Oggi siamo usi a pensare alla zona della Stazione Centrale come una delle zone pulsanti – anche se non sempre in maniera positiva – di Milano. Eppure fino al 1873 questa zona, esterna alla cerchia dei bastioni spagnoli, non era parte del comune di Milano. Essa dipendeva dal Comune – istituito nel 1782 – dei Corpi Santi di Milano, che includeva cascine e borghi agricoli in prossimità della città. In quella che secoli addietro – nel 1498 – era a tutti gli effetti una terra di nessuno, si stabilì la famiglia nobiliare dei Pozzobonelli: fu Gian Giacomo Pozzobonelli a riadattare un ex-convento a nuova residenza del casato, da cui il nome di Cascina Pozzobonelli.
L’impianto originario constava di un cascinale a pianta rettangolare, affacciato su due cortili, provvisto di due cripte sotterranee e di un porticato di circa dieci arcate, che dal lato settentrionale della dimora conduceva alla cappella. Della residenza si sono conservati – causa demolizioni dovute a motivi viabilistici ad inizio XX secolo – parte del porticato e la cappella a forma di edicola, in cui sopravvivono alcuni affreschi della scuola di Donato Bramante (1444-1514) sia all’interno della cappella che nel portico. Ben poche delle figure di santi e profeti raffigurate nella cappella sono riconoscibili; al contrario le figurazioni presenti nel portico riportano – in particolare un graffito – l’aspetto originario del Castello Sforzesco di Milano con la torre del Filarete, crollata nel 1521 in seguito ad una deflagrazione del deposito munizioni che essa ospitava.
Fu su questo affresco, unitamente alla comparazione della struttura del Castello Sforzesco milanese con quello di Vigevano, che si basò l’architetto e storico Luca Beltrami (1854-1933) per riedificare la torre del Filarete, al centro del lato frontale del Castello Sforzesco, nel contesto del restauro completato a cavallo tra i due secoli (1892-1905). Nella forma del Castello di oggi c’è dunque un po’ della Cascina Pozzobonelli.