La Cattedrale di Burgos, la Spagna e un restauro infuocato

Niente di fisico su questa terra è eterno, si sa, il tempo cancella ogni cosa e, intanto, tutte le cose cambiano. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” dichiarerà nel ‘700, con una frase destinata a enorme fortuna negli anni successivi, il fisico francese Antoine Lavoisier. E anche l’opera d’arte, che si tratti di un quadro, di una statua o di una chiesa, è soggetta a mutamenti nel tempo.

Per questo c’è il restauro, che però suscita spesso polemiche. Perché, al di là delle suggestioni del nome, non è mai un ripristino. Soprattutto quando c’è sostituzione di elementi. Lo dimostra il recente caso del progetto di restauro della Cattedrale di Burgos, in Spagna, con la sostituzione di tre porte in occasione dell’ottocentesimo anniversario dell’edificio.

La realtà contraddittoria del restauro

A volte gli storici dell’arte si azzuffano con i restauratori su quale sia il modo migliore di lavorare sull’opera. A volte sono i restauratori stessi che discutono tra di loro sulle tecniche o su come agire su tal particolare o colore. A tal proposito si pensi alle polemiche sul recente intervento al michelangiolesco Giudizio universale della Cappella Sistina. Ma torniamo alla nostra perla spagnola.

Nel caso delle nuove porte per la Cattedrale di Burgos, il progetto presentato dall’artista Antonio Lòpez è osteggiato dal pittore Juan Vallejo, che ha già raccolto 32mila firme. Come oppositore figura poi il rapporto pubblicato da ICOMOS, un’organizzazione internazionale non governativa dedicata alla conservazione dei monumenti e dei siti del mondo. A favore, invece, troviamo la committente, ovvero la Chiesa. Tuttavia, con tale restauro c’è il rischio che la cattedrale venga cancellata dalla lista dei siti UNESCO.

Burgos: la cattedrale della Vergine

L’immenso edificio, dedicato alla Vergine Maria, svetta sull’intera città, capitale della comunità autonoma di Castiglia e León, nel nord della Spagna. Di stile gotico, la parte superiore è costellata da torri a sezione quadrata, sovrastate da guglie ottagonali coperte da opere in pietra. Superata la facciata, che presenta tre entrate con arco ogivale e un ampio rosone, ci si trova davanti a una pianta cruciforme, con una navata centrale e ampie navate laterali.

cattedrale di burgos
Visione aerea della cattedrale

I lavori per la costruzione della cattedrale iniziarono nel 1221, su ordine del re Ferdinando III di Castiglia e del vescovo Maurizio di Burgos. Tutto questo partendo da una preesistente chiesa romanica che, dopo alterne vicende, si è evoluta in una nuova trasformazione architettonica nel 1567. Ricordiamo poi che la cattedrale è stata, e lo è ancora oggi, una delle tappe fondamentali del cammino di Santiago de Compostela. Inoltre, nel 1984, è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’UNESCO divenendo l’unica con questa valorizzazione in Spagna.

particolare burgos
Particolare di una decorazione

Ma veniamo alla storia che ci interessa di più, quella delle tre porte. Per secoli gli agenti atmosferici si sono abbattuti contro a facciata della chiesa così che, nel 1790, il comune incaricò l’architetto Fernando Gòmez de Lara di riparare la Puerta del Perdòn. L’intervento trasformò il portale a punta gotica, eliminando il montante della porta per realizzare una nuova apertura neoclassica, come si usava all’epoca, inserendo poi battenti a cassettoni. Da allora si sono susseguite le polemiche e le richieste di ripristino. Negli anni ’90 tutta la facciata della cattedrale ha subito un restauro ad opera degli architetti Dionisio Hernandez Gil e Pìo Garcìa-Escudero.

Uno scontro tra modernità e tradizione? Non solo

E oggi, eccoci davanti al progetto di Antonio Lòpez: tre nuove pesanti porte bronzee. Su quella centrale è prevista la realizzazione di un gigantesco volto di Dio Padre. Alla sua destra, sull’altra porta, la figura in rilievo di Gesù bambino sullo sfondo di un giardino-frutteto, mentre alla sua sinistra la Vergine Maria. ICOMOS bolla il progetto come un “alterazione dei valori eccezionali e storici della cattedrale” e allora la nostra mente non può che proiettarsi indietro, durante un episodio del ‘400.

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Un’immagine fatta al computer di come dovrebbero essere le porte

Infatti, durante la gara per aggiudicarsi l’appalto delle porte del Battistero di Firenze, il progetto di Filippo Brunelleschi venne scartato perché considerato troppo moderno e strano. Si preferì la proposta più conservatrice di Lorenzo Ghiberti. Nel caso di Burgos, le iconografiche porte di Lòpez si scontrano con quelle esistenti a cassettoni del XIX secolo, in stile neo-romanico.

Tra tutela del patrimonio artistico e costi esorbitanti

Gli oppositori sostengono che non si possa rivoluzionare un’eredità così antica e che l’intervento, sicuramente di forte impatto, stravolgerebbe l’intera facciata. ICOMOS parla infatti di responsabilità di tutela del patrimonio artistico. Le autorità della cattedrale di conseguenza, se decidessero di dar corso al progetto, dovrebbero accettare le conseguenze “derivate dal mancato rispetto dei loro impegni per salvaguardare la cattedrale come luogo di eccezionale valore universale“.

In parole povere, sul banco c’è  il rischio di cancellazione del bene dal patrimonio UNESCO. Ma non c’è solo questo. Di mezzo emerge anche l’accusa alle autorità ecclesiastiche di sprecare 1,2 milioni di euro per il restauro della cattedrale di Burgos. Sarebbe quindi questo il costo dell’investimento, quando in città si osserva tanta miseria dilagare tra la popolazione, soprattutto nel corso dell’ultimo anno, a causa della pandemia.

Le porte della cattedrale di Orvieto

L’accusa di spreco, comunque, si basa sulla critica di base a un progetto che stravolgerebbe i valori storici dell’edificio. In effetti, molti secoli separano la facciata della Chiesa dal progetto di Lòpez. Quest’ultimo, poi, ha proposto un intervento di gusto decisamente contemporaneo. Lo stacco, a ben vedere, è più prepotente di quello che proponeva Brunelleschi a proposito del battistero di Firenze.

Si potrebbe pensare piuttosto al caso delle porte del Duomo d’Orvieto. Una questione che, alla fine degli anni Sessanta, divise il mondo della cultura italiana, coinvolgendo specialisti e intellettuali. Come avvenne con il botta e risposta polemico tra lo storico dell’arte Cesare Brandi e lo scrittore Leonardo Sciascia.

Duomo di Orvieto
Facciata del Duomo di Orvieto

In quel caso le porte realizzate da Emilio Greco erano rimaste ferme in un magazzino per sei anni, tanto che si era persino ipotizzato il compromesso di montarle al contrario, con le immagini all’interno. Ma alla fine intervenne il Ministro e, contro il parere del Consiglio Superiore delle antichità e belle arti, autorizzò l’installazione.

Il frutto di un grande impegno

Oggi, la valutazione del restauro è percepita in maniera positiva. Tuttavia i retroscena raccontano una lunga ricerca da parte di Greco per trovare un equilibrio tra antico e moderno. L’artista voleva infatti calare il suo intervento nel contesto dell’edificio, della piazza e della città. Racconta quindi che,  a partire dal 1961, prima ancora di ricevere ufficialmente la commessa, aveva cominciato a recarsi frequentemente a Orvieto – da Roma – per capire come operare

[…]mi sedevo nella piazza, sulle sedie del bar che sta proprio di fronte al duomo e guardavo. Lentamente cominciavo a rendermi conto degli spazi, dei piani, dell’architettura. Poi venne il momento di disegnare e allora buttavo giù schizzi in continuazione … La sera tornavo a Roma con i nervi a pezzi.

Nel retroterra delle porte del duomo di Orvieto c’è anche, lampante, lo sforzo di un artista moderno di rapportarsi con l’antico. E in questo dimora la consapevolezza che unisce arte antica e restauro, con il fine ultimo di valorizzare, e non stravolgere, l’identità dell’opera. Resta da chiedersi se il progetto di Lòpez abbia un così ricco retroterra d’impegno e ricerca e che possa evolvere in un giusto rispetto per la struttura architettonica.


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