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La verità sta ai giornalisti come sta agli info-encer?

L’integrità dei media si discute a Bruxelles 

“Beyond Generations: A Shared Vision for the Future of Media Integrity” è il titolo della conferenza del 20 marzo scorso tenutosi al Press Club di Bruxelles.

L’incontro ha rappresentato il coronamento del progetto e-EngAGEd (Intergenerational Digital Engagement), finanziato dalla Commissione Europea, e che ha coinvolto Belgio, Francia, Grecia e Italia. 

Renate Schroeder, presidente della Federazione Europea dei Giornalisti, è stata ospite speciale: la sua esperienza nel settore ha regalato uno sguardo esperto sul tema della manipolazione e l’integrità dei mezzi di informazione, oggi in profonda crisi

Se questa crisi possa risolversi ancora non è detto, ma il dibattito è per ora acceso e quindi segnale di progresso verso una soluzione futura.

La verità degli influencer esiste? 

La questione fondamentale: gli influencer e i content creator possono fare informazione in modo integro alla stregua dei giornalisti

Ma prima, credo che una premessa sia qui doverosa: fare informazione giornalistica tradizionale non è sempre sinonimo di qualità

Oggi, le logiche di mercato dei social media tradiscono spesso la verità dei fatti e travolgono talvolta anche le testate tradizionali. Tra quelle che hanno aperto pagine social, molte hanno favorito un’informazione lampo e sensazionale, a scapito di maggiore completezza e profondità. 

Allineamento giornalisti-influencer 

Anche se questa “deriva social” può sembrare la radice del male da estirpare,  è  pur vero che i social media pregnano quasi ogni sfera della vita sociale odierna. Per questo, un ritorno totale alla carta stampata è probabilmente un’ambizione anacronistica, e quindi, utopica.

Così, dinnanzi a questo dilemma, diverse domande emergono. Il mondo dei social media e il mondo dei media tradizionali possono allinearsi per veicolare informazioni in maniera efficace senza sacrificare  la veridicità? 

Per fare informazione è davvero necessario essere formati e possedere un titolo giornalistico? 

Fino a che punto è vero che le notizie su carta di giornale sono superate perché non abbiamo più il tempo e l’interesse per leggerle? 

L’informazione sregolata secondo UNESCO 

A chiarire la questione almeno parzialmente è un recente studio dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, la Comunicazione e l’Informazione): il 62% dei digital content creator non verifica le informazioni selezionate prima di condividerle col proprio pubblico online. 

Questo perché, secondo la ricerca, la disinformazione e le notizie false sono spesso più coinvolgenti rispetto ad altri contenuti; talvolta infatti le fake news hanno il potere di diffondersi molto più rapidamente della verità nuda e cruda, se così possiamo definirla. 

Ma quanti sono gli influencer davvero interessati a fare “vera informazione”? Forse il nocciolo della questione è proprio questo. Non è detto, infatti, che la verità fattuale sia priorità di tutti gli “attori informativi” del web.  

UNESCO dimostra effettivamente che il 42% degli “info-encer” intervistati utilizza il numero di “mi piace” e di condivisioni ricevuti sui post come principale indicatore  di affidabilità. Il 21% invece è disposto a trasmettere un contenuto al proprio pubblico se precedentemente condiviso da “amici di cui si fidano”.

Inoltre, Il 59% dei creatori di contenuti digitali non conosce o ha solo sentito nominare i quadri normativi e gli standard internazionali relativi alla comunicazione digitale.

Ma, oltre agli informatori “sregolati”, il 73% degli intervistati si definisce pronto a ricevere una solida formazione a riguardo. 

Così UNESCO e The Knight Center for Journalism in the Americas (USA)  lanciano il primo corso formativo al mondo dedicato a più di 9000 influencer, nel novembre 2024. I partecipanti, provenienti da più di 160 paesi, sono seguiti da esperti di alfabetizzazione informativa.

Algoritmo VS verità non virali 

Gli influencer potrebbero essere un anello di congiunzione fra esigenze di visibilità delle piattaforme online e comunicazione rigorosa e contestualizzata, tipicamente di stampo giornalistico?

Anche qualora la risposta che scegliamo di darci fosse ‘sì’, e nonostante i tentativi di regolarizzare l’attività degli info-encer, rimane un elemento critico imprescindibile: nella maggioranza dei casi, come risaputo, la visibilità delle informazioni ottenute sui social media è dettata dalla spietata legge dell’algoritmo.  

Questa, infatti, predilige la viralità, che non sempre coincide con la verità. Certo, molte verità sono virali, ma tutte quelle che non lo diventano, invece, se è l’algoritmo a decidere, dove vanno finire? Anche le informazioni “più vere”, e delle pagine online che verificano maggiormente la veridicità dei propri contenuti, possono talvolta perdersi negli abissi del digitale.

 

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