Il massimo di attesa tra un progetto e l’altro era stato di tre anni e mezzo, dove comunque aveva continuato a mostrarsi in tour. Per l’uscita di Oltre, invece, i fan dovettero aspettare cinque anni e rispettare l’allontanamento totale dalle scene del loro beniamino per quasi 24 mesi. Si può dire ne sia valsa la pena attendere. Oltre- un mondo uomo sotto un cielo mago è il primo disco della cosiddetta “Trilogia del Tempo” e rappresenta il passato. La storia ha un narratore, Cucaio, la trasposizione dell’io di Baglioni. Il nomignolo nasce dalla pronuncia sbagliata che Claudio dava del suo nome quando era bambino.
Cucaio è la parte magica del disco, di questo cielo mago che non è qualcosa di impalpabile, ma è terreno. Cucaio è l’uomo che non sa pronunciare bene il proprio nome, che non sa da dove tragga origine né dove stia andando; quali siano le sue ansie, i suoi problemi e le sue gioie. Credo esista, nella vita di ognuno, una parte umana e una magica: la prima è quella che soffre di più, perché nel tentativo di confrontarsi con la seconda sa di non poterla emulare. Cucaio è questo e rappresenta il momento in cui, oltretutto, lo si deve abbandonare per passare oltre.
I 20 brani di Oltre sono variegati, ma, contemporaneamente, c’è un fil rouge che li unisce. Spiccano canzoni sulla pura attualità come Naso di falco, sulla strage di Ustica nel 1980, o Tieniamente, dedicata agli scontri del 1989 in piazza Tienanmen. A esse, si alternano pezzi più eterei e sublimi, come Io dal mare, Stelle di stelle e La piana dei cavalli bradi. Non mancano brani che abbracciano l’amore nella sua totalità, da quello carnale di Signora delle ore scure e Domani mai, a quello straziante di una storia finita in Mille giorni di te e di me. L’ascoltatore si destreggia in una serie di melodie e ritmi caleidoscopici, che lo sorprendono pezzo dopo pezzo.
Nell’ultima traccia, Pace, Baglioni sembra riappacificarsi con se stesso, salutando per il momento l’aiutante Cucaio. Non ha concluso ancora il suo viaggio, ma, sicuramente, è finalmente diventato libero, un uomo, “oltre” quasi come lo Übermensch di Nietzsche.
È un disco senza una risposta vera finale, ma un disco con tante domande.
Il cinema musicale di Io sono qui
Nel 1995, Claudio Baglioni torna con il secondo capitolo della trilogia. Io sono qui presenta 11 canzoni, disposte al suo interno secondo la ripartizione tipica di un film in “tempi”. Questo album costituisce l’oggi e, come spesso accade, si rintraccia un leitmotiv sotteso a tutti i brani. Esso si snoda tra la vita e la commedia, tra la realtà e l’apparenza cinematografica. Prosegue la ricerca in termini musicali del cantautore romano, come appare già dal secondo pezzo effettivo, Le Vie dei Colori. Una melodia medievale scandisce la traccia contraddistinta anche da forti e grandiosi cori. Ritroviamo questo studio fuori dai canoni della tradizione classica italiana in Bolero, dove il tema della recita, del doppio e della dicotomia interiore tornano più forti che mai.
I testi più belli sono quelli di Acqua nell’acqua, Reginella e Fammi andar via. Le parole semplici dei primi successi d’amore di Baglioni lasciano il posto a versi complessi ed elaborati, tanto da poterli leggere senza musica e associarli ad autentiche poesie. Probabilmente proprio con Fammi andar via l’artista ha voluto sfidare coloro che da sempre l’avevano criticato per la tristezza e cupezza dei suoi pezzi. Si tratta di una canzone di quasi sette minuti, dove Claudio racconta un amore finito, diventato tossico, dal quale si deve distaccare contro la sua volontà. Un brano struggente e straziante, che non ha paura di essere sincero e mostrare le vere emozioni di chi lo canta.
Come in Oltre, non mancano tracce dove l’attualità è al centro. Io sono qui, V.O.TeL’ultimo omino sono quel tassello che rende l’album completo e ben strutturato. Anche in questo caso, praticamente inattaccabile.
Il futuro raccontato in Viaggiatore sulla coda del tempo
Infine, nel 1999 la trilogia trova la sua conclusione in Viaggiatore sulla coda del tempo, l’album “del futuro”. Per chi non l’avesse mai ascoltato, un’unica anticipazione: dimenticatevi dei riff malinconici di chitarra acustica, delle ballad al pianoforte e di tutti gli altri stereotipi del cantante di Centocelle. Viaggiatore è un disco elettronico, innovativo e sperimentale in barba a chi ha dato sempre a Baglioni e ai suoi fan degli “antiquati”. Ispirato profondamente all’arrivo del nuovo millennio, il tema principale è quello della fuga verso la ricerca di sé. Questa indagine inizia proprio con Hangar, luogo rappresentante un nido moderno che si sente la necessità di lasciare. L’argomento del viaggio e del percorso interiore verso il proprio io più profondo proseguono in Un mondo a forma di te, Sì, io sarò e la maggior parte degli altri brani.
Rimarranno delusi coloro che associano Claudio Baglioni al cantautore d’amore. In Viaggiatore sulla coda del tempo, non c’è nemmeno una delle sue “classiche” tracce romantiche o melanconiche. L’amore viene accennato solo qua e là, con riferimenti impliciti e sfumati. Lo si rintraccia, per esempio, in Stai su o A Domani, ma sempre mescolato ad altre tematiche moderne, quali la necessità impellente di restare connessi o di scoprirsi davvero. Al futuro in parte nichilista cantato in Cuore d’Aliante, si contrappone il brano conclusivo di album, A Clà.
Un pezzo malinconico e straziante, dove l’io lirico riesce finalmente a trovare il se stesso da bambino. Cucaio di Oltre, torna a fare capolino nel futuro, facendo capire al Baglioni adulto che cos’è che stesse cercando per tutto questo tempo. L’incontro tra il Claudio dell’infanzia e quello dell’età adulta, però, può durare solo per pochi minuti. Li dividono troppe esperienze e scoperte. Inoltre, le urgenze della vita quotidiana spingono il Baglioni cresciuto a separarsi dall’ingenuità della giovinezza. A differenza del “piccolo Clà” conosce «la trama ordita» del mondo e questo rende la loro riunione impossibile. Tuttavia, non gli dice addio: un giorno, forse, l’adulto riuscirà a togliersi il fardello dell’età adulta dalle spalle e potrà riunirsi con il suo io bambino così lungamente cercato.
La rivincita (parziale) di Claudio Baglioni
Dire che, con la Trilogia del Tempo, il cantautore romano abbia cancellato ogni critica o scetticismo nei suoi confronti non solo sarebbe falso ma risulterebbe alquanto improbabile. L’episodio del Festival di Sanremo ha mostrato come Claudio Baglioni venga ancora oggi associato solo a Questo piccolo grande amore, Sabato pomeriggio o Amore bello. Insomma, come resti l’emblema del classico artista romantico della tradizione italiana. In parte, è sicuramente così. Dall’altra, un giudizio del genere è incompleto e superficiale. Soprattutto con Oltre e Viaggiatore sulla coda del tempo, Baglioni riuscì a portare “nella sua squadra” una serie di ascoltatori che prima non l’avevano mai preso in considerazione.
Poi si sa, con il tempo certi aspetti – sia positivi che negativi – vengono attenuati, per dare una versione della storia più omogenea. Fatto sta che agli appassionati di musica non può sfuggire il capolavoro che “il cantastorie dei giorni nostri” regalò a tutti negli anni Novanta. Almeno questo, resta, fortunatamente, indiscutibile.
FONTI
Baglioni – Parole di musica.com
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