Era una bambina brillante

di Sharp

Era una bambina brillante …
Aveva la cosiddetta ‘marcia in più’, brillava in tutte le materie, scriveva temi lunghi lunghi e profondi, con parole forbite.
L’inserimento alle scuole medie fu più difficile, scuola nuova, compagni nuovi e un poco altezzosi, ma tra un compito passato e un suggerimento durante l’interrogazione riuscì a farsi amare anche da loro.
Iniziò a soffrire di anoressia proprio in seconda media: i problemi con la madre, il fatto che quest’ultima non voleva che la piccola diventasse donna, l’educazione repressiva e le manie di perfezionismo della ragazzina furono alcune delle cause.
Ma sopravvisse anche alla malattia e si ritrovò al liceo in una classe tutta nuova nella quale legò subito con le persone giuste e fu acclamata a furor di popolo rappresentante, fin dal primo anno.
Dalla prima liceo classico fu chiaro che avrebbe fatto medicina: tutto era cominciato quando aveva visto un cartone animato alla televisione, l’apparato digerente, aveva deciso che sarebbe stata medico. E i brillanti risultati scolastici, la dedizione che metteva in qualsiasi cosa, lasciavano ben sperare.
Passata la maturità, superò senza difficoltà il test d’ingresso, le materie scientifiche non erano il suo forte, ma la sua determinazione ebbe la meglio.
L’esame più difficile del primo anno: anatomia.
Sudò il sangue ma fu ricompensata con un bel 30, del resto aveva sempre avuto una grandissima memoria.
Gli anni passavano, l’anoressia non era del tutto sconfitta e le delusioni d’amore la facevano soffrire, era una ragazza assai sensibile e cercava nell’uomo un appoggio, un rifugio, quel porto sicuro che in famiglia non era riuscita a trovare, tra un padre gelido e assente e una madre che soffriva di depressione bipolare.
Proprio questo, le sue origini, la spinsero a scegliere psichiatria come specializzazione: saperne di più sul cervello umano, sul perché le cose possano andare storte e come aiutare le persone come sua madre.
Durante una summer school a UCD a Dublino stava bevendo un calice di vino, non amava la birra, con altri ragazzi, presso un pub del centro.
Lo vide, vide i suoi occhi ingenui e ne fu colpita.
Lui era assente, pensava ad un’altra donna.
Ma lei, caparbia, con una scusa banale, voleva visitare la città Natale di lui che era portoghese, si fece dare i suoi contatti.
Lui lavorava a Dublino, ricominciata l’università a Milano si fece ospitare da un’amica, il suo unico obiettivo era rivederlo.
E la ebbe vinta.
Uscirono e lei lo conquistò con la sua risata tumultuosa che un po’ lo metteva in imbarazzo ma che gli diventò cara.
Iniziarono una storia a distanza che durò anche quando lui si trasferì a Londra per lavorare negli effetti speciali.
Non si può dire fossero fatti l’uno per l’altra ma erano una bella squadra, lui con il suo amore cieco e smisurato la completava, colmava tutte le piccole fratture di lei, ciò che le era mancato. Lui era casa.
Restarono insieme3 anni, lei finì la specializzazione ed ebbe la perla rosa che tanto desiderava: era un loro segreto, come pegno di fidanzamento avrebbe voluto una perla rosa, non un anello.
Margherita non poteva dire di avere avuto una vita facile, ma con tanto impegno e la mano benevola di Dio aveva trovato la serenità.

Era una bambina brillante …
Aveva la cosiddetta ‘marcia in più’, brillava in tutte le materie, scriveva temi lunghi lunghi e profondi, con parole forbite.
L’inserimento alle scuole medie fu più difficile, scuola nuova, compagni nuovi e un poco altezzosi, ma tra un compito passato e un suggerimento durante l’interrogazione riuscì a farsi amare anche da loro.
Iniziò a soffrire di anoressia proprio in seconda media: i problemi con la madre, il fatto che quest’ultima non voleva che la piccola diventasse donna, l’educazione repressiva e le manie di perfezionismo della ragazzina furono alcune delle cause.
Ma sopravvisse anche alla malattia e si ritrovò al liceo in una classe tutta nuova nella quale legò subito con le persone giuste e fu acclamata a furor di popolo rappresentante, fin dal primo anno.
Ma i problemi più seri iniziarono il terzo anno di liceo, prima classico.
Ebbe la sua prima crisi depressiva importante, c’erano già stati dei prodromi sotto esame di terza media e nei momenti di stress gli anni precedenti.
Calarono i risultati scolastici, calò l’appetito di cibo e di relazioni.
Passava ore sui libri senza riuscire a cavarne nulla, ma con un’ansia furiosa che le dilaniava il cuore.
Desiderava la morte.
Scomparire.
Avrebbe voluto tagliarsi in mille pezzi, ma non voleva dare nell’occhio, così preferiva sfogarsi sul cibo, arrivava a mangiare ed eliminare tutto quattro volte al giorno.
Ma la prima tempesta passò, lei fu promossa con buoni voti e si riprese grazie a un magico sciroppo da dosare con il misurino.
La sua autostima si stava già incrinando: sfumava il sogno di fare medicina, troppo complessa, troppo studio, troppe cose a memoria, come avrebbe potuto affrontare tutto questo dopo ciò che le era successo?
Scelse infatti Lettere Moderne, leggere era una delle sue passioni.
Il primo esame impegnativo era Letteratura Italiana Medievale. Un migliaio di pagine e una trentina di autori, quasi tutta la Divina Commedia.
E venne la seconda grande crisi.
Ancora passava mattine e pomeriggi sui libri dovendo ripetere la stessa pagina non meno di quattro volte: la memoria vacilla in depressione.
Ma ne uscì indenne con un discreto 25.
Per uscire dalla crisi le ci vollero mesi, tante pillole di ogni colore e foggia e tanta buona volontà.
Quando non aveva impegni universitari si rincantucciava in posizione fetale sul letto e vi restava ore senza fare nulla, pensando soltanto a quanto sarebbe stato bello scomparire dalla faccia della terra, andarsene nel nulla.
Non provava emozioni, non sentiva, non vedeva i colori delle cose, la sua era una vita fatta di grigi.
Letterature Comparate a Dublino, Trinity College Dublin: sarebbe diventata ricercatrice e docente. Come una mannaia venne durante il master una nuova crisi depressiva che però riuscì a superare in fretta circondata dall’affetto dei suoi coinquilini e lontana dalle fonti di preoccupazione casalinghe (la madre era bipolare, il padre gelido e assente, il fratello la disprezzava).
E la parentesi dublinese si rivelò propizia per un altro fatto: lui, lo conobbe verso la fine del master ad una birrata tra amici. Occhi vacui, persi, innocenti.
Lo rivide ad un caffè tra amici e con una scusa si fece dare il numero di telefono.
Lo conquistò in una settimana.
Ebbe da lui tutte le attenzioni che non aveva mai ricevuto da anima viva, tutto l’amore e l’affetto che potesse desiderare, per la prima volta da quando aveva iniziato a soffrire di depressione si sentiva completa.
L’idillio durò quattro mesi.
Lei iniziò ad essere aggressiva, agitata, ipercinetica, persecutoria nei confronti di una ex ragazza di lui.
Dopo cinque mesi di agonia in cui lui continuò ad amarla e starle dietro, ad andare a trovarla a Monaco di Baviera dove si era trasferita per fare l’au pair e poi a Dublino dove era tornata per scrivere il suo proposal per il dottorato di ricerca Margherita sparì una notte.
Fu ritrovata sulla spiaggia disidratata che vagava in cerca di Medici senza Frontiere e accompagnata a St Mary Hospital.
Diagnosi: disturbo bipolare.
Jorge non pensò mai di lasciarla, si sarebbe ripresa e tutto sarebbe tornato come prima, lei la sua piccola peste di cui prendersi cura.
Margherita si trasferì di nuovo in Italia senza sapere bene cosa fare della sua vita: chi era? La sua personalità era andata in pezzi: era un rottame, un catorcio, malata esattamente come sua madre.
Nel frattempo Jorge si era trasferito a Londra per lavorare negli effetti speciali, dopo circa un anno nel settore della comunicazione, giacchè Margherita mai smise di lavorare e riprese immediatamente dopo il ricovero, la ragazza decise di trasferirsi a Londra, dove stava la sua ragione di vita. Avrebbe lavorato per un paio d’anni come tata (quelle londinesi guadagnano parecchio) e messo da parte i soldi per specializzarsi sull’insegnamento liceale di lingue straniere.
Dopo 5 mesi in cui lavorava dalle 12 alle 15 ore al giorno con un’infante di 4 mesi, stressata e odiosa nei confronti del suo uomo cui imputava tutte le sue ragioni di sofferenza venne la seconda crisi maniacale.
Fu trovata ad Oxford, vagare in cerca, ancora una volta di Medici senza Frontiere, denutrita.
Tornò in Italia, a Milano, la sua città natale, in casa dei suoi.
Nel frattempo Margherita e Jorge si lasciarono, più precisamente fu lei a lasciare lui, era stato un tira e molla da quando si era trasferita, tra Giugno e Novembre.
Neanche questa volta Margherita si prese del tempo per prendersi cura di sé e del suo disturbo, si riciclò come insegnante di Inglese, lavoro che non avrebbe mai pensato di fare.
Il Febbraio successivo, dopo mesi che non ci pensava, come illuminata lo chiamò, per dirgli che lo amava (cosa che raramente in due anni e mezzo su tre gli aveva detto) e che avrebbe voluto che lui fosse il padre dei suo figli.
-Scusa Margherita, non credo di essere più in grado di affrontare tutto questo ancora una volta. E…. e poi , tu sei molto speciale per me, ma c’è qualcun altro di speciale nella mia vita ora.

I disturbi clinici possono distruggere una vita.
Stai accanto e aiuta come puoi chi ne soffre.
Un disturbo bipolare è paragonabile ad un cancro: è recidivo, ti distrugge possibilità di vita e cosa peggiore ti isola.

 

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