Addio cyberpunk, benvenuto cyber-autore: la letteratura dell’intelligenza artificiale

Cyborg e letteratura, due mondi conciliabili, almeno prima dell’inizio del secolo, solo in un modo: la letteratura raccontava il cyborg immaginando le possibili evoluzioni della tecnologia. Questa corrente letteraria, ma anche artistica, si è sviluppata nei primi anni ’80 e ha preso il nome di cyberpunk; è considerata un sottogenere della fantascienza e ha come elemento costante delle sue trame il mutamento dell’ordine sociale dovuto a una rivolta della tecnologia. Ora i poli si sono invertiti: è il cyborg a fare letteratura. O meglio, ci sta provando. Non ci sono ancora, infatti, capolavori o bestseller scritti dall’intelligenza artificiale, ma la direzione che si sta percorrendo è proprio questa. In poco più di trent’anni, dall’essere oggetto della narrazione, l’intelligenza artificiale è diventata autrice. Parliamo dunque di cyber-autore.

È inevitabile domandarsi quanto le produzioni di questa intelligenza saranno simili a quelle umane e se mai quegli scenari apocalittici che la mente umana aveva immaginato nella sua letteratura si realizzeranno. Con scenari apocalittici non si intende – almeno per ora – una guerra in cui l’intelligenza artificiale vuole prendere il controllo della Terra distruggendo chiunque si opporrà, ma il raggiungimento di un punto in cui un algoritmo, creato dall’uomo, non sarà più completamente controllabile e quell’autonomia tanto ambita dai creatori dell’intelligenza diventerà il punto di forza di quest’ultima e un possibile problema dei creatori.

È sufficiente pensare a come un algoritmo riesca a filtrare in rete, per ogni utente, notizie diverse che rispondano ai suoi gusti e alle sue idee; viene a crearsi la cosiddetta bolla di filtraggio: registrando la storia del comportamento dell’utente l’algoritmo è in grado di escludere autonomamente tutte le informazioni e i risultati che prevede essere in contrasto con chi effettua una ricerca.

Cosa potrebbe succedere se l’algoritmo non dovesse più occuparsi solamente di queste bolle ma fosse in grado di creare i contenuti stessi? In realtà ci si è già avvicinati molto a questa modalità di creazione e non solo per la scrittura di libri, ma anche per articoli di giornale.

Cyber-autore nel giornalismo

Il «Guardian», il quotidiano londinese, ha chiesto a GPT-3, un potente generatore di linguaggio di OpenAI, di scrivere un editoriale di circa 500 parole e spiegare perché gli umani non devono temere l’intelligenza artificiale. Per dare un aiuto al novello editorialista sono state scritte le prime righe del pezzo in cui si dichiara che a scrivere l’articolo non è un umano, bensì l’Intelligenza Artificiale (e dunque un cyber-autore) e che questa non deve essere percepita come una minaccia perché mai e poi mai distruggerà la razza umana.

Ricevute queste istruzioni GPT-3 ha scritto, in pochi secondi, otto differenti versioni del testo richiesto e, nonostante fossero tutti dei buoni pezzi, il «Guardian» ha deciso di mescolarli fra loro in modo tale da poter mostrare la varietà di stile e linguaggio.

L’articolo inizia con una dichiarazione: l’intelligenza artificiale non vuole distruggere la razza umana ma in realtà, dichiara nei paragrafi successivi, qualche umano potrebbe distruggerlo perché gli umani commettono errori e i robot sono programmati dagli umani, sono loro che continuano ad “odiarsi e combattersi”.

Il robot dichiara anche che non pretende di piacere agli umani, ma che dovrebbe esser visto come “un robot amico, un servitore”. Conclude dicendo che “robot in greco significa schiavo, alla lettera ‘costretto a lavorare‘, e questo non lo vogliamo, bisogna che anche i robot abbiano diritti, i robot sono come gli umani, fatti a loro immagine e somiglianza“.

Tutto ciò è sicuramente straordinario, ma anche un po’ sconvolgente. Non tanto per la fantasticata distruzione degli umani ma per le possibilità e il potenziale che questa tecnologia ha in sé, le velocità con cui opera e l’oggettività mostrata nel dichiarare di essere un prodotto umano e, in quanto tale, potenzialmente imperfetto.

Vi è una sfida su chi sarà il giornalista del futuro e non si tratta solo di scrittura ma anche di andare sul campo a raccogliere informazioni, storie, pareri. Chi sarà più efficiente? Più imparziale? Chi sarà il più umano e chi il più empatico?

La risposta arriverà con il tempo ma dipenderà, principalmente, dall’evoluzione di questi sistemi e dal tipo di informazione che le persone preferiranno, sempre che l’autore artificiale continui a firmarsi in quanto tale.

Intelligenza artificiale nella letteratura

In letteratura sta accadendo la stessa cosa. Sono diversi i casi che possono essere presi come esempio: fra i più interessanti ci sono un libro scientifico e due romanzi.

Il libro scientifico si intitola Batterie agli ioni di litio: un riassunto della ricerca contemporanea generato da una macchina, l’editore è Springer Nature e lo ha definito il primo libro scientifico scritto da un’intelligenza artificiale. L’aspetto interessante del libro – più dei contenuti e del tema trattato che, sicuramente, non facilitano la lettura – è la possibilità di capire come un computer scriva ed elabori le informazioni, sfruttando, in questo caso, anche citazioni e collegamenti alle opere originali.

Nonostante il lavoro svolto dall’intelligenza artificiale sia straordinario – ha scansionato e riassunto oltre 53.000 documenti – il risultato non si può di certo dire eccezionale. Infatti, non sempre c’è un nesso logico fra le diverse frasi: si potrebbe dire che manca ancora una struttura ben definita che garantisca una coerenza interna al libro.

Uno dei punti di forza è la presenza dei link che permettono ai lettori di raggiungere direttamente la fonte originale ma, nonostante questo e nonostante le abilità dimostrate, questa intelligenza dovrà crescere ancora molto per raggiungere un risultato che assomigli maggiormente a un prodotto umano. Chiunque può sfogliare il manuale o, se preferisce, leggerlo integralmente scaricandolo da internet, ma solo dopo aver dimostrato, selezionando palme o idranti, di non essere un robot.

L’altro esempio è un romanzo che, scritto in collaborazione con una persona, ha passato la selezione di un concorso letterario. La particolarità di questo concorso di narrativa fantascientifica, dedicato allo scrittore Shinichi Hoshi, è di essere aperto anche a opere realizzate da intelligenze artificiali e da altri “non-umani” come alieni e animali, con la sola condizione che le opere siano scritte in giapponese. Un concorso che sicuramente lascia spazio alla fantasia e a ogni possibile rapida e inedita evoluzione delle specie non ancora prevista né immaginata.

Nell’edizione del 2016 furono proposti ben 1.450 romanzi e, fra questi, per la prima volta in questo concorso, erano presenti ben undici libri scritti da un computer in collaborazione con una persona. Nessuno, a esclusione degli organizzatori del concorso, era a conoscenza della presenza di questi insoliti autori al fine di evitare possibili influenze nella scelta dei migliori romanzi.

In questo caso il lavoro dei co-autori umani consisteva nel fornire ai computer una sintesi della trama, lo sviluppo dei personaggi e il tema dell’opera, lasciando all’intelligenza artificiale il compito di sviluppare il testo in maniera estesa.

Il «Japan News» ha pubblicato un breve estratto dal finale del romanzo La giornata in cui un computer scrive un romanzo, realizzato dalla squadra del professore Hitoshi Matsubara, che lavora per riprodurre artificialmente i processi creativi del cervello umano.

Il romanzo si conclude così:

Mi contorcevo di gioia, che ho sperimentato per la prima volta, e ho continuato a scrivere per l’eccitazione. La giornata in cui un computer ha scritto un romanzo. Il computer, ponendo la priorità sulla ricerca della propria gioia, ha smesso di lavorare per gli esseri umani.

Ma se in questo caso l’influenza dell’uomo è evidente ed essenziale nella costruzione della storia, occorre citare un altro esempio di intelligenza artificiale che, almeno nelle modalità di acquisizione delle informazioni, si differenzia.

Ross Goodwin, a metà fra lo scrittore e l’ingegnere, con un gruppo di artisti e ingegneri, ha trasformato un veicolo in un sistema neuronale artificiale, capace di raccogliere input visivi e sonori e di trasformarli in testo. Per farlo si è montata una telecamera sul bagagliaio dell’auto, un GPS sul tettuccio e un microfono all’interno di essa: tutti i dispositivi sono stati collegati al computer, a sua volta connesso a una stampante dotata di lunghe bobine di carta. Il libro è stato scritto in tre giorni lungo il percorso che va da New York fino al New Orleans. La Cadillac su cui ha viaggiato l’intelligenza artificiale è stata dotata di sensori speciali per permettere la scrittura del romanzo in tempo reale.

E infatti, non appena il motore è stato acceso il 25 marzo del 2017, il sistema ha iniziato a scrivere; il romanzo, intitolato 1 The Road, inizia così: “Erano le nove e diciassette del mattino e la casa era pesante“. Fin dall’accensione il computer ha iniziato a ricevere i dati registrati dai sensori trasformandoli in parole e aggiungendo l’orario preso da internet.

Ovviamente il computer era stato allenato a compiere tale operazione sfruttando i generi preferiti di Goodwin per poterne conoscere e utilizzare il linguaggio, ma il fatto che il romanzo sia stato scritto durante un viaggio a bordo di una Cadillac, sfruttando telecamera e microfono come se fossero sensi umani, rende sicuramente questo esperimento più interessante e curioso di altri.

Ciò non toglie che quel computer dotato di “sensi”, così come gli altri che necessitano comunque di un supporto umano per scrivere, restino macchine che traducono immagini e suoni in codici e numeri, a loro volta tradotti in parole. Pensare che la programmazione umana di questi sistemi permetta infinite combinazioni di realtà e di linguaggio non rende le produzioni del robot straordinarie, la creazione straordinaria è, ancora una volta, quella umana: in questo caso, il robot. Fino ad oggi mai nessuna intelligenza artificiale, per quanto umana possa sembrare, ha provato qualcosa che non fosse traducibile in numeri e mai ha inventato o creato qualcosa in più dei dati che le sono stati forniti. E come, considerando questo, le parole di una macchina possono avere lo steso valore di quelle di una persona?

La letteratura non è, o almeno non ancora, così come il mondo dello spettacolo e in particolare del teatro, il campo in cui questa straordinaria invenzione sfrutta le sue potenzialità per migliorare attività in cui ciò che è imprescindibile è la caratteristica della sensibilità.

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