Nanni Balestrini e la “trappola” al lettore: una voce nata per sorprendere

Esattamente a due anni dalla scomparsa di Nanni Balestrini, il 20 maggio 2019, ricordiamo non solo la grandezza di uno dei massimi poeti contemporanei che il nostro Paese abbia avuto, ma soprattutto la sua capacità unica di stupire e allo stesso tempo provocare i lettori attraverso espedienti letterari particolari.

I suoi scritti non hanno regole, perché ne inventano di proprie. Le sue opere non appartengono a nessun genere specifico, perché soffrono ogni tipo di circoscrizione. Insomma, un perenne essere sopra le righe, un detonatore sempre in procinto di esplodere. Perciò, elmetti in testa e cominciamo!

Ma cosa ci stanno a fare
bidimensionali che avevamo intravisto
si vedevano ancora è dunque

abbastanza difficile e forse
neppure necessario tentare
aspettando che finisca di piovere

di trarre conclusioni e raggiungere
giudizi definitivi. […]

Gli inizi di Balestrini, il poeta-produttore

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, Nanni Balestrini è uno studente milanese poco più che ventenne. Ma la sua giovane età non tradisce affatto quell’attitudine – già ampiamente confermata – a frantumare qualsiasi schema letterario precostituito. Questo, insieme alla perfetta conoscenza della lingua tedesca, gioca un grande ruolo a suo favore, permettendogli di essere notato dal famoso critico Luciano Anceschi. Certe caratteristiche gli consentono facilmente di entrare nell’entourage del Verri, una tra le più importanti riviste culturali, presentandosi così al mondo della letteratura.

Sin da subito, Balestrini si mostra oltre che come autore di testi, di poesia e di prosa, anche come vero e proprio produttore di meccanismi testuali, la cui prerogativa è capovolgere tutto ciò che è venuto prima. Una tale idea si pone alla base della sua opera, e si fa sempre più centrale man mano che si arricchisce di ulteriori elementi mediali. Il poeta ha a che fare con dei “progetti” da organizzare, costruire e ri-costruire in serie, che diventano a tutti gli effetti oggetti dotati di una fortissima carica provocatoria, delle trappole in cui il lettore rimane invischiato.

La scoperta del Dada

Ma per capire fino in fondo i testi che ad una prima lettura possono risultare spiazzanti, bisogna considerare le premesse culturali entro cui l’esperienza poetica di Balestrini si inserisce. Egli, infatti, approfondisce le proprie ricerche sul panorama avanguardistico dell’epoca, in maniera particolare sul versante germanofono del movimento dadaista. L’influenza del Dada diventa determinante proprio a partire dalla modalità con cui l’artista intende creare una comunicazione con il proprio lettore.

L’arte come negazione della stessa arte è il paradigma di una delle poche Avanguardie novecentesche che si colloca in netta opposizione nei confronti della guerra. Ad esistere è un unico principio estetico, la meccanica, che si riflette sul dato artistico, causandone il suo sgretolamento. L’oggetto viene prodotto dalla sovrapposizione di elementi esistenti e rimescolati, i cosiddetti ready-made. Ogni cosa è arte, purché non sia portatrice di alcune finalità estetica. Di conseguenza, l’effetto finale destabilizza il fruitore, che perde il proprio ruolo, astutamente raggirato da tali dinamiche.

Come agiscono questi elementi in Balestrini?

Naturalmente, nella poetica di Balestrini tutto ciò gioca un ruolo determinante. I suoi testi sono il risultato di un assemblaggio di frammenti provenienti dalle fonti più diverse: dalle frasi del linguaggio quotidiano, alle opere letterarie, anche antiche, fino agli articoli di giornale. Come pezzi di un puzzle, le parole vengono estrapolate dal loro contesto primario e rimontate in un contesto completamente diverso, in cui acquistano nuovo senso e nuovo significato.

A partire dalla sua prima raccolta poetica, Come si agisce (1963), lo scrittore mette in atto questo procedimento combinatorio: i testi che il lettore si trova di fronte sono frutto di un montaggio di materiali già esistiti, in cui nulla di ciò che si legge è stato scritto dal poeta. Le poesie, che possono essere ricostruite anche attraverso macchine calcolatrici, diventano veri e propri elenchi di parole, come accade ad esempio in Tape Mark II.

Chi mancava da una parte all’altra si libra ad ali tese

aspettando che finisca l’aria da respirare facendo finta

le parole non dette nella bocca piena di sangue tutto tace

fino ai capelli appiccica alla pelle non capiterà mai più

lo sgombero della neve ora gialla ora verde nessuno voleva restare

Da Tristano alla Signorina Richmond

D’altra parte, questo metodo inusuale è applicabile anche alla prosa ed è proprio così che nasce il romanzo Tristano, pubblicato nel 1964. Non esiste un narratore, e diventa impossibile individuare chiaramente personaggi e trama. Ogni copia del romanzo è unica e irripetibile, poiché la ricombinazione delle frasi e dei codici produce una storia ogni volta nuova.

I procedimenti testuali, con il passare del tempo, si complicano sempre di più, soprattutto in poesia. Balestrini mette in campo un elemento ulteriore, creando una figura – intesa in senso auerbachiano – che possiamo definire di linguaggio. Tutti questi particolari dispositivi meccanici, che agiscono incessantemente nei testi, si condensano nei tratti di un personaggio  la cui sostanza è data proprio dalle parole. È il caso della signorina Richmond, protagonista di una serie di poesie composte tra la metà degli anni Settanta e gli anni Novanta.

 

Perché i lavoratori della testa

non sono per la rivoluzione

domandò la signorina Richmond

perché di fronte alla rivoluzione

 

hanno paura che una cosa

dicono come potrebbe il fiore

in questo sistema di merda

che produce miseria

 

possono vivere bene

e dimenticano che dopo il fiore

è necessario e inevitabile

perché di fronte alla rivoluzione […]

 

All’origine di tutto è il caos

Così, la produzione di Balestrini tende a radicalizzarsi con forza: politica e società si inseriscono prepotentemente nei testi per non lasciarli più.  Nel “sistema che produce miseria” rientra anche la stessa poesia, che combatte la propria battaglia dall’interno. Il linguaggio è il comune denominatore di un conflitto politico e culturale, dove le parole auspicano una liberazione dal loro stesso significato.

L’approdo alla raccolta poetica Caosmogonia, edita nel 2010, conferma quelli che sono gli aspetti determinati del modus operandi balestriniano: l’eco demiurgica a cui sembra tendere il titolo, nasconde in realtà tutta la forza disgregatrice del caos.

Insomma, le parole devono riscattarsi! Slegandosi da ogni vincolo, queste intrappolano a loro volta il proprio destinatario, che, privo di difese, è costretto a cedere. Tuttavia, solo seguendo una tale prospettiva, il lettore impara a decifrare il mondo alla deriva di cui fa parte. Un mondo in continuo divenire e che, al contrario di lui, è sempre più difficile da arrestare.


FONTI

La Repubblica

Derive e approdi

Nuovi argomenti

Nanni Balestrini, Come si agisce, Feltrinelli, Milano, 1963.

Nanni Balestrini, Le avventure complete della signorina Richmond e Blackout. Poesie complete. Volume II (1972-1989), DeriveApprodi, Roma, 2017.

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