Bread & Roses attraverso i fiori ridà speranza

Ormai da tre anni, nel maggio 2016, è nato a Londra un progetto chiamato Bread & Roses con l’obiettivo di aiutare l’integrazione di rifugiate di guerra in fuga dall’Asia, nello specifico Siria, Iraq, Afghanistan e dall’Africa. In realtà non si tratta del tipico aiuto umanitario, quasi standardizzato in ogni parte d’Europa: il programma intende reintegrare queste donne nel mondo del lavoro, soprattutto però in una realtà comunitaria e sociale.

Il nome Bread & Roses richiama il discorso di una figura molto importante per il femminismo americano del secolo scorso, Rose Schneiderman (1882-1972), che nel 1912 tenne un discorso pubblico in cui lamentava la condizione generale delle donne costrette, quando avevano la fortuna di lavorare, ad uno stipendio infinitamente sottostimato, sufficiente per comprare il minimo indispensabile per sopravvivere, come il pane; la Schneiderman paragonava le donne a dei fiori, poiché devono fiorire per far uscire il meglio di se stesse, da qui il nome roses.

Olivia Head e Sneh Jani sono le due donne che hanno deciso di dar vita a questo progetto. La prima impegnata sempre in missioni di supporto alle persone in difficoltà e senza dimora, aiutandole a trovare un impiego per garantirsi un’esistenza dignitosa; la seconda, invece, operava come traduttrice presso l’UNHCR, cioè l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Essendo donne, hanno deciso di rivolgersi alle rifugiate richiedenti asilo in Europa, perché solitamente oltre ai bambini, sono le figure più deboli e che risentono maggiormente della pressione del viaggio che si vedono costrette ad affrontare. Oltretutto può capitare che durante il tragitto portino in grembo un bimbo o ne stiano accompagnando uno, aumentando così la pericolosità, lo stress e la paura dell’intero percorso.

Ma in che modo Bread & Roses contribuisce al riscatto personale di queste donne?

Sostanzialmente ciò che Olivia e Sneh offrono è un corso formativo di sette settimane a cui possono partecipare venti donne per volta, alle quali si insegna loro come prendersi cura di piante e fiori grazie alla supervisione di esperti nel settore. La conoscenza dell’inglese è un’altra prerogativa imprescindibile e infatti alle partecipanti viene dato un supporto anche in questo senso, insegnando le basi dell’inglese e la terminologia tecnica utile nella ricerca di un lavoro. La lingua è un collante molto forte che sta alla base di ogni società o piccola comunità che sia, senza questa conoscenza ci si esclude automaticamente dal cerchio ristretto che stabilisce chi può farne parte e chi non è idoneo.

Perché sono stati scelti proprio i fiori per ridare vigore a queste donne?

Molte testimoni di questa iniziativa hanno descritto il loro timore, la paura, la diffidenza, la sfiducia che hanno provato a seguito degli abusi che hanno dovuto sopportare dal giorno della partenza dall’Africa o dall’Asia fino al loro approdo in Europa e spesso, a fatica, hanno raccontato come fosse comunque difficile aprirsi e relazionarsi a delle sconosciute, seppur donne come loro, e questo fondamentalmente per proteggersi da eventuali ferite. I fiori invece non possono fare alcun male, se non qualche spina infilzatasi nel dito. La cura del fiore, delicata, paziente, armoniosa e silenziosa ha aiutato le rifugiate a riacquistare confidenza con il mondo esterno, pian piano infatti, come la fioritura di una rosa, il mondo ha iniziato a rivelarsi ai loro occhi meno brutto e crudele e più accoglienze e permissivo.

L’iniziativa di Olivia e Sneh è stata molto importante per il futuro di queste donne, poiché prima di tutto hanno potuto imparare una nuova lingua, quindi hanno mosso il primo passo all’interno della società anglosassone; sono state istruite nella cura dei fiori, ma non solo, perché infatti i membri di Bread & Roses hanno cercato di insegnare a quest’ultime varie competenze e capacità trasferibili e impiegabili in diversi ambiti lavorativi, in modo da ampliare la gamma di scelta e di opportunità; come ultimo aspetto, anche se forse il più rilevante, a queste donne è stata una seconda chance, diverse infatti hanno tentato il suicidio, ma con questo progetto hanno avuto la possibilità di lasciarsi alle spalle un passato travagliato e tumultuoso e di volgere lo sguardo ad un’Europa alcune volte sorridente e amica.


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