Quanto tempo ci resta? L’arte, a modo suo, affronta il clima

T come Tempo, il tempo che inizia a mancare per comprendere che quella climatica e ambientale è un’emergenza di cui dobbiamo preoccuparci.

Luca Mercalli

Il presidente della Società Meteorologica Italiana esprime così il suo disappunto sulla questione. La disputa è, ormai, all’apice delle notizie quotidiane. Purtroppo non si può dire lo stesso della sua considerazione. Secondo recenti studi, siamo proprio alla frutta. Il culmine sembra essere raggiunto ormai da tempo. E se qualcuno incessantemente combatte per la nostra sorte, qualcun altro fa orecchie da mercante e finge di non vedere un problema ormai fin troppo evidente.

Qual è la cosa più preziosa al mondo, se non il tempo?

Se, ad un certo punto, ci rendiamo conto che persino quest’ultimo tende a scarseggiare, allora possiamo star certi di essere sulla strada sbagliata. Lungo una via a senso unico, senza possibilità d’uscita.

Occhio non vede, cuore non duole, racconta un famoso proverbio. Il suo significato è molto semplice e immediato: finché non si comprende fino in fondo ciò che ci potrebbe far male, il nostro cuore non soffre e non vede sofferenza.

Quando però il problema viene portato, volutamente –ironicamente –, in primo piano, allora non possiamo che accettare la realtà, anzi, se possibile, far qualcosa per migliorarla.

Banksy

Uno degli artisti contemporanei più scaltri e geniali è sicuramente il britannico Banksy. Il graffitaro noto in tutto il mondo, ha dato vita – ancora una volta – a un’installazione senza precedenti.

Una scritta rossa in stampatello, niente di più, che però, visto il suo contesto, colpisce più di un’immagine elaborata. I don’t believe in global warming, letteralmente Io non credo nel riscaldamento globale. La sua particolarità? La posizione, semisommersa dall’acqua di un canale londinese.

Un controsenso, così come la sua arte – continuamente alla ricerca di sregolatezza – che ha come obiettivo quello di arrivare dritto al cuore del pubblico.

È sempre Londra ad accogliere l’installazione Ice Watch, firmata da Olafur Eliasson, in collaborazione al geologo Minik Rosing. L’artista danese ha disposto, di fronte alla Tate Modern, ventiquattro blocchi di ghiaccio artico, prelevato direttamente in Groenlandia.

Ice Watch

I blocchi sono stati trasportati integri direttamente nella città britannica, dove faranno il loro naturale corso. Questo, a differenza dell’intervento precedente, è sicuramente più diretto e spiazzante.

Passeggiando per le vie del centro, chiunque si è potuto render conto degli effetti del cambiamento climatico.

Consentendo alle persone di toccare davvero i blocchi di ghiaccio, spero si crei un legame più profondo tra loco e quello che ci circonda. […]. Dobbiamo riconoscere che insieme abbiamo il potere di intraprendere azioni individuali e di spingere per un cambiamento sistemico. Trasformiamo le conoscenze sul clima in azioni per il clima.

Ha raccontato lo stesso Eliasson.

Toccando con mano le superfici ghiacciate, e vedendo la loro rapida trasformazione, la gente comune ha potuto credere con più facilità a ciò che sta realmente accadendo al nostro sistema globale. In questo caso, si è cercato di puntare sulla sensorialità artistica, evidenziando l’incessante scorrere del tempo.

Christo e Jeanne-Claude

È, invece, il duo artistico formato rispettivamente da Christo e Jeanne-Claude a puntare sull’impatto visivo. La loro genialità ha permesso loro di circondare undici isole della Biscayne Bay, in Florida, con oltre 600 mila metri quadrati di tessuto fluttuante di un color rosa intenso.

La visione e l’opera di Christo e Jeanne-Claude vivono ai confini delle cose – i bordi e le intersezioni di luoghi, idee e materiali –, e la loro pratica incarna un’ambizione sconfinata per l’arte di sfidare la natura, per esistere in qualche modo oltre la scala della natura.

Ha espresso così la sua idea Marc Glimcher, presidente e CEO della Pace Gallery, galleria d’arte moderna e contemporanea fondata a Boston nel 1960.

tempo
Support

Lorenzo Quinn

In ambito nazionale, non possiamo non far riferimento a Lorenzo Quinn, scultore italiano. In occasione della recente Biennale di Venezia del 2017, ha realizzato l’ormai famosissima, e monumentale, installazione conosciuta come Support.

Due grandissime braccia bianche spuntano fuori dall’acqua, nella zona del Canal Grande, dando l’idea di voler sorreggere l’edificio storico, ovvero l’Hotel Cà Sagredo.

Venezia è una città d’arte galleggiante che da secoli ispira cultura. Ma per continuare a farlo, necessita del supporta della nostra e delle future generazioni perché è minacciata dai cambiamenti climatici e dal degrado.

Ha affermato lo stesso Quinn.

Secondo l’interpretazione dell’artista, le mani dovrebbero rappresentare la capacità dell’uomo nel sostenere un patrimonio unico, come la città di Venezia. E, conseguentemente, tutto il pianeta.

I progressi in atto contro i cambiamenti climatici sono troppo lenti, serve una svolta che il mondo non può più aspettare.

(ONU)



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