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IL “BAZOOKA” A SALVE DELLA BCE

Il bazooka della BCE

A ormai un anno dall’introduzione del bazooka della BCE i risultati riscontrati nell’economia reale, in termini di occupazione, crescita e consumi, hanno decisamente deluso le aspettative. Non solo, infatti, il quantitative easing si è dimostrato inadeguato e insufficiente ma ha anche aggiunto complessità e fattori di criticità ad uno scenario europeo già confuso.

Prima di tutto l’elargizione di più di mille miliardi, per circa 50 miliardi al mese in titoli di stato, alle banche ha sì ridotto gli interessi. I quali, tra l’altro erano già abbastanza bassi all’inizio dell’iniezione di denaro. Ma non è stata sufficiente a stimolare nuovi crediti soprattutto verso imprese e famiglie. Quest’ultimo elemento, costituisce l’anello fondamentale di connessione tra la manovra della BCE e l’economia reale.

Il rendimento dei titoli in caduta libera e, in alcuni casi, addirittura negativo, non solo ha scoraggiato le banche a continuare a investire nei mercati finanziari piuttosto che trasmettere la liquidità al mercato. Ma ha anche un effetto paradossale dal momento che i tassi negativi della BCE drenano denaro dall’economia.

L’inflazione e l’aumento dei salari

In secondo luogo la tanto attesa inflazione, secondo obbiettivo della manovra di Draghi, non si è manifestata nella misura sperata (il tanto decantato 2%) ma in un debole +0,2%. Infatti, l’unico modo per alzare l’indice dei prezzi è aumentare i salari. Ma anche trasmettere denaro all’economia reale. Una politica basata solo sull’acquisto di titoli è dunque destinata al fallimento dal momento che manca sistematicamente entrambi gli obbiettivi.

All’incapacità del sistema finanziario di trasmettere la liquidità all’esangue economia reale cercando di rivitalizzarla, si è aggiunta la difficile condizione finanziaria delle banche stesse. Il sistema bancario europeo infatti ha accumulato sofferenze sui bilanci per circa un trilione di euro ovvero circa il 10% del Pil. Inoltre, il mancato processo di integrazione bancaria crea disomogeneità e mancanza di coordinamento all’interno del sistema non aiutando di certo lo stato delle cose.

Le sofferenze delle banche

Le sofferenze accumulate dalle banche sono, tuttavia, essenzialmente crediti non riscossi e quindi attività e aziende che sono fallite. Di conseguenza, la causa dell’instabilità del sistema creditizio va ricercata nella difficile condizione economica in cui versa l’Europa da ormai 8 anni. Crisi, questa che è aggravata da politiche come la famigerata austerity e il limite del 3% del rapporto debito/Pil che impediscono di fare investimenti da parte del settore pubblico e che sono la causa della deflazione (o bassissima inflazione) in cui versa l’economia europea.

L’inflazione (circa il 10,5% nell’area Euro), i salari instabili e una fiscalità sempre più pressante non contribuiscono di certo alla ripresa dell’inflazione. Ma anzi favoriscono una situazione di stagnazione affiancata al rischio di un’inflazione monetaria sui mercati e di speculazioni finanziarie.

Quantitative easing

L’unico effetto positivo che ha portato il quantitative easing è stata una svalutazione dell’euro che così ha favorito le esportazioni europee. Tuttavia questa misura è temporanea, infatti la svalutazione della moneta funziona fino a quando le altre valute non fanno altrettanto rischiando così di portare ad una possibile spirale.

I fattori di criticità nell’area euro si stanno accumulando giorno dopo giorno. Servirà a poco l’intervento, dai toni compassati e rassicuranti, di qualche giorno fa al Parlamento Europeo di Draghi a proposito di normative quali il bail-in e di politiche come il quantitative easing se non si affermerà la volontà comune di portare a termine un progetto di unificazione bancaria e di politica fiscale.

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Mario Draghi nel 2013

L’Europa infatti, sta arrivando al punto in cui si dovrà porre la domanda su quale identità vorrà avere in futuro. Infatti, la situazione odierna di un’economia tenuta in vita artificiosamente lascia sempre meno possibilità di manovra. Il rischio di veder andare in fumo un processo di integrazione durato decenni è sempre più concreto.

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